domenica 31 agosto 2008

Contra sperimentales

Poco da dire, loro ed il loro LHC.

Volete mettere i gatti che cadono?

Venuto a conoscenza della cosa tramite Consonni.

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La festa di Epo

Durante uno dei passaggi cruciali che avrebbero portato, di lì ad una ventina di minuti, a terminare l'ultima delle relazioni di Calcolo, suona il cellulare. O meglio, più che suonare emette un paio di squittii, e si contorce un po' su sé stesso - il che implica sia arrivato un messaggio. Da Fabio, che già dovevo sentire per questioni inerenti la drum machine Fruity Loops; per propormi un regalo di compleanno per l'Epo che, come usanza, compiendoli in giorno feriale, cioè lunedì, festeggia il fine settimana più prossimo.

Avendo stabilito che ormai abbiamo una certa età, e abbiamo tutto quello che ci serve, ed anche di più, il messaggio recitava «Hai in mente qualcosa per il regalo? Io pensavo ad un hula hoop!». Siamo dunque partiti alla volta di un negozio di giocattoli, presto convertiti ad un cubo di Rubik, od alla maschera dell'incredibile Hulk. Ma presto, colori e disposizione sugli scaffali studiati per attirare i bambini ci avevano conquistato, ed in ogni corridoio che imboccavamo avevamo scelto un regalo diverso; fino allo spumante dei Gormiti. Poi, mentre costeggiavamo la negletta parete dei giochi in scatola, abbiamo avuto la nostra illuminazione. Era il regalo.

Il programma della festa, sabato sera, prevedeva anche una grigliata generalizzata, ché era del tempo che non si faceva - praticamente, ci eravamo fatti scappare tutta l'estate. Ma, essendo tornati da Parigi in settimana, i miei hanno ritenuto fosse prioritario invitare a cena nonni vari, e precettare tutti quanti almeno fino alle nove di sera. Sono arrivato là, al mitico portico, e pensavo di aver sbagliato festa, dalla folla che era convenuta. È il disagio del dopo-campo estivo, constatare che tutti sono amici di tutti, e che tutti invitano tutti a tutte le occasioni. È il concetto di Amisù; concetto che non abbiamo mai amato. E sarà ancora più disagio quando, tempo un mese-un mese e mezzo, quando riprenderà il cammino adolescenti, e tutto il tran tran, sarà come se non fosse successo niente. Intanto, godiamoci quello che ci tocca.

Quando arrivo il nostro regalo, avvolto da carta argento, troneggia tra gli altri: qualche busta di negozi di vestiti, una bottiglia di un celebre triple-sec...La combriccola ha già quasi finito di mangiare, ed anche se mi sono offerti gli ultimi cotechini la cena a casa mi ha già saziato, senza entusiasmarmi. Però un bicchiere di vino non si rifiuta. Considerato che erano settimane che non ci si vedeva tutti insieme, la conversazione non langue nemmeno un secondo, e dobbiamo essere sollecitati all'apertura dei regali ed alla torta, perché altrimenti saremmo andati avanti ancora a lungo dimenticandocene - e facendo così il gioco di chi, di nascosto, in un angolo faceva sparire una fetta di torta dopo l'altra.

Arriva il momento del nostro regalo; si scarta il primo strato di argento, e poi il secondo, ed emerge la...dama del bere, accompagnata da una bottiglia di grappa di Pinot, e da una di grappa ai mirtilli - onde riempire di due colori diversi i bicchieri. E mai regalo fu più azzeccato. Dopo le torte divorate e la bottiglia di spumante, per una delle rare volte non sparsa sul tavolo, ma quasi tutta finita nei bicchieri, si organizza immediatamente una partita. Lunghe discussioni per decidere se è il mangiatore od il mangiato a doversi bere il bicchierino, messe a tacere dalle istruzioni riportate sulla confezione, che bastava girare per leggere; benché il mio buonsenso suggerisca ancora il contrario; un tavolino spostato e messo all'aperto, ché dentro si moriva, ricoperto da un regolamentare tappeto rosso, e bicchierini riempiti. Basta un assaggio alle grappe per intuire che non è fattibile una partita uno contro uno, causa mancanza di tali incoscienti beoni; si procede, dunque, tre contro tre - il che comporta discussioni non sempre piacevoli, specie per i vicini che magari volevano dormire, ma tassi etilici sopportabili - e io scelgo, molto acutamente, la squadra che deve bere la grappa di mirtillo, non tanto per il gusto quanto per quei sette gradi in meno che, prima o poi, si sarebbero fatti sentire. Infatti, benché il gioco sia partito in equilibrio, l'abilità dei nostri avversari diminuisce più rapidamente della nostra, e riusciamo a vincere clamorosamente (credo di non aver mai vinto una partita di dama in vita mia, prima di ieri sera).

Finita la partita degli uomini, inizia quella delle donne - ma sarà che sono solo due per squadra, giocano malissimo ed alla fine siamo costretti a bere ancora noi, perché loro ad un certo punto si sono ammutinate. Bere che, va da sé, non rifiutiamo.

Finché, finite le partite, Fabio ci spiazza tutti con un candido ho sete... (di acqua, cosa credevamo?). Ad ogni modo, di rado una festa di compleanno è stata tanto aggregante. Solitamente o sono riti formali, che si passano un po' stancamente, o va a finire che salta fuori qualche magagna. Nel nostro caso, l'unica è stata la difficoltà a giocare con la scacchiera bagnata, che i bicchierini scivolavano via dalla propria posizione. E molte altre partite, ci si augura. Le bottiglie sono ancora piene per metà.

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venerdì 29 agosto 2008

Stupore

Non mi piace stupire le persone. O meglio, mi piace, ma non mi piace che mi sia detto. Perché porta guai, voi lettori pensate di no, ma vi assicuro che porta guai. Con leggera sfumatura biblica della parola (cioè, non tanto sventure, quanto il contrario di beati).

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giovedì 28 agosto 2008

Amare la fisica

A volte uno se ne dimentica, e pensa che siano odiose, tutte quelle relazioni, l'una uguale all'altra anche se diversa (simili ma con differenze, l'espressione più inutile della nostra lingua), e che tutto sia odioso, e a quanto sarebbe meglio realizzare l'impresa alpinistica che si era progettata prima di Parigi, piuttosto che studiare.

Poi, per fortuna, arriva un misconosciuto prof. Surya Ganguli dell'università di California S. Francisco, con questo capolavoro (attenzione, è un file PostScript, e quindi non tutti riusciranno a leggerlo), e uno si ricorda cosa gli piace, e perché. Ah, prima che me ne dimentichi: l'articolo si intitola Fibrati tangenti e teorie di Gauge in meccanica classica: una descrizione unificata per gatti che cadono, monopoli magnetici e fase di Berry. Come si può non adorarlo?

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mercoledì 27 agosto 2008

Kant

Legge morale...

Tra i fischi dei rimorchiatori, l'Invicta si avvicina alla banchina del porto. I fumi delle vaporiere riempiono l'aria, come se una nebbia nera e pesante si alzasse ad ondate dalla superficie del mare; i mozzi abbassano la passerella ed aprono il cancello; i passeggeri, che si erano accalcati sui ponti per salutare agitando i fazzoletti i conoscenti che li attendono, premono disordinatamente e ad ondate scendono in città. Prima i passeggeri di prima classe, i gentiluomini con i cappelli a cilindro o le pagliette, a seconda se il viaggio è di lavoro o di piacere, e le signore con le velette; poi, via via, la seconda classe e la terza. La folla di curiosi, per l'arrivo del transatlantico, ed i parenti e gli amici, ed i portatori ed i garzoni, tutti lasciano la banchina, che rimane deserta, salvo - in un angolo - quella carrozza con le tende socchiuse, da cui si scorge - a tratti - una mano guantata che scosta le cortine, ed il cocchiere a cassetta.

