domenica 3 febbraio 2008

Psicopatologia criminale - Un fine settimana

Arrivo prima del solito - cioè non aspetto domattina - con il post sul fine settimana per due ordini di motivi. Il primo è che ormai sono in pigiama e con un occhio semichiuso, ergo appena ho postato il tutto o poco dopo andrò a mettermi sotto le coperte - ché in qualsiasi caso domani ci si alza presto, anche solo perché quei maledetti (in senso buono) dell'oratorio hanno messo la gita sulla neve il giorno dell'appello di meccanica quantistica e alle sette metà casa dovrà tirar fuori dagli armadi, provvidenzialmente messi in camera mia, tute da sci ed annessi e connessi; il secondo che, appunto, domani c'è l'appello e difficilmente avrò modo di mettermi al computer prima di sera. Con il rischio di scordarmi gli episodi più toccanti del fine settimana.

Che, come il titolo - forse un po' troppo tragico, ma credo azzeccato - vuole suggerire, non è stato il più tranquillo che la storia ricordi.

Il fine settimana è iniziato già il giovedì, perché per il Carnevale è tradizione - e qui a Rosciate non ci si interroga molto sulle tradizioni, le si rispettano - bruciare un fantoccio - in analogia al conterraneo rasgamento de la ègia di mezza Quaresima (altra curiosa usanza orobica) od al veneto rogo d'Epifania - qui detto Póer Piero, ed ovviamente il detto fantoccio è necessario che qualcuno lo costruisca. In realtà, giovedì si era la metà di mille, anche perché costruire il Piero e successivamente darlo alle fiamme è motivo d'orgoglio. Che nessuno si faccia strane idee, io non sono neanche lontanamente all'altezza carpentieristica di costruire scheletri lignei - che è l'opera della prima sera, dunque sono andato, insieme ad altri due amici, lo spesso citato Fabio e Massimo, fuori dai capannoni della zona industriale di Pedrengo onde fare incetta di cartone, essendo il venerdì giorno di raccolta carta, ed essendoci massima abbondanza di materiali da imballaggio di vario genere, forma e consistenza. Due abbondanti carichi, mentre sul retro dell'oratorio - la parte off limits per chi non è più che introdotto nell'ambiente - altri realizzavano uno scheletro non imponente come un paio di anni fa, ma sufficientemente proporzionato. Ed una mezz'ora di chiacchiere da bar.

Venerdì l'incontro di catechesi di cui s'è già detto, dopodiché io, Fabio, ed il Brevi, avendo un certo languorino che non era voglia di qualcosa di buono, ma una fame feroce, abbiamo sperimentato il kebab per italiani di Montello - battezzato così perché sorge a fianco di un kebab inequivocabilemnte per stranieri, che ne piantonano letteralmente l'ingresso - benché dall'esterno non si avevano dubbi su quale dei due preferire. Insomma, il Dessi Kebab di Montello (da non confondere con l'omonimo di Bergamo) risulta il posto più accogliente, pulito e borghese dove prendere un kebab, anche in virtù della scelta non esclusiva (c'erano, infatti, accanto a squallidamente occidentali tranci di pizza e patatine, strani fagottini turchi). Anche se paga l'essere fuori mano piuttosto che lontano.

