sabato 31 gennaio 2009

Condizioni del bialgebroide di Lie

Il mio professore non vuole che ci si esponga prima di padroneggiare con sicurezza la scrittura in componenti, ma abbiamo (ho?) provato che condizione necessaria e sufficiente affinché la condizione per un bialgebroide di Lie
$[d_*s_1,s_2]_S+[s_1,d_*s_2]_S-d_*[s_1,s_2]=0$
sia f-lineare nelle due sezioni (e condizione necessaria affinché la condizione possa valere) è la soddisfazione di queste due richieste sull'accoppiamento delle ancore.

  1. $ab*+ba*=0$
  2. $R(\alpha,s)=a\mathcal{L}'_\alpha(s)-b\mathcal{L}'_s(\alpha)+[as,b\alpha]-ab*d\langle\alpha,s\rangle=0$

Per delucidazioni sulla mia notazione, si faccia riferimento al vecchio post in cui la condizione indicata, come avevo già avvisato, è stata sostituita dalla nuova numero 1 (nei calcoli avevo clamorosamente sbagliato un segno).

Nell'ottica di lavorare per bene sul tensore R, se qualche ingegnere o fisico specializzato in meccanica del continuo mi sa segnalare una buona trattazione algebrica dei cosiddetti tensori a due punti (o two-point tensors), è benissimo accetto.

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Ma come siamo arrivati a ciò?

Non si sappia troppo in giro, ma sono d'accordo con questo corsivo apparso su Il Giornale.

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martedì 27 gennaio 2009

Sul lungo periodo

Ricordate?

Ecco, potrei essere giunto alla conclusione di seguire l'amisunevole consiglio e cambiare le carte in tavola. Tanto si sa, che opero sul lungo periodo

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domenica 25 gennaio 2009

Su scomuniche, Diritto Canonico, ed altre amenità siffatte

Premetto al seguito che non sono un esperto, anzi con il diritto non c'entro nulla,ma che se avessi il tempo di fare gli esami a scelta "a caso", come alcuni miei colleghi, probabilmente avrei scelto Diritto Canonico più per folclore che per altro.
Ad ogni modo, avendo sotto gli occhi la prima pagina dell'Osservatore Romano che, pur rimanendo impaginata sobriamente come sempre, pubblica il decreto della Congregazione per i Vescovi che annuncia la rimozione della scomunica per i quattro vescovi ordinati da Lefebvre nel 1988 ed avendo sfogliato un po' di reazioni isteriche qua e là nella rete, un minimo di approfondimento ed una mia lettura della vicenda potrebbe essere interessante.

Visto che non da oggi basta cercare Lefebvre su Google per sorbirsi la cronistoria della vicenda e le più disparate opinioni, mi limiterei qui al punto. Il punto sarebbe che, già sospeso a divinis, il nostro ha consacrato quattro vescovi nel 1988 e per questo è stato scomunicato latae sententiae, cioè il fatto commesso è di gravità tale da costituire automaticamente ragione di esclusione dalla comunità ecclesiale e dai sacramenti. Dopo un minimo di ricerche, ho appurato che, benché l'ordinazione episcolale non autorizzata sia di per sé stessa causa di scomunica, nel motu proprio che ha formalizzato la scomunica si pronuncia una condanna di scismaticità per mons. Lefebvre ed i vescovi da lui ordinati (ovvero, avendo disobbedito ad un ordine espresso del Papa, che aveva vietato quell'ordinazione, si sono posti fuori della Chiesa).

Sin da allora e per tutti questi vent'anni - e, come sempre, dopo la morte del fondatore con le sue idiosincrasie in maniera più verosimile - la comunità che fa riferimento al Lefebvre si è sempre pretesa non scismatica e non ha mai rinunciato, seppur nelle altalenanti vicende degli uomini, a cercare di riottenere la comunione con il Papato, pur non avendo in molte occasioni risparmiato pronunciamenti che la impedissero. Degli ultimi anni è l'avvicinamento (riconoscimento dell'autorità della Sede Apostolica, più che altro) tra la Fraternità S. Pio X, come si chiama la comunità che il nostro ha fondato in funzione anti-modernista, tradizionalista e sostanzialmente non riconoscendo il Concilio Vaticano II, e la Chiesa Cattolica, in particolare grazie all'opera del Papa che, avendo seguito la vicenda ai tempi dello scisma (ed avendo, a quel tempo, ottenuto un accordo che, però, gli scismatici rigettarono il giorno dopo averlo firmato), è particolarmente attento alla ricomposizione - ed in tale direzione è stata intesa la "liberalizzazione" del Messale del 1962, l'ultimo prima della riforma liturgica seguita al Concilio.

Degli ultimi giorni (il decreto è pubblicato oggi) la revoca della scomunica. Ora, la prima cosa da capire è che revocare una scomunica non significa essere d'accordo. La scomunica, ed in particolare la scomunica latae sententiae, cioè automatica, si intende tolta quando il peccatore, pentito, ottiene l'assoluzione. Per alcuni tipi di colpa la remissione può essere concessa dal semplice sacerdote confessore, per altre la remissione è riservata all'Ordinario (cioè al Vescovo della Diocesi) o, nei casi più gravi, alla Sede Apostolica, come è il caso per gli scismatici che accettano di rientrare in comunione con la Chiesa.

Revocare la scomunica, dunque, non significa approvare l'oltranzismo tradizionalista e l'errata e contraddittoria concezione della traditio, come scritto nell'Ecclesia Dei, ma riaccogliere i figli ribelli che si apprestano a rientrare nel seno della Chiesa Cattolica (e, per cominciare, oggi accettano di riconoscere il primato e l'autorità del Papa).

Questo non significa che siano tutte rose e fiori. Per riottenere la piena comunione è indispensabile che i lefebvriani riconoscano, accanto all'autorità del Papa, la pari autorità del Concilio e la validità delle sue Costituzioni. Io mi auguro, e credo avvenga, che nei prossimi mesi si arrivi alla ricomposizione definitiva di uno scisma nato per gli opposti oltranzismi del clero tradizionalista e, secondo l'idea che mi sono fatto, della Conferenza Episcopale Francese. Non voglio relativizzare. Il torto è dei lefebvriani,e probabilmente di mons. Lefebvre in particolare. Ma i vescovi francesi sono sempre stati e sempre saranno turbolenti e spesso "difficoltosi".

A margine, una piccola nota sul polverone "politico" che questa decisione ha provocato. Consta che uno dei quattro vescovi allora ordinati irregolarmente (ma ordinati, essendo che il sacramento è valido indipendentemente dallo spirito e dalla condizione più o meno regolare di chi lo celebra: come insegnò con icastica efficacia il prof. Panattoni al liceo, "se fossi un prete spretato consacrerei il pane ed il vino prima di cenare, alla faccia del Papa della Chiesa e vostra") abbia rilasciato, mesi fa ma misteriosamente risaputi solo tre giorni or sono, un'intervista in cui esprime tesi negazioniste in merito allo sterminio degli ebrei eccetera. Prontamente esecrato da tutti, ce n'è perfino accenno nell'altrimenti istituzionalissima prima pagina dell'Osservatore Romano di oggi, pare susciti riprovazione e scandalo che venga "ricomunicato" un sostenitore di tale bestemmia storiografica (bestemmia, tra l'altro, di cui non è certo l'unico sostenitore, e con buona probabilità ci saranno altri cattolici negazionisti). Il punto è che sulla scomunica non può e non deve influire una cosa del genere. Per amore di completezza, riporto qui di seguito i motivi per cui si incorre in una scomunica, e pentendosi dai quali si ottiene (compatibilmente con il grado della gerarchia cui compete la remissione) la "ricomunica":
* apostasia ed eresia; agli scismatici è comminata la medesima pena (can. 1364 §1)
* profanazione delle specie consacrate, oppure la loro asportazione o conservazione a scopo sacrilego (can. 1367) - riservata alla Sede Apostolica
* violenza fisica contro il Romano Pontefice (can. 1370) - riservata alla Sede Apostolica
* L'assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo ("Non commettere adulterio") da parte di un presbitero o vescovo (can. 1378 §1)
* consacrazione di vescovi senza mandato pontificio, e chi da esso ricevette la consacrazione (can. 1382) - riservata alla Sede Apostolica
* violazione diretta da parte del confessore del sigillo sacramentale (can. 1388 §1) - riservata alla Sede Apostolica
* procurare l'aborto ottenendo l'effetto (can. 1398)
Si nota, in particolare, che la colpa per cui era necessaria la riammissione papale è l'ordinazione episcopale, e non l'aver prodotto uno scisma (a chi chiedesse, la famosa "scomunica per i comunisti" è più che altro un atto di indirizzo del Santo Uffizio che equipara la dottrina atea e materialista del comunismo all'apostasia). Incidentalmente, si nota che per i divorziati risposati (che agli occhi della Chiesa sono più che altro adulteri concubini) non sono, in senso giuridico, "scomunicati". Quando avrò tempo, approfondirò la questione.