Il mozzo, dalla nave, si guarda attorno; deve verificare che tutti siano scesi, prima di levare la passerella. Urla sguaiato, che tutti devono scendere, e se qualcuno è rimasto indietro. Solo allora, mentre i fumi si stanno diradando, perché le macchine sono ferme, da una cabina del primo ponte esce Lui. Barba fatta di fresco, baffi impeccabili. I guanti nella sinistra, ed il bastone da passeggio nella destra. I suoi bagagli, qualcuno li ha già scaricati, e fatti portare a casa. Scende lentamente - non ha fretta, e gliela devono fare i mozzi che, alla fine dei conti, lavorano e non hanno tempo da perdere - e, dopo aver messo i piedi sulla terraferma, si guarda a destra e sinistra. Si sofferma un attimo, come a valutare la direzione più conveniente, e poi si incammina a destra. Così facendo, finisce per passare accanto alla carrozza; e, in quel momento, la porta si apre, e la proprietaria della mano guantata scende agilmente.
«Le sono mancata?»
«Senz'altro», e così dicendo la stringe tra le braccia, si avvicina al suo viso, e si ferma.
«Cosa fa?»
«Nulla. Attendevo la sua reazione». E, così facendo, la lascia, le volta le spalle, e riprende il cammino, con passo lento.

Allora, Lei gli corre avanti, gli si para di fronte, e gli si getta fra le braccia. Esitando, Lui decide di non rifiutare l'abbraccio.

«Ci ho pensato, signore; e penso che, se lei vuole, potrei essere sua, stanotte. E per quella a venire. E per altre cinque, ancora».
Lui sospira, come a tradire la soddisfazione per un'attesa durata a lungo; per un attimo, sembra che possa rispondere. Poi si ferma.
Sospira di nuovo; questa volta sembra come l'ultima parola di un lungo discorso, che parla di speranza persa, e di fiducia tradita. La mascella gli si serra, ed aggrotta le sopracciglia. Poi si ferma, ancora.
Sospira di nuovo; scuote la testa, ma la sta scuotendo a sé stesso. Chiude gli occhi, e le labbra si inarcano leggermente. Sembra rassenerato.
«No, signora. Non voglio. Non posso».

Lei sembra contrariata; lo è. Lui ha abbandonato l'abbraccio, e Lei gli gesticola sotto il naso.
«L'ha voluto lei. Non funzionerà mai, tra noi. Lei è troppo difficile, e mai contento»
«No, è lei che è troppo disinvolta. E, se non matura, non vorrò mai avere niente a che fare con lei».

Non ci sono più parole; Lui si volta, indossa i guanti, e si avvia lungo il marciapiede. Lei rimonta sulla carrozza, si chiude dentro, e sta.

...o massima immorale

Lui cammina veloce, sul selciato umido. Continua a scuotere la testa, leggermente, come continuando il discorso con sé stesso. Ad un certo punto, la strada passa su un ponte, sotto il quale scorre tranquillo un canale. Si ferma, e guarda le acque limacciose che lente si avviano al mare. Si liscia i baffi. Le labbra si inarcano leggermente, ma questo non è un sorriso, è un ghigno.
«Ed ora la fase due».

Alle sue spalle, la carrozza si è messa in moto.

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Una Messa val bene Parigi?

Premesso che, nell'ordine, non amo fare il turista; se le cose si fanno, vanno fatte con un certo criterio, ché è solo perdere tempo tirarsi in giro come delle trottole avanti ed indietro per il gusto di farlo; se c'è un programma, è giusto che si rispetti, ma prima è giusto che il programma sia fatto bene, pena modificarlo.
Premesso questo, dicevo, nessuno si aspetti una cronaca della gita a Parigi con tutta l'allegra famiglia; e non solo perché sono un po' saturo di cronache, dopo i campi estivi, ma anche perché una lista di musei e monumenti non è punto interessante. Ma, piuttosto, un elenco delle cose significative - non necessariamente inerenti Parigi.

  • In Francia hanno spazio da buttar via; o, se si preferisce, spazio da vendere per battaglie campali - e si coglie soprattutto dall'aereo, donde la Francia è un nero punteggiato da luci di paesi e città, e l'Italia una sola grande distesa di luci, e se non si vedono è perché sei sopra un lago;
  • I canti in latino (messa gregoriana a Notre Dame) interpretati da un coro francese hanno una pronuncia più corretta di quanto ci si aspettasse. Ma se c'è scritto Deus si legge deus, non dius;
  • Fanno tanto i rivoluzionari, ma poi riempiono la Francia di Cappelle Espiatorie per il regicidio, e trattano il presidente di turno - ed i precedenti - come e peggio di Luigi XIV (un historiale per De Gaulle, come da noi non farebbero nemmeno per il Papa);
  • Un centro commerciale aperto, ma con tutti i negozi chiusi: surreale;
  • I francesi di mezza età si dividono in due categorie, salvo eccezioni: gli stereotipi di francese e i post sessantottini impenitenti - sessantenni grigi con pizzetto ed orecchino, robe così;
  • Dover insistere per mangiare in un ristorante francese (o, perlomeno, con piatti francesi). Ci sono, quasi, più ristoranti "italiani";
  • Francesi di entrambi i sessi sono, in genere, magri; ma dev'essere un fatto dovuto alla diversa successione delle portate; in luogo di antipasto-primo-secondo-dolce, qui hanno solo antipasto-secondo-dolce. E non hanno idea dell'esistenza del riso;
  • Non è vero che tutte le strade portano a Roma, tutte le strade portano a Sortie (cioè all'uscita, da mio fratello)
  • Da un lato, la città fa tutta pendant con sé stessa, tetti grigi ed edifici giallini, e questo è un bene; dall'altro, però, dal Cinquecento in poi gli architetti hanno rivaleggiato per pomposo cattivo gusto;
  • Dicono sia la città dell'amore; a me sembra più la città delle effusioni sfacciate - cinquantenni che si danno la manina come liceali, forse dovreste rileggervi Morte a Venezia;
  • Vorrei sapere quanto pagano i parigini di ICI, o di addizionale IRPEF, o delle loro analoghe tasse, perché i vari mairies hanno soldi da buttare;
  • Alla fine, tutto il mondo è paese, però più di fretta.

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mercoledì 20 agosto 2008

Una "Fantonata" - Ardesio 2008


Poiché le cose non vengono mai sole, non basta che stanotte si parta per Parigi, non certo me hortante, o che sia indietro - drammaticamente - con le relazioni di Calcolo, e soprattutto non sia qui a morire d'entusiasmo all'idea di doverle finire, ma ieri pomeriggio sul tardi, mentre annaspavo nelle dimostrazioni, mi chiama Fabio - e contemporaneamente mi emmeesseenna Epo - riferendomi l'invito a passare serata e notte - ed eventualmente giornata successiva - in quel d'Ardesio, alla casa del Geordie che è su in ferie con Pedro. In pratica, il ritrovo della compagnia, ma in Alta Valle.

Questo alle ore diciotto e quaranta, mentre - di lì a poco - ricevevo Fabio e, soprattutto, le sue foto ed i suoi video del campo; ed alle diciannove e trenta si progettava la partenza. Ora, negli ultimi tempi è invalso l'uso di definire una mattata organizzata all'ultimo momento una "Fantonata", perché il Nostro è maestro in queste cose, e - come segno beneaugurale - ci pare buona cosa mettere le nostre trovate sotto la sua protezione; tanto che anche questo post presenta come immagine un'icona del Nostro.

E sono state un diciotto ore intense, sebbene, fì che fó, non che si sia fatto poi molto.

Infilati nello zaino una maglietta di ricambio ed il sacco a pelo, siamo partiti rombando, e fermandoci dopo meno di dieci minuti all'Esselunga di Nembro, dove la nostra strada incrocia la Val Seriana, per prendere qualcosa di cui fare omaggio ai nostri ospiti; tappa, in teoria breve, che al solito si prolunga per quaranta minuti, onde discutere se la differenza di prezzo tra la birra Splügen e la birra Wührer (detta anche Führer) corrisponda al diverso packaging od alla qualità diversa, o scendere a compromessi tra la qualità del vino ed il costo per il nostro portafogli. Poi, ripresa la strada, arriviamo ad Ardesio sul far della sera, mentre una pletora di ragazzini frequenta l'oratorio e l'antioratorio, entrambi davanti alla casa che ci ospiterà, e troviamo anche l'Anello mancante della nostra compagnia, ovvero il TAR.

