Il primo pensiero di stamattina, quando alle sette e mezza ho iniziato a girarmi nel letto che avevo toccato non più di quattro ore prima, sentendomi ancora in bocca il fare della carne del pranzo di ieri, è stato: Oleari!. E, quindi, dovrò sfidare il rintontimento da ipoipnia (neologismo coniato ora per dire "carenza di sonno") con operatori da esponenziare.
Ma il secondo pensiero è stato, senza meno, la prossima volta se lo scordano che io faccia l'autista e non beva, perché bisogna ammettere che non è proprio la stessa cosa festeggiare con gli altri e guardare gli altri festeggiare mentre si beve una tristissima acqua tonica (che già è stato faticoso ottenere, perché la cameriera-squinzia si sarebbe ostinata a portarmi della Coca Cola). D'altro canto, mantenersi, sebbene forzatamente, completamente sobri dà la possibilità di annotare mentalmente tutte le stupidaggini dette o fatte, e poterle poi utilizzare per ricattare i proprio colleghi.
Pertanto questa cronaca sarà spoilerosissima
Il mio primo compito era andare a Crespi d'Adda per "raccogliere" Margherita, che mi era stato detto abitasse di fronte alla chiesa. Mi ero impegnato ad essere là alle otto e mezza, e sono partito tiratissimo con l'orario - considerato che mi sarei dovuto aspettare un bel po' di traffico in direzione Milano. Bandisco, come mio solito, l'autostrada, e decido di scendere via Dalmine-Osio-Brembate, ma appena esco dall'asse interurbano per immettermi sulla Villa D'Almè-Dalmine mi trovo imbottigliato in una eterna ed immobile coda. Fortunatamente gli svincoli sono stati disegnati bene, e senza pensarci due volte torno sull'asse, evitando di rimanere imbottigliato, perché decido che sarei sceso via Bonate-Madone-Filago. Finché si tratta di strade provinciali che solcano i campi punteggiati da tralicci dell'alta tensione tipici di questa zona dell'Isola bergamasca, non ci sono problemi. La cosa si fa un po' seria nell'attraversamento di quel paio di centri abitati che proprio non sono riusciti a fare una strada che ci giri intorno, in particolare quando (credo a Filago) per essere passato a 51 km/h (come rilevato da macchinetta che ti dice la velocità) vengo flashato per indurmi a rallentare, e l'unica cosa a cui riescono ad indurmi è rischiare di andare fuori strada. Arrivo a Capriate e, per raggiungere Crespi, mi tocca d'attraversare tutto il paese senza uno straccio d'indicazione, cui supplisce il mio famoso senso dell'orientamento. E, una volta a Crespi, in imperdonabile ritardo di tre minuti, ho dovuto anche rivolgere silenziose (fino ad un certo punto) imprecazioni contro Monica che non sa distinguere davanti alla chiesa da dietro alla chiesa, con conseguente errore di percorso.
Raccattata Margherita, ci siamo diretti verso Vimercate, attraversando l'odioso Trezzo-il paese dei dossi- per passare a prendere Ivan, nella più desolata ed abbandonata periferia della città. Dopo pochi minuti arriviamo a Carnate, da Monica, che subito ci mostra il salotto in pelle umana e i mille ninnoli raccolti con tanto amore (e tanto gusto ambiguo) da sua madre. Mangiamo una pastosissima fetta di torta ed iniziamo (iniziano) a fare onore alla raccolta di alcolici. In particolare, il Porto portato dal Sudafrica (e sì, a me faceva storcere il naso, anche perché quello rosso sembrava un Moscato di Scanzo più sdolcinato, e quello bianco era sdolcinato e basta - ancorché si bevessero volentieri), ma un po' di tutto (e per fortuna che erano gli altri a bere, perché a me mischiare dà fastidio, e mi sarei attaccato alla bottiglia di whisky e amen).
Dopo un po' di chiacchiere ci siamo spostati ad una birreria di Arcore (e la Brianza alcolica un po' mi ha deluso, visto che quasi tutti i posti erano chiusi), dove gli altri hanno continuato a bere alcolici ed io mi sono dovuto fermare alla famosa acqua tonica. Nell'incrementarsi del tasso alcolico hanno iniziato ad essere pronunciate chicche di assoluta levatura quali superanalcolici; e, verso l'una, siamo tornati a Carnate perché il locale aveva tutta l'aria di star chiudendo: giudicate voi, gli unici altri clienti oltre a noi quattro stavano aiutando le cameriere a pulire in terra...
Chiuso il locale, non è stata chiusa la serata, perché abbiamo fatto ritorno a Carnate dove gli altri (specialmente le due donne) hanno ripreso a lasciarsi andare al bicchiere, fino a finire una bottiglia di limoncello sbagliato, ed a riferire l'irriferibile sui compagni assenti d'università.
La cosa è durata fino alle tre meno venti, quando il padre di Margherita l'ha chiamata minacciando di farla dormire sotto un ponte, e per i motivi logistici ben chiari dall'andata la serata è svaporata in cinque minuti, mentre riaccompagnavo lei ed Ivan alle rispettive dimore. E mi accompagnavo, facendomi forza con lo stereo a tutto volume, alla mia casa lontana decine di chilometri, nel mondo vero e dalla parte giusta dell'Adda.
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