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sabato 24 gennaio 2009

Anteprima

Con qualche minuto di anticipo, anteprima del brano strumentale per organo che suonerò alla messa prefestiva delle ore diciotto.

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mercoledì 21 gennaio 2009

Anti-everyday physics

Nei commenti ad un recente post, Daniel ha auspicato che venisse, in queste pagine, destinato uno spazio consono alla cosidetta everyday physics, cioè alla fisica nella vita di tutti i giorni. Quello che nessuno degli addetti ai lavori rivela ai non-addetti ai lavori è che, per la maggior parte del tempo e dell'impegno, gli studenti i professori il mondo accademico in generale fanno di tutto per allontanarsi il più possibile da questa maledetta vita reale in cui le cose non funzionano mai come dovrebbero, ed il formalismo matematico non è una valida ancora di salvezza cui attaccarsi se le cose divergono.

Ciò non toglie che, d'altra parte, anche le cose che non sembrano avere alcun appiglio con la realtà la determinano potentemente. Ad esempio, oggi ci è stata venduta una fotografia della costante cosmologica di cui tanto si sente parlare, fotografia che ha lasciato tutti quanti di stucco (tranne il misterioso francese).

La foto si trova nella continuazione, per non rovinare la sorpresa a nessuno, e non sconvolgere chi non la vuole vedere

Ovviamente, la Λ che sembrerebbe proprio la costante cosmologica (almeno per analogia di simbolo), qui dovrebbe essere il cutoff ultravioletto. Se qualcuno sa cogliere il significato e me lo sa spiegare, me lo segnali che sono disposto a superare mani e monti per offrirgli un caffè.

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martedì 20 gennaio 2009

Evoluzione degli stilemi selfrappresentativi

Pressappoco un anno addietro l'autore aveva dedicato una manciata di post (in un intorno di quello linkato) alla definizione ad all'analisi delle autorappresentazioni degli adolescenti (in quelle ricerche, in modo particolare delle adolescente) tramite gli Spaces di Windows Live. Si era analizzata la forma e, successivamente, il contenuto. Poi erano stati messi in luce alcuni aspetti che la Colm aveva, con icastica espressione, ascritto alla nascente categoria dell'emoroia.
A distanza di un anno una ricerca che prende le mosse da quei risultati è stata realizzata con i medesimi mezzi, ma i risultati prodotti si discostano significativamente da quelli ottenuti.

La novità principale è l'uso e l'abuso del social networking (facciamo riferimento, in particolare, a FB che, dilagando tra i mesi di settembre e novembre presso gli universitari ed i più grandi tra gli adolescenti, sta facendo - almeno stando alle statistiche sulle richieste d'amicizia, stilate da fonti affidabili - in queste settimane la sua entrata a gamba tesa tra i più giovani quindici-sedicenni.

Da un lato, appare evidente, confrontando la produzione di scritti, che Facebook ha affossato gli spaces, che giacciono per la maggior parte negletti dagli autori e dai gestori. Avendo, nelle ricerche precedenti, messo in luce come lo scopo precipuo dei post su Spaces fosse sfogare soverchianti ed incontenibili temporanee emozioni, il social network riesce - in effetti, ma pagando lo scotto dell'effimerità - ad essere più breve, più diretto, meno impegnativo. Cento caratteri di status si buttano giù in tre secondi e, se da un lato non rimangono leggibili per più di qualche giorno (il che non significa che non rimangano in memoria, o che lettori dalla memoria lunga non li ricordino), dall'altro sono immediatamente resi noti a tutta la cerchia di interazioni sociali (perché parlare di amicizia è improprio) che può, all'occorrenza, immediatamente intervenire.

Ma non è sottolineare questo fenomeno l'intento principale dell'articolo, bensì rivalutare la presenza maschile, che avevamo volutamente ignorato l'anno addietro. Troppo impengativo, se si hanno dai quindici ai diciotto anni e le priorità della vita sono il calcio, i videogiochi, gli amici, [...], le ragazze, [...] e la scuola scrivere su uno Space, tramite FB si può impiegare il tempo in modo proficuo simulando criminalità organizzata o guerre mondiali, si possono spiare le foto e la vita privata dei conoscenti, e soprattutto si hanno mille modi nuovi di affermare la propria personalità in modo più originale che scrivendo quello che si pensa. Dalle più istituzionali Pages, dove uno si iscrive se vuole considerarsi fan di questo o quello (e, per motivi misteriosi, i più gettonati sono i generi alimentari), ai più anarchici ed allegri Groups, che facilmente chiunque può creare, è tutto un inseguire i modi di esprimere sé stessi.

Quello che, ad un primo esame, ha lasciato sconcertati i nostri ricercatori è il panorama dei valori degli adolescenti maschi. Superato il primo momentaneo smarrimento, si è provveduto a fare una catalogazione completa dei gruppi ai quali il nostro campione statistico è iscritto, in modo di ottenere un ritratto il più fedele possibile. Riportiamo, nel seguito, l'elenco dei gruppi e delle pagine di due campioni scelti a caso. Per correttezza, riportiamo l'anno di nascita e premettiamo che si tratta di bergamaschi di provincia.

Soggetto nr. 1 (1992). Fan pages: Sergio Floccari, Fonzie, Cristiano Doni, Fernando Torres, Paolo Bitta, Kinder Sorpresa, Felpa con il cappuccio, Rivista ufficiale dell'Atalanta, Estathé, Red Bull, Lega Nord, Bossi, Holly e Benji, Pingu, Scary Movie, Nazionale Italiana Calcio, Chelsea, Atalanta BC, sigaretta di Jigen, Alvaro Vitali, Giorgio Chiellini, Ibrahimovic, Giovinco, Talamonti, Otto Mann, Esultanza di Cristiano Doni, Luca Nervi, Poliziotto Uber, Trentalance, Baz, Rezzonico, Oliver Hutton, Stronberg, Il paradiso siamo noi, ElisabettAa Canalis, Nadal, Kenny, Patrick Starfish, Stewe Griffin, Peter Griffin, Mr Bean, Homer Simpson, Luca Riva, Banda Bassotti, Cigarini, 883 e Max Pezzali, Il Bepi. (quelli indicati in corsivo sono quanti relativi al calcio e/o a calciatori) Gruppi: 14 di argomento sportivo, di cui 12 legati al calcio e 11 all'Atalanta, su un totale di 24 (58%).

Soggetto nr. 2 (1990) Fan Pages: 4 pagine (campione irrisorio), nessuna di tema sportivo (abbiamo Bossi, Guitar Hero, nati nel '90, Trentalance). Gruppi su 12 gruppi a cui è iscritto, 5 sono di tema Atalanta (41%).

Per raffronto, un terzo adolescente preso a caso (1991)ha 4 gruppi su 7 di tema Atalanta (57%) e 17 fan pages su 44 di argomento sportivo (38%), mentre un universitario qualsiasi (1985) ha 0 gruppi su 12 dedicati allo sport nel senso più lato possibile, e 2 su 15 fan pages (13%).

I numeri parlano da soli.

Acknowledgements
Per il presente lavoro si ringrazia un'anonima (per rispetto) collega universitaria che, a furia di far di tutto per essere oggetto della più completa misoginia, per contrappasso ha spinto gli estensori della ricerca a dar tregua per un po' alle adolescente e ad infierire, piuttosto, sugli adolescenti.

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sabato 17 gennaio 2009

Il Teorico - edizione illimitata

Dopo che ieri sera se ne parlava, seduti davanti ad una buona birra trappista, con Fabio ed il curato, e convenendo che non sia il metodo di diffusione e di lettura più agevole quello dei post a puntate con cui avevo scritto e pubblicato il racconto, ho pensato di realizzare una specie di opuscolo in modo che vi fosse raccolto insieme tutto il racconto.

Trovate il link al file pdf qui

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giovedì 15 gennaio 2009

Val Bondione e Val Cerviera - Le foto

Visto che meglio tardi che mai, e nonostante abbia fatto di tutto per non meritarmele, ho ricevuto le foto della due giorni di settembre passata in montagna con alcuni fidati compagni d'università, tra la Val Bondione e la Val Cerviera. Ho caricato alcune delle immagini ricevute a questo indirizzo. La foto del pizzo Strinato con il sole alle spalle non è uscita particolarmente bene, ma effettivamente la fotografa m'aveva detto che sarebbe stata delicata.

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martedì 13 gennaio 2009

La scoperta dell'acqua calda

No, effettivamente quella ce l'aveva spiegata un paio di mesi fa. Oggi la lezione (o, meglio, la parte della lezione più strana) è stata "perché le nuvole diventano nere quando sta per piovere?". Di sicuro alcuni di voi hanno idee in merito, altrettanto certamente alla maggior parte dei lettori non interessa assolutamente nulla. Ma sono certo che sono ben pochi quelli che hanno mai sentito la spiegazione che ci è stata venduta.