Ci siamo dunque tutti e, parzialmente deludendo le aspettative di Fabio in merito a lasciarlo cucinare, il Pedro ed il Geordie hanno già approntato la cena, e dunque a noi spetta solo l'aperitivo - che, col nostro solito costume, rende di fatto la cena superflua, o meglio una stomegata. La cena, abbastanza incuranti dei vicini che - probabilmente - hanno tutta l'intenzione di dormire, si protrae a lungo, mentre mangiamo un chilo di pasta in sei, ci riempiamo di salame nostrano, decidiamo che la birra Führer non fa per noi, o noi non facciamo per questa birra, ed ascoltiamo e ridiamo sguaiati in merito ad aneddoti vecchi di un decennio, od a quelli nuovi, se possono essere utilizzati contro qualcuno dei presenti. Senza un vero motivo, mentre l'orologio si porta verso la mezzanotte, usciamo a passeggiare per Ardesio; ci fermiamo all'oratorio per le caramelle, ma ormai gli unici frequentatori sono gente del tutto sbiellata, e - dopo aver girato fino alla piazza del mercato, senza aver trovato nulla né nessuno - ci fermiamo all'unico bar dall'aria decente del paese, serviti da una cameriera sosia rustica di una giovane Gianna Nannini, e cerchiamo di capire cosa abbiano le quattro ragazze del tavolo a fianco da fare di divertente a Valgoglio (visto che là ci sono solo condotte forzate). Al rientro a casa siamo cotti, messi alla prova e vinti dalla sola cena. Ma il meglio deve ancora venire

Dopo essermi svegliato alle otto in una casa silente, disturbata - ma è il giusto contrappasso - solo dai vicini che si urlano qualcosa da un balcone all'altro, mi impossesso del libro che la sera prima sono solo riuscito ad adocchiare, ovvero Toponomastica del comune di Albino, che però mi lascia presto molto perplesso, perché - se alcune delle tesi ivi esposte sono condivisibili - mi lascia molto perplesso, ad esempio, decidere in modo all'apparenza arbitrario che una volta il termine ha una radice, che so, illirica, ed un'altra una radice ligure, con significati diversissimi, quando le due parole sono identiche. Perché, ad esempio, Bondione dovrebbe c'entrare con l'acqua, e Bondo con i recinti. Poi ci si alza tutti, più o meno presto, specialmente se raffrontato con gli orari a cui mi aveva abituato, soprattutto, Geordie al mare, ed un commando esce per comprare le brioches, mentre un'altra task force prepara il caffè ed il latte.

Dopo la colazione ci prende il dubbio di cosa fare, per riempire le ore prima del pranzo, dopo il quale saremmo dovuti tornare a scendere; ed abbiamo deciso, per ingannare il tempo, di cucinare ininterottamente; abbiamo così avuto zucchine saltate in padella e soffritte, e zucchine impanate e fritte. Bocconcini di pollo delizia, anche se avremmo voluto le mandorle ed abbiamo deciso all'ultimo secondo di non sostituirle con le arachidi salate, e pasta al sugo; poiché alla COOP locale erano sforniti, se non di commesse gradevoli, di gamberetti. Poi, petti di pollo crudi - tanto per provare - ed anguria alla panna montata; in realtà, un innominabile coacervo di sapori, perché mi sembrava il caso di provare. E, dopo aver litigato alquanto con il cavatappi sbilenco, anche bagnato dal miglior vino che avevamo a disposizione, un Valpolicella del 2005 - consumato con moderazione, anche perché una bottiglia per cinque non permette di bere più di tanto, e poi si doveva guidare, ed andare a casa a studiare (cosa non fatta, my fault). Per poi tornare giù, decisamente satolli ed a rischio appiocco, anche perché la quantità di pasta era la stessa della sera di ieri, ma eravamo in uno in meno e c'era molto altro da mangiare.

Attualmente, è allo studio per il mio rientro da Parigi una due giorni escursionistica con l'anello Valbondione-Coca-Curò, non fosse che c'è da svegliare un po' Fabio che ha sempre paura di aver male alle gambe; intanto, le sette ore dell'altro giorno, smarriti tra i contrafforti e le nebbie del Pizzo Tre Signori, non hanno avuto un grande effetto fisico, ma ora la montagna in questione è nella mia lista nera, come lo è stato per un paio d'anni il Resegone; cioè in quella delle cime da salire a qualsiasi costo. E vedremo chi è più duro.

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martedì 19 agosto 2008

Cronache dal Campo - I luoghi

Sono ora online, raccolti in un pratico file di GoogleEarth, tutte le passeggiate e le escursioni dei nostri campi estivi. Considerato che è un lavoraccio, fingete almeno che vi piacciano.

Inoltre, qualcuno mi ha chiesto dei video girati in questi giorni, se mai finiranno su Youtube. Premesso che io ne ho raccolti, per ora, pochissimi, e di questi quelli presentabili stanno sulle dita di una mano, fatemi avere, che oggi e domani sono ancora a casa - ad ogni modo, finiranno, come di consueto, sull'account di aaaamisu. Ed anche altre foto, specie quelle delle medie, che non ne ho nessuna. Anche per quelle, tenete sotto controllo gli album Picasa di Amisù.

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lunedì 18 agosto 2008

Cronache dal Campo: Day 17 - 15 agosto

Uno si aspetta che, il mattino dell'ultimo giorno, il clima del campo sia significativamente più commosso del consueto. Oppure, come minimo, più frenetico. Invece, quando apro gli occhi, come sempre accolto dal fragore del Rio Nero, la stanza è addormentata, o quanto meno lo sembra. Il primo rumore di origine umana è una delle mogli, che viene a raccattare robe da infilare in valigia. Per fortuna che ci sono le mamme, insomma, che in cucina stanno già affettando gli affettabili, che diventeranno affettati da inserire nel pane, cioè il nostro pranzo; mamme, se non ce ne si fosse accorti, un po' apprensive, tante da essere scese in due alle sei del mattino, per verificare il motivo della porta aperta del Mulino, sia mai che un maniaco omicida si sia spinto fino ai mille e tre e, armato di mannaia, abbia deciso di far strage di dodicenni...ma, se da un lato l'apprensione appare eccessiva, dall'altro risulta utile perché è servita per tenere traccia dei movimenti non autorizzati nella notte, avvenuti dopo che l'ultima ronda si era ritirata, ed in sufficiente silenzio perché, all'alba, solo alcune delle notizie, frammentate e frammentarie, fossero riuscite a diffondersi.

Mentre il cielo e le nubi continuano a mutare, passando da brutto brutto a brutto, per bruttissimo e forse si fa fuori, decidiamo di azzardare la messa all'aperto; e - secondo me in seguito alla lettura di alcuni capitoli del Piccolo Principe che non avevo calcolato - arriva qualche goccia, che ci fa accelerare, e poi - a messa finita, mentre si caricano i pullman - inizia a piovere seriamente, e nuovamente cala (o sale dal fondovalle, boh) la nebbia. Dopo esserci divisi tra terza media e privilegiati da una parte, e resto del mondo dall'altra (divisione che mi vede contrario, ma ricalca quella dell'andata, e poi in qualche modo bisogna procedere), scendiamo a raggiungere la Statale Aurina, e ci infiliamo in coda, come se tutto l'Alto Adige volesse scendere a Brunico, ma più probabilemnte la ragione del caos è la Festa di Ferragosto di Campo Tures, che ci tiene inchiodati per quaranta minuti mentre sfila tutto lo sfilabile, dal soccorso alpino a tizi che vanno in giro in fiamme - o immersi nell'acqua delle viti, ché l'effetto è simile). E così perdiamo tempo, mentre non si capisce se dovremo fermarci nuovamente ad Arte Sella, ché questo è un altro gruppo, ma il tempo dev'essere a dir poco incerto anche in Valsugana; mentre qui piove a dirotto, ed il traffico dev'essere bloccato alle nostre spalle praticamente fin dove c'è una strada, ed in senso opposto da Brunico.