Sabato, in teoria, sarebbe giunta l'ora di concludere la costruzione del Piero. Ma ce l'hanno fatta anche senza di me, che ha preferito la pigrizia (o meglio, lo stare a casa a studicchiare meccanica). E poi, ovviamente (fino ad un certo punto) la festa di San Giovanni Bosco - di cui il giorno liturgico sarebbe il 31 gennaio, ma non è che puoi fare la festa dell'oratorio in settimana.
La festa di S. Giovanni Bosco è uno dei pochi eventi non-interparrochiali che ancora interessano il gruppo degli adolescenti. Al santo prete piemontese è, infatti - benché non ci sia notizia di una effettiva dedicazione - intitolato l'oratorio di Rosciate, e da quando c'è l'oratorio - a mia memoria, senza considerare tentativi che risalgono alla notte dei tempi, direi dalla Pasqua del '94 - sotto la festa del titolare si è svolta e si svolge (traditio Roxiatensis) una serie di predicazioni che culminano con la cena (per la nota equazione festa=cibo) per - formula trovata dopo anni di discussioni - collaboratori dell'Oratorio ed adolescenti. Per le predicazioni ai bambini delle elementari ed ai collaboratori è stato precettato il curato interparrocchiale - che ha stupito tutti, a Messa, commentando il Vangelo e non facendo un discorso sul fondatore dei Salesiani (dalla mia postazione privilegiata mi sembrava quasi di poter leggere il disappunto su alcuni volti, lo sconcerto su molti - come se fosse normale ignorare le Beatidudini) che si è fermato anche a cena. Più insolita e piacevola la presenza del (nuovo) parroco di Scanzo, don Giampietro. Dopo la consueta cena conviviale, il don, Fabio, mia sorella et alii sono andati a Bergamo con l'intento di vedere non so che film al cinema - benché poi si sia venuti a sapere che, non trovando posto, se ne siano tornati a casa ed abbiano visto un film finlandese non identificato a casa del curato; mentre io, previo un salto a casa per cambiarmi, sono rimasto ad aspettare Daniele e ... Epo!, che finalmente si è deciso a tornare dalla Danimarca dove era andato in Erasmus. Il quale, sentendosi per una sera libero, e dopo un paio di bicchieri anche libertino, insisteva per andare a ballare. Benché fosse in cantiere di andare al Bobadilla di Dalmine, decisamente un posto troppo pretenzioso per i miei gusti discotecari (non che i posti troppo pretenziosi in generale non siano nelle mie corde), ed in previsione di tale evenienza mi fossi vestito di tutto punto, tra un Jack Daniel Single Barrel ed un commento impietoso sugli avventori del Jam di Nembro si sono risoluti ad optare, essendo venuto meno il Tar che insisteva sul Boba, per il Nikita di Telgate.
Visto e considerato che erano mesi che non si usciva - per l'ovvio già citato motivo - con l'Epo, non si poteva resistera all'insistenza. Anche perché al Nikita non c'ero mai stato (e, salvo sorprese, non ci tornerò) a fronte di molte persone che me lo consigliavano noti i miei gusti. Che devono essere stati sorprendentemente fraintesi. È vero che la maggior parte dei presenti era vestito in modo da non offendere il mio senso estetico (locale decisamente non-truzzo, quanto ad elevato grado (ma esiste di peggio) di fighettismo - per farsi un'idea, basta andare sul sito e vedere le foto scattate in una serata qualsiasi, ma l'ambiente è decisamente troppo pacchiano non solo per i miei gusti, ma per il più elementare buon gusto, e la musica è assolutamente banale. Essendo altresì vero che non ho ancora trovato un locale che coniughi musica come dico io ed ambiente accogliente - perché per la musica ci sarebbe il Matrix od il Bolgia, ma l'ambiente è impossibile, ci si accontenta volentieri, anche perché il materiale umano su cui eventualmente lavorare era di tutto rispetto. Almeno dal punto di vista estetico. Sono rimasto allibito - per intanto sono riuscito a non scandalizzarmi, ancora un po' e dovrei diventare completamente imperturbabile - da due ragazze che, appena arrivate, guardavano dall'alto la pista commentando cosa ci offre stasera il mercato; ed in generale, da queste signorine un po' troppo disinvolte. Come la bionda a proposito della quale Epo arriva e fa: C'è una bionda che mi reclama. Però non è 'sto gran che... e, alla mia risposta fradicia d'indifferenza (fai come credi) si allontana con per qualche minuto, salvo poi ripensarci. O una morettina vestita in modo a dir poco provocante che era venuta con un accompagnatore a corrente alternata, nel senso che per mezz'ora era con lei e per un'altra mezz'ora lei da sola poteva intessere rapporti sociali con tutti gli altri. O, infine, la ragazza indiscutibilmente carina definita quella coi capelli mossi su cui vale la pena fare la cronaca. Costei, vestita nemmeno in modo troppo appariscente, balla indefessa a pochi passi da noi. E già quelle che ballano indefesse guadagnano punti su quelle sedute sui divanetti con aria scazzata. E beve cocktail trasparenti da enormi bicchieri di plastica (i cocktail erano abbondanti, ma con troppo poco alcol, parla un esperto...), indefessa anche in questo. Finché, col tempo, la propria dance inizia ad essere quantomeno incerta. Prima mi infila tutti i capelli in bocca, e subito dopo mi cade addosso - era sul primo gradino delle scale. Così facendo attira l'attenzione dell'amica che si precipita ad interporsi tra noi e lei, facendole al tempo stesso da scudo e cercando - inutilmente - di farla smettere di bere. Sordo alle esortazioni dei soci, che mi invitano ad attaccar bottone, e pensando tra me e me che forse sarebbe più responsabile farlo, e condurre la tipa in qualsiasi posto, purché lontano dall'alcol, proseguo la serata fino al momento in cui riesco a far concordare tutti sull'opportunità di andarsene. L'unica falla del piano è che, per portarsi fuori dalla pista, bisogna fare le scale e passarle accanto. E lei che fa? Mentre le siamo a fianco, in una mossa di ballo meno misurata delle altre, sempre meno precise più era l'alcol che le scendeva in corpo...mi sbatte la testa sulla mandibola. Lei è presa da un incontenibile scoppio di risa, l'amica mi guarda con lo sguardo di chi implora scusa, i miei amici speranzosi che attacchi bottone...io la guardo fissa, apro bocca ed esce...Té, bòna, dó ólte...! che per i lontani significa approssimativamente "Insomma, una volta passi, ma due...!". Ed andiamo a casa.