Martedì pomeriggio. Università degli Studi di Milano-Bicocca, Dipartimento di Fisica "G. Occhialini". Lezione di Meccanica Statistica in un aula in cui, nonostante i due gradi scarsi del mondo vero, non faranno meno di ventitré gradi
L'attenzione credo sia ai minimi storici, quando il professore sbotta con la domanda. Dopo aver discusso tra sé e sé per rammentare se ce l'avesse già spiegato o meno, esordisce. Tutto è dovuto al regime critico della transizione liquido-gas nella nuvola. Il fenomeno prende il nome di opalescenza critica (anche se non c'è accordo su Wikipedia) ed è dovuto al fatto che le fluttuazioni di densità delle molecole d'acqua decadono molto meno velocemente del consueto (secondo il teorema centrale del limite) a regime critico, e quindi (detto in modo non rigoroso) ci sono molte più fluttuazioni di densità dell'acqua in una nuvola in cui sta per piovere. Essendo l'acqua una molecola polare, una fluttuazione della sua densità comporta una fluttuazione di polarizzazione nello spazio della nuvola. I fotoni che abitualmente passano nelle nuvole (e che, quindi, danno loro il colore bianco) vengono assorbiti maggiormente perché interferiscono con la polarizzazione, e quindi rendono le nubi nere. Chiaro, no?

E poi la gente crede che noi fisici teorici non serviamo a niente...

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domenica 11 gennaio 2009

Redemptor mundi

Ecco a cosa può portare una polemica di ateisti militanti. Ad un blog da aggiungere al feed, per cominciare, anche se è qualche tempo che ci sbircio. E a parole che bisogna leggere

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I tre dottori

I tre dottori del racconto, almeno come li avevo in mente mentre scrivevo (dovevo essere impazzito, a non mettere come illustrazione questo dipinto di Giorgione a suo tempo).

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sabato 10 gennaio 2009

Igiene del mondo

Prosegue l'enigmatica vicenda di Lui

La nebbia s'avvinghiava pesante alle ondulazioni del terreno, scivolava dai crinali rotti e inariditi, si accumulava nelle depressioni, nelle doline, si infilava umida nei ricoveri e nelle trincee. Con il fango alle ginocchia, i grigioverde ormai di un rivoltante marrone, le armi a fatica difese dall'assalto dell'umidità con abbondanti mani di grasso, i soldati tiravano il fiato nella pausa tra un inutile assalto ed il successivo.
Le operazioni ristagnavano.

Su tutto il fronte non si verificavano che scaramucce quotidiane che non spostavano la linea di un metro, mentre gli Alti Comandi pianificavano battaglie di questo o quel fiume.
Mescolati nelle trincee, contadini operai e borghesi insieme maledicevano l'avverso destino ed i fati della guerra. Tranne alcuni. Un manipolo di intellettuali, ormai dispersi e sparsi su tutti i fronti (non così i primi mesi del conflitto), che erano partiti volontari carichi di folle giovanile baldanza che la realtà con cui presto dovettero fare i conti aveva sbiadito. Tra costoro per idee, se non per condizione sociale, era partito ufficiale di complemento ed era ora maggiore di fanteria Lui.

Riconoscibile solo per il taglio degli occhi, la barba fatta male ed i baffetti arruffati studiava una mappa buttata sullo sporco tavolaccio del ricovero. Le mani tagliate per il freddo, gli occhi arrossati dai fumi delle battaglie, la sciabola da ufficiale, inutile per quella guerra, buttata in un angolo in un fodero di cartone. I suoi uomini scrivevano a casa e ricevevano lettere. Lui viveva delle sue mappe e delle sue bandierine che si spostavano quà e là. Il furiere non gli aveva mai portato lettere, né aveva mai dovuto riceverne. Il suo rapporto con l'esterno del mondo, fosse la trincea a fianco o il Quartier Generale di Udine o le sue proprietà nel Canavese erano i rari cablogrammi con cui dava e riceveva ordini.

Per questo il furiere era stupito dal fatto di dovergli portare non una lettera - che già sarebbe stato straordinario - ma addirittura un pacco. Lui lo aperse con precisione. Ne estrasse una lettera che, in origine, poteva anche essere stata profumata - ma l'acre odore della polvere da sparo copriva ogni altro odore - e arance. Ne prese una, ed ordinò di distribuire le altre alla truppa. Così il furiere uscì velocemente senza fare domande. Alle sue spalle uscì anche Lui, inerpicandosi nella trincea fangosa che risaliva il colle fino all'osservatorio.
Allontanò il fantaccino che si era irrigidito sull'attenti nel vederlo arrivare e si infilò nella casamatta, con feritoie di cemento aperte sui quattro lati. Guardando verso est avrebbe notato che la nebbia si stava diradando, rivelando il chilometro di terra di nessuno cosparso di rottami e crivellato di colpi, ed al di là le identiche trincee del nemico. Ma, stringendo in mano la lettera, guardava verso ovest, e spingeva lo sguardo al di là dei paesi abbandonati delle retrovie, cercando la verde pianura e le città. Se qualcuno l'avesse scorto da lontano, avrebbe creduto fosse in preda a qualche rimpianto o nostalgia.

Al contrario, con moto obliato da tempo, si lisciava i baffi e sogghignava. «Fase tre...»

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mercoledì 7 gennaio 2009

Il post dell'ospite - Università per non universitari

Lascio la parola e lo spazio a Fabio che oggi, essendo in ferie, mi ha accompagnato all'università nella giornata peggiore degli ultimi anni in quanto a condizioni meteo, ed ha seguito le lezioni di Girardello. Declino ogni responsabilità, o meglio, la giro su di lui...

Intruso nella meccanica quantistica. Non ci capisco un'H.
È davvero assurdo, come fa ad insegnare una persona così:
in poche parole costruisce numerazioni e calcoli per sé stesso, e se le spiega da solo.
La soprannomineremo teoria della meccanica folle.

Non è un discorso impressionante, è discontinuo e assolutamente scollegato.
Finalmente un collegamento con il mondo, si rivolge alla classe guardandola in faccia.
Niente libri, appunti di qualche nottata di alcool passata davanti alla televisione, passando da Blob a Showgirl con donnine pseudobiotte, e lui con un bicchiere sporcato di Jack Daniel's che nemmeno ascolta la TV, a volume fin troppo alto; alternando il televisore alla scrittura di formule, passando dalla penna rossa alla penna blu per rompere la continuità.
Il resto dela classe è anormale, fatta di persone disparate l'una diversa dall'altra.

Si passa dalla barba barbarica ed il capello sciolto, fino ad arrivare al non capello. Da una collana bizzarra, ad una felpa di Pulp Fiction.
Matteo ascolta sorridendo, ridacchiando sotto i baffi con un suo socio, riccio con un maglione verde che vive di vita propria.

Secondo me il professore è schiavo della sua materia, l'algebra è la sia linfa vitale come per me la musica!
Il silenzio nella stanza è inquietante, il solo suono è quello delle sfere delle biro, che strappano la verginità così candida dei fogli bianchi lasciati troppo tempo nell'armadio.

Si susseguono numeri, lettere e simboli. Un intercalare usatissimo è banale, cioè la frase di solito usata è «questa successione funziona così sennò il risultato sarebbe troppo banale». Si alternano le lavagne, quella appena scritta passa in alto, la vecchia viene cancellata e si scrive di nuovo, in modo continuo e per me senza alcun ordine logico.

Sembra non si sia nemmeno accorto della mia presenza

È un'esperienza stranissima. Tutto è nato dall'idea di intrufolarmi in una delle tente lezioni dell'università di Micaela, ma l'occasione è stata la meccanica quantistica di Matteo e io mica rifiuto...Forse era meglio andare con Micaela, che per strano caso stamattina abbiamo incontrato sul treno. L'argomento della discussione è stato nif, nif, nif (per i mortali, neve ndr): abbiamo, cioè, raccontato l'odissea della pala mattutina, con gli avvistamenti non cercati di alieni tipo il Giorgio Sedda, la famiglia Casati e ultimo (anche per importanza) Matteo Brevi.

Gli sguardi degli alunni parlano, sulla lavagna c'è un errore.
Matteo prende molto lievemente la parola e dà la propria spiegazione. Il prof a sua volta ascolta, sempre con lo sguardo rivolto alla lavagna, e annuendo corregge borbottando una spiegazione per tale svista.
Teoria o follia: la distinzione di questi due concetti viaggia su linee parallele. Nella follia delle persone c'è una percentuale di genialità e studio teorico.
Il prof sorride al suo pubblico facendo una battuta con un filo di voce. Un altro errore e Matteo a bassa voce impreca «#!&@».