Chissà se in Alto Adige hanno mai il sole. Sia all'andata, che ora al ritorno, il nastro d'asfalto si snoda tra verdi vallate, accanto a torrenti o fiumi più o meno impetusi, tra alte pendici distese di abeti, avvolti da nubi e sotto un cielo di piombo. Anche le viti, che danno questo vino di montagna, trogno trogno, e molto buono, non si capisce dove prendano il sole per fare lo zucchero. Come nei clichet da Studio Aperto, i nostri ragazzi sono - ora, al ritorno, morbosamente attaccati al cellulare, con cui si telefonano, videotelefonano, messaggiano, infrarossano e bluetoothano stupidate gli uni gli altri, telefonano (inserisco queste righe prima che credano che io non li ascolti né li veda) ad amici assenti per raccontarsi le avventure, gli amorini e gli amorazzi, loro uomini fatti a dodici anni (ci sono stato insieme due giorni, ma non che ne avessi voglia. Adesso l'ho passata al tal altro). E si avvicina l'ora del pranzo, e non accenna a smettere, ed il problema di dove fermarci per il nostro packed lunch.

Concordiamo (più o meno) su Trento, che ormai è diventata la tappa fissa dei viaggi per i campi estivi (insomma, negli ultimi due anni ci siamo sempre fermati, e per qualche motivo tornando sul ponte che scavalca la ferrovia, o entrando nell'isola pedonale, o facendo ingresso nella piazza, in faccia al protiro del duomo, è come se non fosse passato un anno, e fossi ancora in giro con il walkie talkie del Brevi, per muovere insieme la colonna). Ma, a differenza della volta scorsa, e di quella prima, ed in sostanza di sempre, a Trento fa freddo (o, almeno, non caldo). Mangiamo in piazza e tentiamo, tra le resistenze più o meno accese, di realizzare foto segnaletiche di tutti i partecipanti al campo, e via di nuovo, giù per la Val Lagarina.

Tra le proteste di alcuni, e l'entusiasmo dei più bambini, ci accompagna il DVD con la serie di Heidi, in cui il don sostiene di aver trovato il proprio modello antropologico di riferimento, il nonno (ed io il mio, la Signora Rottenmeier, faccio una battuta e subito tutti i ragazzi "ehi, questa signora è come il Casati"); almeno fino all'autogrill, dove uno acquista il film di Alvin Superstar, ed i cartoni di quando ero piccolo erano molto più belli.

Ma ormai, superato un violento temporale dalle parti del lago di Garda, siamo in dirittura d'arrivo; e, dopo aver trascinato a ritroso i miei bagagli da Scanzo fino a casa, declinando le molte offerte di accompagnamento, perché volevo tornare così come ero partito, ho potuto finalmente pronunciare, sull'uscio della casa deserta, il fatidico
«Sono tornato!»

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Cronache dal Campo: Day 16 - 14 agosto

I padri, salutisti e sportivissimi, saranno una compagnia eccellente, ma danno qualche problema notturno; fondamentalmente per l'usanza di dormire con la porta del terrazzo aperta, anzi spalancata, che quindi ci si sveglia, sbattendo per il freddo, attorno alle sei. E, il bello dei giorni senza uscita, c'è quiete fino alle otto; tanta quiete, che quasi mi dispiace disturbare, ed infatti do la sveglia senza bussare (o meglio, bussando solo al Mulino perché là non si sono ancora fatte vive - e scoprendo così situazioni di gente che dorme in più d'uno nel medesimo letto). Se il conto dei giorni non m'inganna, questo dev'essere il cinquantesimo caffè nero - ed amaro - del Campo Estivo. I papà partono per l'ennesima impresa alpinistica, che quanto mai ho suggerito loro! (adesso non mi farò più sfuggire neppure un accenno al Giogo Lungo, perché altrimenti questi mi salgono via ghiacciaio, di notte e cammiando all'indietro), mentre noi ci dobbiamo occupare dell'attività, con il Piccolo Principe, la Volpe, amicizie ed affetti, e la mia solita parte di terza media che non perde occasione per degenerare, ed oggi decide in blocco di non essere molto produttiva, ma di concentrarsi piuttosto sulla liaison tra adolescenti, che questi lasciano correre senza tentativo di arginare, come se fossero più soddisfatti di essere al centro delle lusinghe che interessati ad arginare la - erronea - ricostruzione dei fatti che i ragazzi diffondono. Fatta presente la situazione ai miei superiori, ed ottenutone un sostanziale segno di disinteresse, decidiamo di lasciare la cosa a sé stessa (o nelle mani di chi di dovere, che si sperano buone).

Dopo pranzo, il programma prevede di andare, nonostante il tempo non caldissimo, al laghetto di Gais, ma problemi con gli autoservizi Ohenzollern ci costringono a scendere in due tronconi diversi, ed io parto con terza media al seguito. Non pensavo si potesse essere così nonne, a tredici quattordici anni, e camminare così piano, e fermarsi ogni due o tre passi, ed in sostanza dimostrare almeno sessant'anni; salvo poi dover recuperare, e passare a dimostrarne sei, chiedendo di fermarsi al parco giochi e passando i dieci minuti d'anticipo guadagnati nella discesa arrampicandosi sugli scivoli o sulle giostre, e fotografie testimoniano l'evento. Dopo essere arrivati al lago, ed essere stato illuminato a propostio dei costumi del nostro ragazzo anticonformista - sempre all'opposto, tanto da essere sceso per il bosco ripido in infradito, dopo non averle mai messe per tutti i giorni precedenti, solo perché era stato indicato di non metterle. Ancora, il gruppo di terza media si accampa in attesa degli altri. Direi che le ragazze, anche quelle che sembrerebbero meno inquadrabili nel gruppetto di terza media, hanno scelto quale dei due schieramenti supportare, e lo fanno capire abbastanza esplicitamente, ma forse sono gli altri che hanno in testa ancora solo il calcio, beati loro.

Arrivano poi gli altri, tra cui la vistosa dodicenne con bikini colo oro, due taglie più grandi affinché le caschi dappertutto, e quelle di terza che hanno ormai adocchiato i più vistosi di seconda; e si materializzano a sorpresa (a sorpresa solo per gli ignari, ma lo sono quasi tutti) direttamente dal campo adolescenti, Fabio e Fanto, subito a monopolizzare l'attenzione dei (e soprattutto delle) più grandi. Buffo, del giorno, è l'apprensione che si è diffusa, tra ieri ed oggi, a proposito di queste mie note (perché c'è un riconoscibilissimo quaderno su cui spesso appunto, e loro ignorano che in realtà sono cose vecchie, e credono che scriva quello che stanno facendo, dicendo o pensando). Intanto, si spera che i ragazzi abbiano imparato una lezione, utile per la vita, sulla differenza tra Stato e Nazione, in un violento alterco con preadolescenti locali, su dove ci trovassimo in realtà. Torniamo a casa, in attesa della messa; mentre don e genitori si sfogano sui metodi educativi, noi ci occupiamo di intrattenere colui che ho deciso essere il mio erede, che ad esempio ieri, dopo essersi ferito, si è medicato con carta igienica e spago, e non voleva assolutamente farsi mettere le mani addosso dagli adulti, perché era già a posto.