Oggi era il giorno di Carnevale - checché ne pensino i milanesi. Come trascurarlo? Nonostante le vibranti proteste sollevate in Consiglio d'Oratorio, non è stato possibile spostare il Carnevale in modo che non cadesse nella stessa settimana della festa di San Giovanni Bosco, ed il programma interparrocchiale prevedeva che la festa per tutto il comune fosse presso il nostro oratorio. Ma la preparazione interessava altri, in effetti, ed abbiamo iniziato, senza mio fratello impegnato nella Cinque Mulini, con l'andare a pranzo a Trescore, onde provare il menu per la cena della Cresima di mia sorella - menu che credo sarà scartato per l'eccessiva pesantezza, era parecchio che non saltavo una cena...
Dopo il pranzo siamo tornati a casa perché l'altra mia sorella doveva andare all'oratorio per l'animazione di Carnevale, così mentre i miei sono andati a fare il solito gira-parenti sono stato a casa a studiare ancora un po', e dopo sono andato su all'oratorio per il rogo del Piero. Arrivando decisamente in anticipo. Così sono riuscito ad elaborare un'analisi del carnevale. Per temperamento, come comprensibilmente possono arguire i miei lettori più fedeli, non amo le feste, tantomeno quelle chiassose e becere come il Carnevale - che poi a Venezia non sia becero, sarà forse vero, l'ultima volta che ci sono andato ero troppo piccolo. Ma non si può dire che non sia becero dalle nostre parti, e con nostre intendo come minimo l'intera Bergamasca, perché ci sono quattro tipologie di persone che si godono il Carnevale:

  1. Bambini estremamente piccoli, solitamente fasciati con costumini sintetici che più sintetici non si può, generalmente raffiguranti clichet televisivi o - nel migliore dei casi - favolistici.
  2. Preadolescenti (ragazzi delle medie) per cui travestirsi significa vestirsi da punk che significa mettere i vestiti peggiori che si hanno in casa, truccarsi visi e capelli con improbabili e criminali accostamenti cromatici e girare in gang di terroristi armati di petardi e bombolette di schiuma, onde scatenare risse, preferibilmente interparrocchiali (meglio se adottando la formula tutti contro Negrone)
  3. AdolescentE dal distorto senso del pudore, per cui è naturale, dovendosi travestire da Topo/Gatto/Cane/Strega/Fata/Bambina piccola/Qualsiasi altra cosa, scegliere un look da 'Roia (e mai nessuna che si vesta esplicitamente da öna de chèle). Pronte a lamentarsi se qualcuno le guarda o fa commenti un po' grevi.
  4. I peggiori di tutti, cioè adulti che si divertono sinceramente spingendo al suicidio per la vergogna i poveri figli. Oggi, ad esempio, c'era un papà di cento chili vestito da InfermieraSexy, insaccato in un paio di calze a rete ed issato su tacchi a spillo di quindici centimetri.


Come al solito, la parte più interessante della faccenda è tenere alla larga ragazzini che, avendo mangiato troppe frittelle, sono incontenibili, dal Piero ardente (ed esplosivo, perché segretamente stipato di ogni petardo sequestrato, e di altri comprati di proposito). E quella più fastidiosa tirar su quantitativi industriali di coriandoli per fare pulizia.

Se mi arriveranno le foto, metterò nel mio archivio, cui s'accede dalla colonna di sinistra, qualcosa di questo carnevale, benché si sappia che io, come si dice, non mi sia vestito - ma non nel senso che giravo nudo. Perché, dopo aver valutato un travestimento da Governo-Ponte (leggo che il primo caso andato a buon fine è il governo Leone I del 1963), ed aver rinunciato per la patente difficoltà di rendere il concetto, ho valutato 1-Degli-88-Folli di Kill Bill, ma avevo paura che portare un bel vestito in mezzo alla bolgia schiumogena di un carnevale di paese sarebbe stato letale - per il vestito. Magari se ne riparlerà se mai qualcuno mi costringesse ad andare ad una festa di Carnevale vera.

1 commento:

Chiara ha detto...

Anche nel bresciano-veronese (noi siamo un ibrido...) le tendenze dei travestimenti sono le stesse...

Quest'anno però ho evitato accuratamente la festa di carnevale nell'oratorio del "duomo" (ci sono 4 parrocchie a Desenzano) ove solitamente mi coinvolgevano (in quell'eterno interparrocchiale che fortunatamente resiste) a fare uno spettacolino con altri ragazzi.

TUTTAVIA non avevo fortunatamente la malsana idea di travestirmi, anche perché tanto per lo spettacolo dovevo vestirmi in modo...adeguato al mio ruolo (stile profe/suora. Strano.)