C'è uno sguardo che non mi fa stare sereno, è quello dell'allievo pelato. Sta lì nel suo, scrivendo ogni tanto, penso non respiri, mordicchiando con brama la penna fino a ridurla in brandelli. Indossa una felpa New York University. Straniero?
Anche la ragazza è inquietante, viso pulito, felpa della standa e una bizzarra collana portata sopra la felpa, tipo Carnevale di Venezia. Anche lei dà i numeri.

Finalmente dell'ossigeno! Entrano tranquillamente due alunni, un uomo ed una donna. Il prof alzando gli occhi dagli appunti azzurri si rende conto del passaggio dell'ora e dice «Finisco due cose e cambiamo lezione». Pausa caffè, e M-JOY Milka, cioè cioccolata al latte con nocciole. Discreta.
Do un'occhiata agli appunti di Matteo: ultimo appunto un pupazzo di neve contornato da pini innevati.
Cambio dell'ora, cambio di atteggiamento. Il prof seduto, finalmente, con un libro aperto sottomano, dando nozioni su capitoli di, penso, "geometria quantistica". Il tono della voce non cambia, sembra silenzioso come la neve che scende alle nostre spalle, ma che lascerà il segno, cioè riuscirò mai a capire ciò che dice? Riuscirò mai a tornare a casa?
Non mi ero nemmeno accorto che mancasse uno studente!
Rientra togliendo il giubbetto, seguito dallo sguardo senza emozioni del prof. È il socio con la barba e la felpa di Pulp Fiction (idolo!)
Matteo si ricorda che i miei fogli stanno finendo e mi allunga la pila di fotocopie "fasulle" da usare sul lato posteriore. Ringrazio.

Ogni tanto, durante la lezione, nel cambio delle lavagne il socio di Matteo (quello che ha condiviso con noi il caffè) si gira e ride di bestia. Anche lui è un folle.
Degli ultimi infiltrati nella classe, cioè il ragazzo e la ragazza c'è poco da dire, o perlomeno così sembra. La ragazza, che già avevamo incontrato in biblioteca, è davvero strana, capelli naso sciarpa e vestiti di un gusto...beh...discutibile (qui ho limato parecchio, ndr). La cosa che mi turba è lo sguardo, molto enigmatico.
Il ragazzo, a dire la verità, un poco mi infastidisce. Indossa una felpa di cattivo gusto, nera e viola. Capelli biondi a spazzola e posa non troppo etero. Sguardo di Matteo verso la finestra, spalanca gli occhi. Mi giro a mia volta. Nif nif nif. Da nevischio si è trasformata in fiocchi seri, fanno paura, saranno di circa un centimetro di diametro. Ritorna il mio pensiero: riusciremo mai a tornare a casa?

Evito il suo sguardo, ogni tanto mi sento osservato dal prof, ma io cambio continuamente orizzonte. Cambio di lavagna e nif nif nif, silenziosa ed infame scende creando disagi.
Si sorride per la neve con le ragazze della classe, ma è un ghigno di preoccupazione. Ritorna inesorabile il pensiero: riusciremo mai a tornare a casa?
Il professore imperterrito continua la lezione passeggiando qua e là, dalla scrivania alla lavagna luminosa, dalla lavagna alla porta d'ingresso.
Dal mio punto di vista, la stanza ha una lavagna centrale e due porte a fianco. Le linee dei banchi si susseguono davanti alla scrivania, le pareti sono bianche e il pavimento, con una parte di parete, è di quella gomma a pallini di colore rosso. Le porte sono nere, come le sedie. I banchi, invece, sono grigi.
Quello con la felpa nera e viola penso sia gay. L'altra ragazza sembra uscita dalla casa della prateria.

La neve non si placa, giù giù giù nif nif nif. Matteo si piega sui libri e continua la sua raccolta di appunti, sorridendo dice sottovoce «Stranamente oggi è abbastanza chiaro». Sarà merito mio o della neve. Boh.
Dall'oblò della porta, la prima persona incontrata in Bicocca, l'amico "chierichetto" di Matteo, ci saluta facendo smorfie e sorrisi, ricambiamo con distacco e se ne va. Magra distrazione per una lezione leggera come una peperonata il 26 dicembre!
Il prof schiarisce la voce, facendo delle smorfie pre-morte. «Chiamate subito un'ambulanza!». La neve si placa finalmente, ma non ci spererei.

Piccolo stacco pubblicitario

Curioso e scarno il bagaglio del prof: un libro di formato piccolo e due cartellette, una rossa ed una blu, contenenti appunti vissuti con "orecchie", come direbbero le maestre delle elementari. Cambio di lavagna.
Una cosa che ho notato è che tutti, come me, scrivono con la destra, tranne Matteo. Fischi! Fischi!
Finalmente smette di nevicare, ed inizio a rilassarmi. Sarebbe meglio che il prof avesse dei sottotitoli. "Prossimamente: non lo capisco"
Tutti tranne il professore e l'allievo gay capiscono che ha smesso di nevicare. Sorrisi tipo coriandoli a ferragosto. Quanto sono stupido??

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martedì 6 gennaio 2009

Il Teorico/13

Via tra Gerusalemme e Betlemme
Quindici giorni dopo il Solstizio d'Inverno

«Abbiamo perso dieci giorni per sapere una cosa che sapevamo già» lamentava il dottor B.
«Una cosa che lei supponeva, e che a tutti e tre sembrava come minimo improbabile. Si è mai visto di un Re che nasce non nella capitale, ed il re che non sa niente?» puntualizzò il dottor G.
«Ma, tecnicamente, questo Erode con cui abbiamo parlato è un re straniero, non giudeo. Il re che andiamo a cercare - ammesso che ci sia - è il re dei giudei. Potrebbe anche reclamarne il trono» osservava il dottor M., con la sua aria da esperto di mondo. «Piuttosto, mi preoccupa che la congiunzione tardi a riformarsi. Non è comune che ci si sbagli di dieci giorni»

Erano dieci giorni che il dottor B. sopportava critiche per questo suo presunto errore. I primi tempi aveva dato la colpa alla propagazione dell'errore sperimentale, che a distanza di oltre sei mesi (quasi un anno, anzi) doveva aver prodotto uno sfasamento dai calcoli di qualche giorno. Poi, però, la spiegazione non ha più retto alle orecchie dei suoi colleghi, che quindi avevano deciso avesse sbagliato lui. Il dottor B. aveva perso, invece, quel poco di fiducia nei suoi colleghi che il viaggio di mesi aveva indotto. Perché la congiunzione doveva essersi verificata, ed erano loro che non la vedevano. O guardavano dalla parte sbagliata, o anche guardando dalla parte giusta non riuscivano a distinguere i pianeti. Senza i loro costosissimi strumenti, che non si erano potuti portare dietro, probabilmente non erano neanche capaci di individuare il punto verso cui puntare i loro piccoli sestanti di bronzo.
Il dottor B., fedele alla sua cattedra di Teorico, non sollevava neanche lo sguardo verso il cielo; piuttosto, ricontrollava i calcoli. Aspettava che gli altri gli confermassero o meno l'osservazione della congiunzione; da dieci giorni a questa parte.

Intanto scendevano dalle pendici di Sion, lungo uno stretto tratturo invaso da una folla che procedeva in direzione contraria.
«Che poi non ho capito 'sta storia dei doni» sbottò il dottor G. dopo una pausa di silenzio che aveva, evidentemente, passato a rimuginare.
«È normale portare doni ad un bambino, e doveroso se è così straordinario come riteniamo» rispose con tono piano il dottor M.; il dottor B. camminava con la testa immersa nei calcoli e sembrava non desse loro retta.
«Va bene, ma c'è qualcosa di poco chiaro in come s'è svolta tutta la faccenda dei doni. Li abbiamo prelevati dal tesoro del Gran Re, sta bene, ma...soprattutto, perché quel dono così assurdo?»

Il dottor G. faceva riferimento al dono scelto dal dottor B. Perché lui, per andare sul sicuro, considerato che avevano stabilito dovesse nascere il nuovo Re d'Israele, aveva preso il miglior oro degno del più grande dei re - che fosse poi un re così grande, bisognava aver fiducia che i cieli non mentissero, o fossero ben interpretati, Israele non era un così grande popolo - mentre il dottor M., che aveva letto nei segni la venuta di un figlio per Dio, aveva scelto l'incenso più profumato che il tesoro del Gran Re contenesse - sotto gli sguardi indispettiti dei dignitari di corte che li accompagnavano. Ma il dottor B., inspiegabilmente, era andato a rovistare nell'angolo più remoto della stanza, fino a scovare dietro un rotolo di tappeti preziosi un piccolo scrigno ricolmo di resina.
«Di mirra!» interruppe il dottor B. che stava già da un po' ascoltando la conversazione dei due colleghi
Di mirra, appunto, che non si capiva cosa ci facesse nel tesoro, ed era infatti dimenticata da tutti. Agli stessi dignitari risultava, in effetti, che fosse lì da secoli. Quando, infatti, dopo aver consegnato ai tre dottori i doni, l'addetto al Tesoro andò a cercare nell'inventario gli oggetti, trovò che tutti e tre - che coincidenza, fatta apposta per semplificarmi il lavoro, aveva commentato - erano entrati nel tesoro nella medesima occasione, al tempo del sacco di una città-santuario sul confine con l'India. E quindi erano tutti su un solo registro.
Di mirra, che tra l'altro è un dono che porta male, perché non gli regala direttamente un sudario, o un funerale tutto-compreso?.