La messa-fac di oggi (cosa che, pronunciata, suona malissimo, ma è un semplice acronimo per facoltativa) è stata la meno frequentata di questo campo, e probabilmente anche del precedente; ma questo ha finalmente permesso al nostro scalcinato coretto a capella di intonare dei canti che sono stati cantati con dignità. Dopo cena (l'Ultima Cena!) è stato velocemente preparato tutto per il film che, per motivi d'età degli spettatori e - soprattutto - di tempo, è stato scelto essere El Cid, una specie di versione consolatoria della vera leggenda (non ch'io m'intenda di medioevo spagnolo, diciamo quella eternata dal vecchio film e dalla campagna di Age of Empires II); film che non ha riscosso unanimi consensi, specie da parte di qualche rumoreggiante animatore che, non so se perché io cominciassi a patire la stanchezza dopo sedici giorni di campo (ma non credo, perché più che altro ad infastidirmi è stata la spocchia, e non che a me sia piaciuto). Dopo il film, non so bene cosa abbiano fatto tutti. Quando sono uscito, stavano andando a coprirsi per il falò, dove io mi sono subito recato, più a dare assistenza morale ai papà che altro, e certo a portare ad uno di loro il pile affidatomi dalla figlia premurosa, o forse dalla oglie apprensiva. Dopo aver approntato questo espediente scout, ed averlo reso sufficientemente vivace, è arrivato il gruppo in silenzio, e nella lontana luce del fienile, le ombre delle gambe in silente movimento si moltiplicavano quali quelle di un esercito in marcia. Sono arrivati, e c'è stato un bel daffare per convincerli a non mettersi tutti sottovento, ad affumicare come e peggio dello specke delle pile frontali, è stato letto un altro, importante e suggestivo (e questo è quello che non mi piace del libro: che sia suggestivo, ma suggestivo di cosa, non è dato sapere) capitolo del Piccolo Principe; dopodiché, preghiera, e rientro al maso teoricamente in silenzio. Teoricamente per vari motivi, il principale dei quali che noi "grandi" ci siamo fermati al fuoco, perché era un peccato sprecare le braci, e gettare le croste del grana. E, per un attimo, pecchiamo di anacoluto, come diceva il mio prof del liceo: la peggior coppia di fidanzati che abbia mai visto; ché ha la precedenza l'Amica, il che può essere letto in due sensi, che non guasta mai. Comunque, ad un certo punto ci prende il sospetto, benché dal maso non arrivi punto rumore, che su si stia consumando casino, e in due rientriamo a riordinare (ma non nel senso di riassettare). Forse, con una dose overzelante di energia, reprimiamo quelli che vogliono dormire sul terrazzo, tanto piùche è bastato spegnere il fuoco perché iniziasse a piovere; ma, spostando la ritirata più in là, fino all'una meno un quarto tutto è relativamente tranquillo, o viene tranquillizzato.

E si dorme l'ultima notte al fresco (anzi, verso mattina decisamente al freddo, nonostante le doppie coperte) fino al mattino umido e nebbioso. Che, però, è un Altro Giorno.

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Cronache dal Campo: Day 15 - 13 agosto

Bisognerebbe costruire un monumento alle signore, le cuoche e le mamme; ed anche ai due papà che sono scesi a Campo Tures alle quattro e mezza, per prendere il pane per i pranzi al sacco e per prepararli. Forse con troppa efficienza, dato che tutto era pronto alle sei meno un quarto. Solita trafila di camminata all'autobus, per salire a Casere onde raggiungere, di nuovo, il rifugio Brigata Tridentina ed i suoi simpaticissimi (si fa per dire) gestori. A differenza dell'altra volta, quando la partenza era rimasta in forse fino all'ultimo ma poi - almeno per il tratto in salita - era uscito il sole, e comunque era una giornata limpida; stavolta, invece, pur non avendo piovuto neanche nella nottata, e quindi essendo certa da sempre la partenza, la nebbia non s'alzava, e fin da subito s'intuiva che la visibilità, oltre gli zoccoli glaciali di Lahner Alm e del rifugio, sarebbe stata pessima. Ed il freddo, come al solito, mette le ali ai piedi nei primi chilometri; finché il misto di freddo e sudore costringe a coprirsi, ed il fatto che, così camminando, il mio gruppo di testa avesse seminato tutti gli altri, mi fa fermare, affidare la testa del gruppo ad uno degli adolescenti, e doveva scontare il fatto di non esserci arrivato la settimana prima, ad attendere il gruppo di mezzo, per portarlo su lungo la Scala Tortuosa.

Quando arriviamo allo scollinamento, quello che dovrebbe essere il rifugio è una sagoma indistinta in una nebbia indistinta; né tale nebbia accennerà a sollevarsi, finché rimaniamo in quota; solo, nei momenti fortunati, si vedrà il fondovalle. È un po' buffo indicare monti, passi, ghiacciai e mostrare una pagina bianca. Sommando il freddo, le condizioni meteorologiche che rendevano inutile la salita in Austria, e l'innata simpatia e disponibilità dei gestori austriaci del rifugio, subito dopo pranzo siamo scesi, e più o meno atleticamente abbiamo raggiunta la chiesa all'imbocco del sentiero, dove ho sperimentato per qualche quarto d'ora la vita del pastore, cioè steso sotto una pianta a sonnechiare ed a guardare che i ragazzi non cadano nel torrente (che, a dire il vero, sarebbe stato abbastanza inevitabile: al limite, ad avvisare che erano caduti). Ecco, direi che è la cosa più simile al buon tempo che abbia fatto in questi giorni. Ma, mentre gruppetti sciamavano verso il bar sull'altra sponda del ruscello, per comprare il gelato e tornare coi sottobicchieri della birra, onde farsi belli finché qualcuno non avesse scoperto il trucco, si consuma la tragedia della giornata; tragedia retorica, come Shakespeare chiamò il suo Giulio Cesare, frutto ultimo e visibile (perché alcune piangono) della guerra sottotraccia tra società sportive, ciascuna con il suo giro di amicizie ed il proprio harem (benché alle ragazze faccia anche comodo stare in mezzo, contese da cavalieri serventi). Tragedia che si trascinerà, con tuonante discorso alla Savonarola del don dal pulpito (uno dei migliori di sempre, tra l'altro) ed anche con un mezzo tentativo di sciopero della fame. Ma, sarà il mio guardo distaccato o il mio cuore di basalto, sarà la verità delle calde, la faccenda mi scivola abbastanza addosso; ed è più divertente assistere alle schermaglie dei pochi adolescenti che, ad esempio, sotto lo sguardo radar dei genitori, che però sono attenti solo ad alcune cose e meno ad altre, fanno strage, indipendentemente dal fatto che siano feroci ultras 'tècabega o miti scout I puffi sanno, di microrane appena mutate, escogitando sempre nuovi supplizi, in competizione con gli sterminatori della lettura di Ezechiele, che ho la ventura di proclamare. Dopo essermi avvicinato ad una di terza media che ascoltava un iPod vintage (concetto in sé contraddittorio, ma i testimoni possono confermare che rende l'idea), per farmi un po' un'infarinatura dei gusti di questi giovani...per rimanere sconvolto, perché si andava dalla colonna sonora di High School Musical alla suite "Un americano a Parigi" di Gershwin, dalla deteriore commerciale anni '90 ai pilastri del rock classico. Tutta colpa, senz'altro, dei 60 GB di disco che spinge a caricare senza pensarci più di tanto; per quanto riguarda il gusto, con il tempo si farà, credo.

Tornati a casa, con tutta la trafila di autobus a ritroso, troviamo la rediviva (e, stavolta, si spera definitivamente) Arianna, che da quando è iniziato il campo ha passato più tempo a letto che tra noi. Dopo la messa, cui si è già accennato, è venuto il momento della cena che - nonostante la fame post camminata - non ha riscosso molto successo, anche in seguito al tentativo di digiuno di solidarietà; e, dopo i servizi, preghiera e "messa a letto" dei ragazzi, con meno decisione del solito, ché già in tanti sono crollati.

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Cronache dal Campo: Day 14 - 12 agosto

Finalmente riesco ad alzarmi dal letto ad un orario decente, cioè prima del don, e più o meno insieme ai padri. Ancora, finalmente il pane è arrivato ad un'ora decente, e la sveglia la do io, come da costume. Ho già detto che adoro questi ragazzi? Ecco, poiché le mie sveglie sono abbastanza energiche, stamattina il Casati ci ha svegliato a calci rotanti. Dopo colazione, l'attività del giorno è travestirsi da personaggi dei vari pianeti incontrati dal Piccolo Principe, ed mio distinto Uomo d'Affari se ne sta a prendere il freddo per ore in camicia, cravatta e giacchetta, mentre le nuvole sempre più plumbee scendono dal Sasso Nero, e coprono lentamente le cime più lontane ed i ghiacciai, finché non rimane traccia di quello che c'è oltre il primo zoccolo glaciale, ed infatti una delle ragazze, dotata di indubbio spirito d'osservazione, scommette che non esistono altre montagne, e perde e deve pagae pegno, un bacio a stampo, a proposito del quale vengo edotto trattarsi di un bacio normale, e deduco che sia una specie di formula tipo entro e non oltre, necessaria alla formalità della scommessa.