Il dottor B. pensava che avrebbe dovuto rispondere alla questione tempo prima, ed invece apparentemente i suoi colleghi non avevano opposto obiezioni. Ed avevano preferito tenersi in testa i dubbi.
«Per prima cosa, con la mirra si prepara l'olio per l'unzione. E vi ho già ripetuto che la Stella è il segno che è nato il Messia di Israele - e non vi devo dire io che Messia vuol dire unto; ciò nonostante, capisco l'obiezione, e che se il significato del mio dono fosse solo quello dell'unzione, sarebbe più di buon gusto donare del balsamo. Ma la verità non ha buon gusto, e sta scritto

Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua sorte?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per l'iniquità del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in espiazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà la loro iniquità.
E qui il loro profeta sta parlando di Lui»

I due colleghi erano ammutoliti, e forse avrebbero scosso la testa, non avessero avuto paura di essere scoperti.
La strada continuava, scavalcando ed aggirando dossi, e della Stella in cielo nessuna traccia. Ormai il dottor B. non ripeteva nemmeno più i calcoli: erano esatti; il problema era dei due sperimentali che non sapevano dove, o come, guardare. Lui non avrebbe alzato gli occhi al cielo; non aveva bisogno di conferme, la Stella doveva essere lì, appena dietro il poggio. Fece un urlo al dottor G. di osservare in quella direzione, ma quello niente. Il dottor M. aggiunse aspro «La guardi lei, se è così convinto che ci sia».
Da quando era ancora uno studente il dottor B. non aveva più compiuto un'osservazione. Anzi, le aveva odiate a tal punto, a quel tempo, da ripromettersi di non levare mai più lo sguardo per aria.
«Basta, dottori! Non ne posso più della vostra cecità. Guardate là!», urlò, e così dicendo puntò il dito basso sull'orizzonte, verso sud-est, mentre il panorama si apriva sulle case sparse di Betlemme. E, seguendo il proprio dito, finì per guardare il cielo, e vedere la Stella - non se l'immaginava così luminosa, e di questa luce speciale - che traguardava sopra una casa. Sopra la casa.

Sapendo dove guardare, anche gli altri dottori la videro, ed esultarono e si abbracciarono come quando un esperimento difficile riesce.

«Venite, adoriamo.»

Fine

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Puntata n.4
Puntata n.3
Puntata n.2
Puntata n.1

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lunedì 5 gennaio 2009

Foto dal campo

È stata caricata negli album web di Amisù una selezione delle foto scattate durante il campo invernale, tra il 30 dicembre ed il 2 gennaio.

Godetevi le foto

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Cronache dal Campo. Due - Multimedia

Ho finito le parole da spendere. Finito? - vi piacerebbe; in realtà ho finito le parole che si possono rendere pubbliche, ma non certo tutto quello che si può comunicare sul campo.

Per cominciare, ho quasi concluso il caricamento sul canale youtube di aaaamisu dei video che mi sono stati consegnati. Ovviamente, poiché il canale raccoglie i video di tutti i campi, bisogna fare attenzione a quelli aggiunti più di recenti.

Ve ne offro un assaggio, e cioè il passaggio tra il 2008 ed il 2009


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Il Teorico/12


Deserto siriaco
Un mese dopo l'Equinozio d'Autunno

Non era stato facile far accettare ai colleghi la tesi del Messia. Anzi, non era nemmeno certo avessero capito la portata della questione. Non avevano capito, così il dottor B. pensava, né i suoi colleghi che erano voluti partire, né il Direttore dell'Istituto a cui aveva portato le conclusioni e che aveva approvato la missione, né gli ottusi e grassi dignitari di corte che l'avevano finanziata, né i rabbini giudei da cui aveva ottenuto tutte le informazioni che gli servivano sul Messia, ma che scuotevano la testa all'idea che venisse davvero.
Non avevano capito, o non volevano capire.

L'evento che avveniva sotto il Cielo era tale da aver mutato i cieli, da far sussultare le stelle fisse e gli astri dal corso fissato. I cieli e gli astri avevano sussultato, più di quando la colpa d'Adamo aveva corrotto la creazione ed aveva portato le estati torride e gli inverni gelidi, il male e la morte, ed il gelido vento che squassava quella notte, e la ferocia delle fiere che insidiavano il sentiero per il guado del Giordano, su cui erano in cammino. Non che loro, né lui, si potessero definire esperti d'Adamo, di colpe o di numi. Ma se quelli che da secoli aspettavano che l'Evento accadesse hanno deciso di esservi ciechi, e di non vedere che anche la materia inanimata s'è piegata, e con una luce nuova di luce inonda questa notte nel deserto, e tutta la notte del mondo, e tutta la notte della storia.

E quel popolo dalla dura cervice, che ha tutto il giorno sotto il naso le sue Scritture, che annunciano questo Evento, e non lo vedono. E così il loro Re, prima, è il Re di questi tre dottori.

Il dottor B. era rimasto amareggiato perché il rabbino di Susa li aveva derisi; quello di Persepoli dissuasi; quello di Ctesifonte compatiti. E lui, lui non voleva nemmeno partire, ed eccolo qui a ripararsi dal vento e dalla sabbia, addossato al cammello puzzolente, sotto una tenda che ci manca poco il vento strappi.

Ripensava a quella notte di mesi prima, passata in bianco come tante in quielle settimane, perché i dati degli sperimentali erano incoerenti. E pensava con acredine al fatto che la comunità scientifica ed i posteri avrebbero ricordato il dottor G. che aveva visto solo un punto bianco nel nero del firmamento, e non di lui che aveva dimostrato la Novità. Tra l'arcotangente ed il coseno iperbolico aveva dimostrato che è sorta la Luce. E non aveva mai voluto alzare gli occhi al cielo e guardare ad ovest, dove doveva essere, la Stella. Era passato più di un mese dalla loro partenza. Tipico degli sperimentali, andare a verificare. Avrebbe lasciato andare volentieri solo loro, il dottor G. tutto esaltato, ed il dottor M. che pur di viaggiare aveva accettato, per l'anno successivo, un'offerta di insegnamento in Iperborea. Ed invece era dovuto partire anche lui, come coordinatore del gruppo di ricerca.

E, secondo i suoi calcoli, mancavano ancora due mesi alla seconda e definitiva congiunzione

Continua...

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domenica 4 gennaio 2009

Cronache dal Campo. Due: Giorno IV - 2 gennaio

Essere buoni è solo un modo più sottile di essere cattivi
Da un albero cattivo non nascono frutti buoni. E viceversa. O viceversa.
Il peggior albero della storia ha dato il frutto più buono
Il male è forse un modo più sottile del bene.

È così finalmente arrivato l'ultimo giorno. La cosa più straordinaria di questi campi è che anche da parte nostra, pur essendo sempre oberati di lavori ed incarichi ed attività ed affanni, si riesca a trovare tempo e modo per la riflessione. Certo, non il mattino dell'ultimo giorno.

Tutti si alzano discretamente in orario, ma non hanno ancora finito la colazione che già c'è da lavorare. Chi ha seguito le disposizioni date la sera precedente dovrebbe aver già preparata la borsa e sistemata la camera, ma ad averlo fatto sono in pochissimi. Nel frattempo, chiunque sia anche solo vagamente "a posto" viene dirottato in cucina per dare il colpo finale alla preparazione dei panini per Lucca. Già, perché nel ritorno si passa da Lucca onde visitare il museo del fumetto (cosa c'entri con il tema del campo, che era "gli alberi" - e, come al solito, abbiamo relegato l'albero più importante di tutti in dieci minuti di preghiera del mattino -, abbiamo speculato sia perché i fumetti sono scritti su carta, e la carta si fa con gli alberi). Soddisfacente lo svolgimento delle pulizie, almeno qualcosa su cui non lamentarsi (o a ben vedere sì, perché abbiamo scoperto alla fine di tutto che c'era sempre stato un aspirapolvere), si parte. Lasciando alle nostre spalle le foreste casentinesi ancora imbiancate, ma un po' meno, perché nonostante si fosse a mille metri la notte tra l'ultimo ed il primo e la mattina del primo ha piovuto di brutto e parecchia si era sciolta, ci dirigiamo partendo a metà mattina verso Lucca, come all'andata facendo l'assurda tornantosa statale fino alle porte di Firenze. Così agli influenzati si aggiungono i nauseati.

Per questo tratto di viaggio, un'anonima (perlomeno, una il cui nome non sarebbe stato rivelato se non l'avessi strappato ad un testimone) ottiene la proiezione dell'imbarazzante Questa notte è ancora nostra...beh, almeno abbiamo conosciuto un film più brutto di Daredevil. Il commento critico del sottoscritto è: un film dove tutti si usano l'un l'altro, salvo poi arrabbiarsi e grandi urla e grandi pianti quando lo si scopre, ma poi tutti si amano, ma comunque non ne ottengono nulla. Si salva solo il fondamentale cameo di Giovanni Floris. Arrivati a Lucca tipo venti minuti prima dell'appuntamento al museo, decidiamo di perderne dieci realizzando una foto di gruppo che, più che una foto, sembra la preparazione di un'esecuzione di massa. Mangiamo rapidi il difficilissimo pane toscano ed andiamo a questo museo del fumetto. Due gruppi con altrettante guide per la visita alle esposizioni temporanee, più raffinate (e troppo raffinata la guida dell'autore, perché cento adolescenti dopo quattro giorni di bagordi la potessero affrontare), ed un continuo stillicidio di transfughi dal nostro gruppo alll'altro, che aveva una guida più accessibile, e poi ancora all'esposizione permanente di cose tipo Disney e la Pimpa, che almeno i bambini erano a loro agio. Situazione gestita da parte mia con rara liberalità. Ma non si illudano che, per me, dire se vuoi andare, va' escluda il giudizio su chi va e chi resta.
Un po' ammaliati dalla nostra guida, un po' impietositi dall'esigenza cronologica di lasciare a metà la visita, con un piccolo gruppo andiamo avanti fino in fondo, sostanzialmente uscendo dal museo all'ora in cui in teoria c'era il ritrovo dopo aver avuto il tempo di vedere la città. Ci infiliamo in un bar che riesce a farci fare tardissimo perché ha in lista il vin brulé e non lo sa fare, ed alla fine ho la certezza di aver bevuto un the all'aroma di vin brulé, cioè si è dimenticato di mettere il vino. Raggiungiamo di corsa il resto del gruppo che si sta infilando nei pullman e non si è neanche accorto di noi (o se n'è accorto ed ha deciso di lasciarci a Lucca).

Ormai dopo il tramonto del sole, partiamo alla volta definitiva di Scanzorosciate, affrontando le nebbie e la neve, caduta il giorno prima con una certa abbondanza, della Cisa. Cena piucchesoddisfacente in autogrill presso Parma, ed alterazioni varie per la clamorosa ignoranza in geografia autostradale non solo dei pargoli sedicenni, ma anche dei genitori, che siamo alla Cisa, siamo a Parma, siamo a Seriate, chiedono sempre indietro ah, tra quanto arrivate?. Dopo cena si tenta l'esperimento più difficile, cioè far seguire al nostro pullman Il Divo. Impresa fallita, e siamo stati anche oggetto delle critiche di quelli che l'hanno seguito, ma non si capisce niente di quello che succede queste cose le capite solo voi che le sapete già. Arrivo verso le dieci. Fastidioso constatare come, pur vedendoci che stiamo lavorando a scaricare i pullman ed a portare i materiali avanzati in oratorio, nessun genitore (neanche quelli "vicini") pensa di invitare i propri figli ad aiutarci. Ed alcuni si attaccano anche al clacson, perché intralciamo la strada attraversandola oberati di scatoloni!

Lunedì sera riunione di verifica. Prima possibile, foto e video in rete. Chi ha materiale me lo porti.

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Cronache dal Campo. Due: Giorno III - 1 gennaio

Essere buoni è solo un modo più sottile di essere cattivi
Da un albero cattivo non nascono frutti buoni. E viceversa. O viceversa
Il peggior albero della storia ha dato il frutto più buono

Quando la sveglia discretamente mi suona nel letto svegliandomi mi sembra di non essermi ancora addormentato. Sarà una lunga giornata. Abbondantemente saturato di caffeina vado alle lodi con gli altri mattinieri, tra i quali va segnalata una camera di ragazzi cui l'educatore della stanza aveva imposto l'obbligo di frequenza. Le lodi in quindici con tre breviari sono una faccenda un po' complicata, fortuna che i breviari hanno l'inserto "salmi per le lodi delle feste e delle solennità", e dunque ne abbiamo ricavati sei. Finite le Lodi, e saranno state le nove, avevo già esaurito la mia energia per la giornata. E bisognava assolutamente evitare di darlo a vedere.

I ragazzi che scendono alla spicciolata per la colazione sono ancora addormentati. E non è un modo di dire: uno che dormiva nella mia camera (e tra l'altro dormiva, non è uno dei produttori di casino) ha tenuto gli occhi chiusi fino all'ora di pranzo.

Nel programma della mattinata c'era una riflessione (per non arrivare in fondo al campo avendo usato un decimo delle pagine del libretto...), ed a dire il vero ascoltare la meditazione tutti pigiati nella sala da pranzo (che per qualche motivo era stata sistemata in modo poco razionale) è stato difficile; per non parlare della riflessione personale del seguito, che per carenza di spazi abbiamo fatto gomito a gomito.

A pranzo sono andato a raggiungere uno dei miei filthy minions (anzi, forse il loro capo), per avere aggiornamenti e suggerire di tenere sotto controllo un certo gruppo, che loro eh, ci siamo un po' persi di vista, sai dopo quell'episodio... ed io tieni d'occhio, che si prepara qualcosa
Dopo pranzo siamo scesi da Campamoli ad Arezzo, che è una buona ventina di minuti di tornanti e poi una strada decente. In molti avevano messo in conto l'ora-ora e mezza di viaggio come un indispensabile surplus di sonno, ma non avevano messo in conto la sottile perversione del curato, ben supportata dalla follia (vera) di una delle nostre adolescenti, che ha blaterato, strillato, cantato al microfono incurante delle bordate di insulti che le giungevano dal fondo pullman. Quando sono andato a lamentarmi, mi è stato detto «Meglio su di giri che quando è depressa. Prima che scappi», obiezione cui non si poteva replicare.

Ad Arezzo avevamo in programma un gioco che permettesse di conoscere la città; ma Piazza Grande dove avevamo posto il campo base era invasa da un cantiere di pavimentazione stradale, e ci siamo trasferiti al Prato dietro il duomo. Divisi nelle sette squadre-gruppi di lavoro-gruppi di servizio siamo partiti per i vari angoli della città alla ricerca di dettagli architettonici, insegne di osterie, eruditi tuttologi aretini. Insieme al Fanto con cui dividevo l'onere del gruppo siamo andati in cerca di dettagli architettonici in cui inserire membri della squadra, e cercare di trovare il modo più originale di farlo. La migliore è senz'altro quella delle persone che si spingono in alto, abbarbicate a cartelli stradali ed issati su un muro di cinta mentre cercano di raggiungere un lampione. Fortuna che dalla casa nessuno ci ha sparato addosso.
Qualche errore di calcolo ha affetto i tempi di gioco, che così abbiamo tutti interrotto più o meno a metà, e siamo andati in cerca di un luogo caldo anche perché nel frattempo il sole era tramontato e c'era poco da scherzare con la temperatura. Nello scendere, per ultimi perché ci eravamo fermati per accertarci che non arrivasse nessuno, siamo anche riusciti a sbagliare strada e ad uscire da Arezzo per la porta sbagliata - fortuna che c'è qualcuno ancora dotato di senso d'orientamento anche senza TomTom, ed arriviamo ai pullman. Il viaggio di ritorno a Campamoli è più tranquillo, anche se non possono mancare per noi preoccupazioni.

È un po' come la peste manzoniana, che da qualche tempo serpeggiava senza che si chiamasse con il proprio nome, ma l'epidemia che aveva attecchito tra gli adolescenti e gli educatori ormai aveva una dimensione abbastanza importante perché ne tenessimo conto nei nostri programmi. Si calcolava che in ogni stanza dei maschi ci fosse almeno un malato, e che un paio di ragazze seguissero a ruota. Come tanti professoroni discettiamo di come isolare l'epidemia senza chiamarla con il suo nome, o sulle ipotesi di contagio - come si trasmette, quale fetta della popolazione è più soggetta, se è possibile ipotizzare una predisposizione generica o è soltanto febbre benigna da strapass - ma arrivo solo io a mettere in luce il punto. Il punto è che, con un malato per stanza, possibilmente carismatico (ed era il caso dei più celebri), gli altri sarebbero stati più cheti. E si preparava già un piano mirato di inoculazione del baccillo.