Nel pomeriggio, mentre fa sempre più freddo, minaccia pioggia sempre più insistentemente, e sempre più strati di lana mi separano dal mondo esterno, giochiamo i tornei, ma più che altro giochiamo a fare e disfare le squadre, visto che, lasciando fare a loro, giocherebbero solo in ventotto su sessanta. Il tempo passa e così la temperatura, mentre il cielo rimane coperto, ma non scappa che qualche goccia di pioggia. Mentre osservo i ragazzi e le ragazze che giocano, capisco nell'ordine 1)perché le scale ogni giorno si riempiono di sabbia, dacché ce n'è un mucchio che servirebbe per l'ediliza, credo, e quattro o cinque, come all'asilo, ci giocano dentro; 2) cosa, in una delle ragazze, mi ricorda la sorella maggiore, ben piazzata nelle mie grazie: occhi e naso; 3) che, dopo aver deciso che padre mi piacerebbe essere, ho stabilito come tirare su i miei figli. Bene. Adesso arriva il difficile.

La cosa più divertente di questi giorni, comunque, è la spada di Damocle che mi curo di appendere sopra la testa delle nostre adolescenti al seguito, con la ventilata mossa del blog, o la più esplicita di parlare direttamente con i genitori, presenti, con cui divido il desco, e che ascolterebbero volentieri. Per ora, sono solo risate. Spero che prima o poi arrivino le lacrime. Dopo cena, serata d'animazione.

Io avrei un'informazione con la quale sconvolgere un'adolescente, ma per ora mi trattengo; e raccolgo attorno a me una piccola folla di refrattari al ballo, cui narro i primi giorni di queste cronache. Poi si va a letto presto, in buon silenzio, perché l'indomani la sveglia è alle 5.30; e non per finta, checché ne pensino, fino all'ultimo, i ragazzi. La disciplina è buono nonostante l'eccitazione da balli, e devo solo fare una lieve strigliata alle ragazze di terza media, che si sono svegliate dopo tre giorni di coma, ed alle signore che rumoreggiano più del solito.

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Cronache dal Campo: Day 13 - 11 agosto

E già la seconda mattina il ritmo naturale delle cose, come se il giorno prima fosse stato una specie di Carnevale della Sveglia. In altre parole, siamo noi a svegliare loro e non viceversa. Derubandomi dell'incarico, le due adolescenti al seguito delle famiglie si occupano di passare nei piani e ricordare ai ragazzi che, oggi, avrebbero scoperto la differenza tra una passeggiata ed un'escursione, essendo che si sarebbe andati a Schöllberg Alm. Dopo colazione e distribuzione dei panini, messa in pericolo dall'inusitato ritardo del misterioso "Gnomo del Pane", ci incamminiamo verso Schwarzenbach Alm per prendere il sentiero - che ci aveva dato problemi già con gli adolescenti - che circonda tutto il Monte Lupo, ed entro un paio di tentativi la imbrocchiamo, e non capire come abbiamo fatto a non trovare l'imbocco la volta precedente. I ragazzi delle medie camminano in modo molto più compatto; nessuno corre avanti a chi guida la fila, e soprattutto nessuno osa fermarsi prima del più bello, al ponte di Stallila. A Schöllberg Alm è un'altra giornata di sole, minacciata invero da un terrificante temporale che, però, come è sceso dallo Schwarzenstein così ci è tornato, ed i ragazzi in quantità si sono buttati a fare il bagno nel torrente; sperando di avere abbastanza tachipirina per i giorni a venire.

Il rientro è rapido, e per l'unica volta nei due campi otteniamo che l'animatrice da sempre chiudifila tagli per prima il traguardo, almeno una volta, almeno da qualche parte.

Nuovamente le docce e, poiché sembra che sia stato neutralizzato il commando-guardoni del giorno prima, un paio di ragazzine deve correre ai ripari andando a fare la doccia nel bagno responsabili, e passando in discinto desabilles in mezzo a tutti ("Ma sotto ho l'intimo"). Prima della messa, dobbiamo anche registrare che - in mancanza di spazio, pare o, meglio, dicono - un due tre ragazzine debbono chiudersi in bagno con un manipolo di ragazzi, per raccontarsi i segreti, e chissà perché sono proprio quelle che segneresti a dito. Alla faccia dell'apparenza che inganna; ma qui, probabilmente, non c'è molto altro, dietro l'apparenza.

A Messa, o - meglio - nel fervorino preMessa, viene messa in luce la più peculiare delle divisioni tra i ragazzi, cioè quella tra Scanzesi e Sisaliani (cioè, tra giocatori della squadra di calcio del paese, la Sportiva, e quella dell'oratorio di Scanzo). E, sarà il differente modello umano di riferimento, con che allo Scanzo tengono solo quelli brillanti, ed i giocatori lo sanno, ma la mia simpatia va ai Sisaliani sempre in divisa, piuttosto che agli Scanzesi che si atteggiano a grandi campioni con assurdi vezzi, tipo il codino in fronte da chihuahua; pur dovendo scontare una giovanile militanza nella Sportiva - che mi hanno detto essere veniale, perché ai miei tempi la Sisal non c'era, e poi non sono di Scanzo, ma di Rosciate, e quindi non si capirebbe perché dovrei giocare nella squadra dell'oratorio del paese rivale. In effetti, c'era in cantiere una società sportiva Oratorio di Rosicate, ma è stato un progetto, per quanto covato da alcuni, presto abortito alla prova pratica. Nonostante la simpatia, è comunque naturale che non sarà questa a farci recedere in quanto a norme disciplinari, e ne combinano parecchie gli uni come gli altri.

Dopo cena, mentre noi adulti gustavamo lo strudel regalatoci dal panettiere che, sacco di pane dopo sacco di pane, si sta costruendo una villa alle Maldive, bisogna iniziare a trattenere i genitori che - preoccupati, alcuni a ragione altri con meno ragione - dell'igiene morale delle figlie, bevono il caffà con un occhio retroflesso, a cogliere quello che succede attorno a loro. Vorrei avere - anzi, no, vorrei essere - un padre così (con lo scialpinismo e tutto il resto). Dopo aver guardato l'impagabile Cappuccetto Rosso e gli Insoliti Sospetti, e le scene tagliate, tra le quali entrerà nella storia "Segui l'uovo. Le uova galleggiano sempre verso sud", il rientro a letto è stato ancora più pacifico del giorno precedente, salvo la cagnara della mia camera, dove padri madri figlie facevano a gara a chi si dava più sulla voce, tanto che il don, entrando e facendo il verso al trampoliere del film, se ne esce con "imbarazzo..." e si allontana. Noi (da intendere in senso maiestatis) scrolliamo le spalle, perché niente ci imbarazza, di queste cose, e tutto ci è noto; e ci divertiamo con l'oscura e ventilata minaccia (che poi non è una minaccia, ma è verità) di pubblicare queste noite, e si sa mai che sfugga, da qualche parte, un nome o criptiche iniziali, ma non abbastanza nascoste.

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domenica 17 agosto 2008

Cronache dal Campo: Day 12 - 10 agosto

Il primo pensiero prodotto, al mattino, è che questi sono pazzi. Avevamo la sveglia alle 8.00, e dalle sette meno venti tutte (o quasi) le stanze si sono animate ed alzate, ed hanno incominciato a prepararsi ed a rumoreggiare. Al punto che, al contrario del solito, sono stati loro a svegliare noi e non viceversa. Ed abbondantemente prima delle otto. A mio avviso, la nuova gestione delle colazioni presenta luci ed ombre: luci, perché c'è la spremuta, ed ombre perché il servizio ha l'aria molto più caotica. Mentre sembra che si sia guadagnato in efficienza, nelle colazioni, pr quanto riguarda il pulire - ma sarà perché lo facciamo noi "grandi". Per le attività, la divisione in gruppi mi assegna la responsabilità di metà terza media, e devo dire che qualcosa di buono c'è, anche a scavare un po' sotto la stupidità ostentata di qualcuno.

Più tardi messa domenicale, con esclusivo accompagnamento a capella di Michaela e mio, perché il nostro chitarrista rock non conosce gli accordi, ed a parte incomprensioni sulla nota d'attacco di Quale Gioia credo ci siamo disposti in un intervallo vocale di una quinta esatta (cioè, è come se cantassimo con gli accordi). Nel pomeriggio, per tiempire i tempi, altra passeggiata verso Rio Bianco (Weissenbach). Passeggiata che, per l'apprensione e per la cura delle mamme, prevede scarponi obbligatori; io vengo con sandali e piedi scalzi, e mal me ne incoglie, ché nel risalire le prime pendici del Montebello (Schonberg), tentando di usare una gentilezza all'austriaco felice che sfalciava il prato in mezzo al mio sentiero, ci infiliamo ad aggirarlo nel bosco peggio tenuto di tutto l'Alto Adige. Per poi vedere che l'agreste tagliaerba ha tolto il distrubo, e gli ultimi entrano tranquillamente nel prato. Incomincia un lungo traverso per pascoli e brevi tratti di bosco insidiosi d'ortiche, finché un gruppo di raccoglitori di ribes, attardatosi, si perde, e ci fermiamo proprio sopra Oberegger per fare merenda; scendiamo per la vecchia strada fino ad Innerbach, vecchia strada ormai per lunghi tratti completamente abbandonata ma ancora segnata sulle mappe, dove l'asfalto riaffiora, a chiazze, sotto l'erba di questo Verdecammino. E, con grande gioia di tutti, si fanno fare le docce.

Devo riconoscere che questi ragazzi sanno essere simpatici, almeno in parte; ad esempio, edotti del fatto che la nostra sistemazione è nella Valle di Rio Nero, che si cammina verso Rio Bianco, e che l'indomani saremmo andati a Rio Rosso, qualcuno aggiunge che, a camminare ancora, saremmo presto finiti a Rio De Janeiro; e, dall'altro lato, mi hanno - non so bene per che motivo - equiparato a Chuck Norris, dacché Il Casati ha contato fino all'infinito. Tre volte. Mentre scalava questa montagna con una mano sola. e cose del genere; e, dopo il gioco notturno, identico a quello degli adolescenti, anche Maestro Casati, o Lord Casati. Il gioco notturno, appunto, ha sollevato qualche problema. Il primo, di tipo tattico: sarà stata la paura del buio, sarà stata la poca fortuna ma i ragazzi si sono mossi in gruppo, e per caso dalla parte sbagliata; e dunque sono passati al Lato Oscuro a decine alla volta, anche perché i papà giocano con troppa serietà, e seminano strage; il secondo problema è di tipo sociale, per via dei rapporti fattisti tesi con l'inferocito vicino di Ausserbach Hof, che ha liberato i suoi cani contro i ragazzi, ed è sceso a minacciare denunce. ed ha fatto finire il gioco in anticipo; il terzo, e ben più grave, di tipo etico, perché così facendo ha vinto il Male, e Darth Fener ha ucciso Obi-Wan prima del tempo. Ma la seconda sera del campo è stata fantastica. Tutti a letto quasi subito, e comunque in silenzio. Adoro questi ragazzi, che basta alzare la voce una volta, e tutto tace. E sarà sempre meglio, credo. perché li stanchiamo sempre di più, e saranno sempre più debilitati ed assonnati. Ed anch'io dormo sempre meglio, nonostante la camera sia affollata ed i papà, calorosi, dormono con la porta-finestra spalancata. Così si irrobustisce e diventa più vigoroso il mio mal di gola.

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Cronache dal Campo - Conclusione Campo Ado

Sulle prime ero convinto che il secondo fosse un concetto espresso da S. Paolo; poi, dopo aver scartabellato tutte le sue lettere, che l'avessi sentito chissà dove o me lo fossi inventato; poi, ancora, rientrato a casa, ho fatto una ricerchina su google, ed è saltato fuori essere di S. Tommaso. Il che mi rassicura, sono meno eretico di quanto pensassi. Ad ogni modo (e ricordate le fila di intepretazione):

Le profezie scompariranno; il dono delle lingure cesserà; la scienza svanirà. La carità non avrà mai fine. Ora esistono tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità. Ma un giorno la Fede finirà, perché vedremo ciò che ora crediamo; la Speranza avrà termine, perché avremo ottenuto la nostra Speranza; ma la Carità rimane per sempre. Perché la Tua Verità è la Carità

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Cronache dal Campo: Day 11 - 9 agosto

Al mattino, evidentemente, tutto tace. Anch'io. Prima che rivolga la parola a qualcuno passano quarantacinque minuti, e tali parole sono mi raccomando, svegliate solo chi merita, e di fatto la sala da pranzo si riempie solo o quasi di ragazze, ma purtroppo anche i fautori della rivolta si svelgiano entro il tempo massimo (col senno di poi, avremmo potuto anticipare la sveglia, senza dirlo). Il programma mattuttino è abbastanza frenetico, perché pende su di noi la spada di Damocle dei ragazzi delle medie il cui arrivo è atteso entro metà mattina, per il cambio della guardia. Nella veloce pulizia delle camere, emergono relitti del tempo che fu. Derrate bastanti a sfamare una persona per una settimana, le marmellatine, scomparse dalla dispensa da giorni, sono rinvenute negli angoli reconditi delle camere, da sotto i letti e - quasi - nelle vaschette dei water.

Io - un po' meno diligentemente degli altri, ma del resto dovrò solo cambiare di camera - sistemo le mie cose e le porto dabbasso, giusto in tempo perché mi venisse chiesto cosa stessi facendo, e mi fosse detto di riportare tutto di sopra, prima che qualcuno caricasse la mia roba per sbaglio, nella camera di fronte alla mia. Ed intanto c'è da preparare la riflessione-summa, e vedere di prendere un po' di misure per il rito dei saluti; che, con il fatto che quest'anno il campo adolescenti è durato dieci giorni, sono stati molto meno strazianti del solito, e questo non è un male. Dopo la lunga messa conclusiva, con condivisione che, di fatto, è coincisa con l'intervento da parte di tutti o quasi, il pranzo a base di pasta fredda e la lunga attesa di quelli delle medie, del dolore e della partenza. Cosa devo dire, io, del Campo Ado?

A parte la rabbia, a parte il poco sono, a parte alcune fugaci preoccupazioni non degne di me, la mia verità sul campo va ricercata nella mia Conclusione, nella terza fila delle interpretazioni. Che penso, non per sfiducia, che ben pochi riescano ad intravedere.

Ma il tempo è giunto, ed inizia il Campo Medie. I miei soci, come si dice, scendono, e rimangono alcuni adolescenti ed un paio di giovani. E si dirige il traffico dei borsoni, e si iniziano a prendere le misure del campo da calcio. Ai ragazzi delle medie serve per giocare, ed alle ragazze serve per guardare i ragazzi, come in una sorta di Non ci resta che piangere, ma alla rovescia. Si sistemano le camere, e si ripetono in sedicesimo le polemiche sulle dimensioni, e le ragazze protestano per il Mulino, lezione di sobrietà che abbiamo deciso di impartire loro. Ed usciamo per la prima passeggiata, che mira ad attirarmi gli strali di queste mamme iperprotettive, che ci accompagnano ed hanno insieme il compito, arduo ed ingrato, delle moderacasati. Fortuna che ci sono i padri, ma di questi parleremo compiutamente in un'altra occasione. Per ora limitiamoci alla cena, abbastanza parca e sembra essere un caso unico, ed all'inizio delle attività. Ed alla prima notte, che li vede ipereccitati ma non cattivi, rumorosi ma non maliziosi, ed infine placidamente addormentati. Ma per poco, perché l'indomani si svegliano alle 6.30, un'ora e mezza prima di quanto fissato. Ed io dormirò tranquillo per la prima volta, in camera con don, i padri ed il piccolo Paganoni, sulle prime eccitatissimo o - con le sue parole - quanto sono felice!, e presto moderato perché, pur invitato ad essere meno felice, saltando sul letto a castello prende una botta in testa che ne basterebbe la metà, e si placa.