La cena è stato un tentativo disperato di finire le provviste, o perlomeno di buttare via il meno possibile. Si ha un bel dire che prima o poi andrà messo in conto un percorso mirato, magari un campo, sul rapporto col cibo, ed invocare una guerra per tutti quei majamal che da un piatto di gnocchi ne prendono sì e no mezzo (gnocco), ma prima s'avrebbe da fare un bell'esame di coscienza sui conti del cibo, ché ormai sono quasi due anni che ne portiamo sempre troppo. Dopo cena, scartata per ragioni d'ordine pubblico la richiesta di andare subito a letto, che pure ce ne sarebbe stato bisogno, abbiamo organizzato un karaoke cercando di infilarci qua e là altre scuse per consumare provviste, tipo il panettone e la spuma nera. E, dopo aver mandato a letto gli adolescenti poco dopo mezzanotte, ci siamo messi a preparare panini per l'indomani (in teoria il pranzo era ciascuno per sé e Dio per tutti, ma con tutta quella roba che avanzava...). Affettare il pane toscano non è per niente facile, per quanto possa essere affilato il coltello. Coltello affilato da cui mi sono salvato per l'interposta presenza della mia unghia, che ora ha un'eroica cicatrice ma che se non ci fosse stata non avrei più il pollice.

Quando sono salito al piano la situazione era moderatamente calma; praticamente nessuno dei maschi era ancora a letto, ma abbastanza in dirittura d'arrivo e, soprattutto, con apparentemente poca voglia di fare casino. Tranne forse una camera, ma che rimanessero tra le loro quattro mura e non disturbassero gli altri. E, infatti, ci siamo addormentati tutti presto nonostante il concerto polifonico di russatori (noi avevamo un malato vero, ma anche gli altri erano belli raffreddati...).
Finché, nel pieno della notte, spalanco gli occhi e trovo in camera tre persone, che stanno per fare corona attorno al mio letto. Gli chiedo cosa stanno facendo, e scappano di fuori. Ormai svegliato nonostante fossero le tre e mezza, sento un gruppetto di persone che vaga per i corridoi. Dopo qualche minuto la mia porta si apre, e si affaccia uno dei colpevoli. Segnato. Poi un altro. Segnato con beneficio del dubbio. Lasciano aperta la porta, e dal rumore hanno sceso le scale.
Mi alzo. Metto gli occhiali e controllo il corridoio.
Emerge da un'altra camera la capocamerata, di quinta superiore. Era stata aperta anche la sua porta e chiedeva se fossi stato io a controllare. Beneficio del dubbio. Assicuro che "giustizia sarà fatta", e mi appoggio al muro subito dietro la porta delle scale. E aspetto. E, ripensandoci, mi vengono in mente mille modi più interessanti in cui avrei potuto gestire la situazione tutta.
Dopo qualche tempo, appare il primo della combriccola. Gli appaio a cinque centimetri dal volto. Di fronte a questo sgamo completo, sono sportivi, salutano e si infilano in camera. Attendo ancora a lungo onde assicurarmi che non ci riprovino, e finalmente torno a dormire.
Si scoprirà poi che uno, per eccesso di zelo ed aspettandosi la mia presenza, è rimasto nascosto nell'armadio del bagno (i bagni erano in comune) fino alle quattro e mezza, prima di rientrare. A parte che sono stati talmente furbi da venirmelo a dire, e quindi è come se l'avessi beccato, ma direi che penitenza più grande di rimanere chiuso per quasi un'ora nell'armadio del bagno, solo per non essere colto in flagranza di reato, è una punizione più crudele di qualsiasi altra avrei ritenuto adeguata (non più crudele di qualsiasi punizione io possa immaginare, e qualcuno lo sa bene). Poche ore ed è l'ultimo giorno.

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sabato 3 gennaio 2009

Cronache dal Campo. Due: Giorno II - 31 dicembre

Essere buoni è solo un modo più sottile di essere cattivi
Da un albero cattivo non nascono frutti buoni. E viceversa. O viceversa

Si preparava una lunga, lunghissima giornata, tutto il giorno nella casa di Campamoli a Stia. Come prima notte in un letto diverso non è che potessi aspettarmi chissà che riposo, ed infatti avevo iniziato a rigirarmi nel letto cigolante alle sei. Sceso un po' prima della sveglia, per fare colazione (o, meglio, la precolazione, ovvero il caffè) e mente locale con gli altri responsabili mattinieri. Poi, verso le 8.30, iniziano ad arrivare anche i ragazzi. Come avevamo già notato ai campi di quest'estate, in special modo i più giovani devono ancora entrare nell'ottica, tipo evitare di lasciare il proprio tavolo come un campo di battaglia che poi noi dobbiamo pulire.

Iniziamo, dopo la sistemazione, con il lavoro che renderà la mattinata piena ed intensa (e, in buona sostanza, il momento più forte di tutto il campo), cioè la riflessione in merito al racconto L'uomo che piantava gli alberi di Jean Giuno. Come prima cosa, il film d'animazione, premio Oscar 1987, sul cui sfondo viene letto il racconto; poi la riflessione personale, la riflessione a piccoli gruppi e la condivisione collettiva. Per la prima volta nella storia, abbiamo iniziato a vedere il film ed il lavoro in anticipo rispetto all'orario previsto, e di un quarto d'ora. Faremo nevicare.

Mai mi sarei aspettato il tenore ed i temi della faccenda, tra l'uomo che piantava gli alberi e Nomadelfia del giorno prima, visti dagli adolescenti. Tant'è che quella che, alla fine, pensavo fosse una peculiarità del nostro gruppo (vai a vedere i casi della vita, e poi avevamo un trascinatore che ha praticamente portato la discussione sui "suoi" temi), è saltata fuori anche nelle restituzioni di quasi tutti gli altri. Avevo solo un'adolescente del mio gruppo, e cioè di quinta, mentre gli altri erano necessariamente più giovani. Ho praticamente dovuto mettere da parte le mie riflessioni perché, nonostante tutti gli sforzi fatti, non c'è stato verso di condurre in quei paraggi il discorso, e probabilmente ora incombono come una spada di Damocle su quelli del gruppo di quinta, per i prossimi incontri. Invece, quello che gli adolescenti hanno forte è il senso della crisi, della messa in crisi...insomma c'è crisi, c'è crisi.

Il pomeriggio dovrebbe essere praticamente libero. In teoria si potrebbe scegliere di organizzare una camminata con chi vuole, ma camminare sulla strada che sale al passo non è propriamente esaltante, mentre per andare nei boschi si fa una bella fatica anche con le ciaspole, perché la neve è "vergine" (fatte salve le mille orme di animali selvatici, ungulati e cinghiali) e si sprofonda comunque. Tra l'altro, a tentare la mia accidia c'è anche il gioco in scatola di "chi vuol essere milionario", che è un bel passatempo, una volta conclusa la discussione al calor bianco su come interpretare il regolamento assurdamente macchinoso. Faccio un paio di passeggiate, ad ogni modo. La prima nel tratto di foresta sopra la casa, in teoria per raggiungere una chiesina sull'altro versante del poggio...ma il bosco è molto rado, la neve rende presto impossibile interpretare il tracciato del sentiero e, tutto sommato, dovrebbe essere una bella passeggiata per tutti, e dunque rientro. Più tardi, mentre il sole tramonta, provo invece a scendere sotto la strada. Purtroppo, essendo l'unica mappa dei sentieri incorniciata ed appesa al muro, si tratta sempre di procedere a memoria della cartina in posti che non si conoscono, tra i labili segnavia coperti di neve, e piuttosto che correre il rischio di imbarcarmi in un giro troppo lungo per il tempo che è a mia disposizione, improvviso un traverso sulle orme di un cervo (se con quelle quattro zampette e tutta la sua mole ci passa lui, figuriamoci io) per passare, sotto la strada, da "a valle della casa" a "a monte della casa", e ce la faccio anche, pur arrivando in casa stravolto, e poco prima della messa. Si tira avanti bevendo il caffè freddo avanzato dal pranzo o dalla colazione, quello che è, mentre la suora prova i canti come al solito una sesta abbondante sopra la nota standard. Durante la messa di ringraziamento, che non possiamo fare nella finitima cappellina perché troppo piccola, abbiamo questa specie di Te Deum autogestito in cui chi vuole esprime il proprio ringraziamento per il 2008. Appena finita la messa, spediti gli adolescenti a prepararsi per il Cenone a Tema (come avevo già accennato, il Gioco delle Coppie), noi ed io in particolare a confrontarsi con il problema più grosso di sempre, e cioè come sistemare i tavoli. Nel frattempo, due quattordicenni piangenti stanno attendendo i genitori, perché sono proprio malate, ma malatissime (cosa vera con beneficio d'inventario per una, per l'altra senz'altro no) e quindi devono tornare a casa. Considerato l'ora cui arrivano a prenderle, i genitori passeranno un bellissimo capodanno sul raccordo di Bologna-Casalecchio. Al tavolo d'onore siedono gli educatori, vestiti da Puffi - con Gargamella e Madre Natura - le signore cuoche (in questa due giorni sempre più relegate in cucina e meno ai gruppi, purtroppo), ed i due mitici autisti dei pullman, di cui uno cuoco, importante presenza in cucina. I due erano quasi uno stereotipo dell'autista del pullman, impagabile.

Quando le coppie scendono per la cena ci accorgiamo della grande disomogeneità del modo di interpretare il tema da parte degli adolescenti; tra quelli che lo vedono come un fastidioso dovere, una stramberia da cercare di eludere ad ogni costo ed una bella occasione di divertirsi. Dobbiamo così prevedere, accanto al premio per la coppia più bella, anche qualche premio singolo per le coppie non altrettanto omogeneamente belle (dal "membro n.1 vestito molto bene e membro n.2 che non ha capito niente", alla nota di merito particolare anche se il compagno era buono). Tra una portata e l'altra abbiamo quindi fatto presentare singolarmente le coppie, sottoponendo loro alcune prove, mentre tutti i puffi davano voti che poi uno a caso avrebbe dovuto calcolare mentre gli altri si godevano il dolce. Tra i commenti raccolti dalla giuria, specie nel capitolo "menzione speciale", abbiamo dovuto stornare dal conto dei voti quelli dati alla persona più che al costume, poiché chi ha la 36 sta bene quasiasi cosa si metta addosso, ed inserire il "premio" coppia peggiore, per due "arabi" di cui lui vestito D&G lei in minigonna che non sarebbe sopravvissuta dieci secondi in un paese arabo senza essere lapidata. Premiate come migliori coppie Anni '30 e Renzo e Lucia (che riceveranno un abbonamento annuale a qualche specie di periodico cattolico), e preparare il brindisi di anno nuovo con spumante secco o dolce (il dolce che va molto più del secco, questi adolescenti non hanno gusto). Poi iniziano i balli, e sprofondo in un coma che nemmeno dare fondo alle scorte di caffè riesce a sanare. Dopo aver chiarito il programma per l'indomani e deciso a che ora porre fine all'agonia collettiva, salgo al piano superiore, nominalmente per assicurarmi che nessuno sparisca in camera, in pratica sperando di riuscire a infilarci qualche decina di minuti di sonno abusivo. Sonno che non viene portato a casa. Fine della festa alle ore 2.00, silenzio ottenuto in un intorno delle 3.25. Il programma prevedeva lodi facoltative alle 8.30, e colazione per tutti alle 9.00. Tanto sso'ggiovani.

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Cronache dal Campo. Due: Giorno I - 30 dicembre

Essere buoni è solo un modo più sottile di essere cattivi

Secondo anno di campi degli oratori, e secondo anno di Cronache dal Campo. Anche se questa volta saremo più sintetici del solito, complici il poco tempo, durante la quattro giorni appenninica, per scrivere e la voglia non stratosferica di ricordarne oggi i dettagli, siamo pronti. Come al solito, visto che io mi occupo di parole e non d'immagini, tutte le foto ed i video che auspicabilmente correderanno la descrizione sono attesi e verranno dall'opera di amici, colleghi, adolescenti compiacenti. Quindi la mia colpa starà solo nella scelta.

Sveglia alle 5.30, partenza alle 6.30. Così, almeno, secondo la tabella di marcia. Quando si conviene nel parcheggio tra farmacia ed oratorio di Scanzo (e non voglio pensare a cosa ne pensino i residenti), al solito trascinando borsa scarponi e ciaspole in mezzo alla nebbia da Rosciate fin là, sono favorevolmente colpito dalla relativa puntualità degli adolescenti, che già in grande numero (da noi sempre di grandi numeri si tratta, ci portiamo in giro un centinaio di persone e la difficoltà più grande è sempre trovare un posto dove metterle) si sono radunati. E molto meno favorevolmente colpito dal fatto che stiamo caricando le valigie, ma non si sono ancora presentate le signore con i viveri, che per esperienza sono sempre troppi e, soprattutto, troppo ingombranti.

Ecco che arrivano. Secondo i miei calcoli avevamo in programma cinque pasti, e ci sarà roba da mangiare per almeno un giorno in più (ma anche come menù, non solo per quantità!). E non è che in un giorno cento persone mangino poco. Scuotendo la testa carichiamo casse di verdura, chili e chili di carne surgelata, e sfiziosità varie che vabbè che c'è di mezzo l'ultimo, ma.... Quest'anno la divisione sui due pullman è fatta con criterio, ma con un criterio che - come tutti i buoni criteri - non ha fatto i conti con la realtà, e cioè che, salvo avere improbabili pullman da 63 posti, nessuna divisione per classi d'età poteva essere efficace. Così un gruppo di eletti (anzi, di elette) di seconda è stato promosso sul campo a di terza, ed abbiamo riempito i due mezzi.

Con invidiabile puntualità, cioè alle 6.53 (certo che avevamo detto partenza alle 6.30, ma era un'ovvia manovra diversiva, si calcolava le 7.00), prima dell'alba, ci mettiamo in movimento e puntiamo verso la nebbiosa pianura. Per la ripartizione dei posti, io sono finito in fondo al pullman, tra una corona di adolescenti urlanti ininterrottamente per tutto il viaggio. Arriverò a casa ubriaco, la sera.

Per il pomeriggio abbiamo in programma la visita di Nomadelfia, a Grosseto, comunità fondata dal fu don Zeno Santini e nota per questioni quali l'autosufficienza (il tentativo fallimentare di, a onor del vero, dove per fallimentare si intende in senso tecnico)e l'assenza di proprietà privata. Troviamo neve sulla Cisa, e freddo quando ci fermiamo per la pausa-caffè della mattina. Risaliamo e proseguiamo il viaggio, trovando paesaggio più dolce e temperatura più mite quando ci fermiamo per pranzo. Visita alla comunità di Nomadelfia (e, maledizione, possibile che nessuno spieghi cosa mai ci sia di speciale in una parrocchia comunitaria?) per tutto il pomeriggio, durante la quale lo scetticismo degli adolescenti, ed anche dei G6 (che sarebbero i giovani non educatori) e degli educatori è palpabile. Nel frattempo scende la sera, limpidissima, e bisogna dire che con tutti i difetti che ha, è veramente molto bella vedere la croce di neon che galleggia sopra la macchia maremmana.

Ripartiamo, dirigendoci nuovamente verso nord, in direzione di Firenze; non per visitare di straforo una città in più, come molti credono, ma soltanto per mangiare in un posto scovato chissà come, dove si è mangiato molto bene ma ci è decisamente mancato il caffè. Sulla carta, la casa a Stia dove alloggeremo non è lontanissima, qualcosa tipo un'ora di viaggio, ma va' a capire come gli autisti, invece di scendere in autostrada ad Arezzo, viaggiare su una bella superstrada diritta fino a Stia e poi (e solo poi) impegolarsi nei dieci chilometri di tornanti che separano casa e paese, decidono di raggiungere Stia da Firenze con un'ora di tornanti in surplus (passando da Arezzo si sarebbe allungata parecchio in chilometri, inteso, ma non ci giurerei anche in tempo). Finalmente arriviamo ai 1000 metri della casa di Campamoli, già passate le ventitrè, ed appena saltiamo giù dal pullman affondiamo nei venti centimetri di neve. La casa è bella ed accogliente, ed anche il riscaldamento è stato acceso per tempo e vi si trova un gran bel tepore. La casa sembra un rifugio alpino, con tanto di mappa dei sentieri esposta. Nessuno dei quali sentieri è esaltante, in questa sconfinata foresta casentinese (anche parco nazionale) che ci ha già regalato, sulla strada, un tête à tête con un bel cervo maestoso. Ma meglio che non averne. Bisognerebbe provarli d'estate, a dire il vero.

Ci sistemiamo nelle camere. Oltre la casa principale, esiste anche una depandance con alcune camere. I numeri, purtroppo, non ci hanno permesso di dividere in maniera decente maschi e femmine, pertanto condividiamo lo stesso piano e stringiamo i denti. Ma, in tal senso, pensavo molto peggio. Abbiamo, nei limiti del saggio, messo nelle medesime camere ragazzi e ragazze di età diverse; come al solito, siamo molti educatori maschi, che quindi possono essere messi a presidio di ciascuna stanza, e per quanto riguarda le donne avevamo deciso per tempo di dare responsabilità personale al gruppetto di quinta superiore. Ricordando le difficoltà dell'anno precedente, oltre ad un paio di mosse che ci erano sembrate intelligenti, ero comunque abbastanza in apprensione. Ma, contro le mie aspettative, il mescolare grandi e piccoli, lungi dal far crescere più del dovuto questi, ha infantilito i primi, e quindi abbiamo avuto il casino "buono" (non per questo meno casino, o più ore di sonno. Ma con più tranquillità anche da parte nostra)

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