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sabato 16 agosto 2008

Cronache dal Campo: Day 10 - 8 agosto

Birnlücken Hütte, o non è un sentiero per vecchi

Il mattino (o meglio, la tarda notte, ché la sveglia per me suona - metaforicamente, perché non ho mai avuto bisogno della suoneria del cellulare - prima delle cinque, per verificare il tempo), si osservano umidi vapori e soffi di lampi che si inseguono sulla mia testa, e poi giù sopra Lutago, fra le cime della Valle di Riva e poi giù nel fondovalle. Ma sono come gli ultimi scoppi dei fuochi d'artificio, e verso le cinque il tempo, pur restando minaccioso, dà evidente segno di calmarsi, e si decide di dare al sveglia e partire. In effetti, già prima delle sette, mentre la nostra colonna assonnata scende a Klammerhöfe per prendere l'autobus, il cielo si sta aprendo di sereno. Il viaggio verso Casere è lungo, anche perché la compagnia è quasi integralmente addormentata e c'è poca conversazione da fare. Alle otto meno dieci, sbattendo per il freddo e guardando con invidia l'Epo che sembra resistere in canottiera, briefing sull'escursione del giorno e preghiera del mattino.

Il sentiero (la stradetta) si inoltra pianeggiante verso la testata della Valle Aurina (ormai l'ho capita, Ahrntal), tra alpeggi ameni ed il torrente spumeggiante, per chilometri ombrosi e freddi, fino a scontrarsi sul primo zoccolo glaciale, e ad affrontare la via dritta fino a Lahner Alm (1980 m), che era la tappa intermedia, che in teoria - facendo affidamento ai tempi delle guide - doveva essere l'obiettivo per i non camminatori, ma - a parte una che era oggettivamente e seriamente inferma - gli unici a fermarsi, in cinque, lo hanno fatto molto più per poca voglia, o per interessi altri rispetto alla condizione fisica ed alle condizioni della montagna. Dopo la malga Lahner c'è una vasta piana acquitrinosa - ed è l'unica zona umida convincente trovata nelle nostre escursioni, e poi un nuovo, cattivissimo, zoccolo glaciale, che per analogia chiameremo la strada tortuosa, e che per oltre quaranta minuti di ripidi stretti tornanti da sputare sangue e non solo. Ci si alza, una rampa dopo l'altra, senza avanzare di un metro, ma solo innalzandosi come in ascensore, finché si sbuca nella testata della Valle Aurina. Non che il sentiero si plachi, fino al poggio su cui sorge il rifugio Brigata Tridentina (2441 m), preannunciato dalle bandiere gemelle (come De Vito e Schwarznegger, cioè una minuscola e l'altra enorme) di Italia e Tirolo, il che indica che si tratta di un rifugio CAI, perché gli altri non hanno quella italiana, e da una croce in ferro battuto e smaltato di rosso. I rifugisti - questi sì, veri rifugisti e non albergatori - si informano sulla nostra meta e ci informano sul meteo, preannunciando grandine; infatti, il cielo si è già nuovamente chiuso. Con un piccolo gruppo, dopo esserci ricompattati, proseguiamo per la nostra meta definitiva, la Forcella del Picco che ci separa (o unisce, termine esatto trattandosi di un evidente valico commerciale) dall'Austria, e la raggiungiamo spazzati dal vento, e reclamiamo al sacro suolo della Patria e del Re almeno cinque metri del territorio oltre il confine austroungarico, confine varcato in armi, cioè armati da racchette da escursionismo. Abbiamo poi mirato ad ottenere posizioni lungo la cresta sud, ma l'inizio di avverse condizioni meteo ci ha impedito di completare lo schieramento, che speriamo poter concludere la settimana successiva, quando saliremo con le medie. Sul confine abbiamo poi girato un video che testimonia l'uso, ancora attuale, del passo per il contrabbando di generi di consumo quali i cappelli tirolesi.

Scesi al rifugio ci siamo accorti che la poca pioggia gelata che avevamo preso non era nulla al confronto con l'acqua e la grandine che aveva afflitto le nostre retrovie, e con quella che renderà un tormento la spedizione del secondo gruppo al confine. Dopo aver esasperato il rifugista per la nostra prolungata e chiassosa permanenza, abbiamo intrapreso la discesa, interrotta da soste alimentari alle varie malghe gestite lungo il percorso, recuperando per strada i nostri figli perduti di Giuda, provando un bicchiere di retrogusto (succo di sambuco!) ed aspettando che gli elementi si scatenassero, ed arrivasse il nostro autobus. Gli elementi, che in fondo ci sono stati soltanto mediamente avversi, decidono di infierire contro di noi nelle poche centinaia di metri che separano la fermata dell'autobus dalla casa, ed arriviamo tutti fradici; ma non ci abbiamo mai messo così poco a fare questo tratto di strada. Il maltempo fa saltare anche i programmi di falò vari per la serata, in quanto - anche se non piove più così forte - il cielo è minaccioso e coperto. Curioso è il fatto che il temporale abbia intorbidato le sorgenti, e l'acqua sia di un gradevole color grigio terra; non diciamo le rivolte per la doccia.

Ma, se di rivolte si deve parlare, allora passerà alla storia, nelle pagine della colonna infame, la notte - o meglio, il tempo dopo l'ora di ritirata. Individuato e ritirato il nettare per libagioni non autorizzate giù al Mulino, e terminato il film-facoltativo, che avremo visto sì e no in dieci, è il momento di mandare a letto gli adolescenti, troppo stanchi per tutto fuorché per fare casino. Iniziano male, perché al gentile (e, stavolta, non è ironico) invito a ritirarsi nelle proprie stanze nei confronti di quelli che erano nella stalla, al calcetto o sotto le promiscue coperte dell'esterno, salta su un irragionevole - e palesemente alterato, fossero ormoni alcolo o droga non mi si è lasciato indagare, ma ho chiaramente le mie idee - tribuno della plebe, che inscena una rissa alla G8 ad un richiamo più fisicamente esplicito. Essendosi così fatta tesa la situazione, ed aggravata da inutili ed infantili sottospecie di vendette trasversali, le disposizioni che ricevo sono ritirarmi nella mia stanza e lasciar esplodere le contraddizioni. Improvvisati comizi, moti oscillatori tutti fuori, tutti dentro, violenti contrasti in loro seno, e situazione ampiamente fuori controllo perché siamo stati bravi (eh?) per una settimana, oggi facciamo quello che vogliamo, e vogliamo essere liberi ed autorizzati a farlo sono i rapidi passi verso la catastrofe pedagogica che deliberatamente alcuni di noi teorizzano; ma qualcuno di noi teorici, e facciamo nomi, Eriberto, interviene prima della catastrofe finale, ed a mio avviso così si perde un po' di incisività, sgridandoli ed insaccoapelandoli prima che si ammazzino fra loro, che è - in fondo - quello che vogliamo.

E paziente, immobile ed inattivo in camera mia - come da ordini - annoto ed annoto, né verrà perduta una sola loro parola. E ci si addormenta per l'ultima notte.

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Cronache dal Campo: Day 9 - 7 agosto

Altra mattinata radiosa; sembra che si concentrino nei giorni nei quali non andiamo in montagna. La colazione, che segue la sveglia come da timetable giornaliera, e cioè alle otto, è come al solito caratterizzata da composta sobrietà; ossia, da marmellatine a volontà (composta) ma poche fette biscottate (sobrietà). La notte era stata combattuta, ed abbiamo constatato quanto, in effetti, le polemiche sulla piccolezza delle camere ed il loro affollamento fossero pretestuose; a meno che, come suggeritomi, tutti - i maschi, almeno - avrebbero preferito letti in meno ed armadi in più. Per cominciare, abbiamo ritenuto che uno non avrebbe più avuto bisogno del proprio letto, od almeno delle proprie lenzuola. Si accorgerà della sottrazione solo a notte fonda. Dopo colazione e servizi, l'attività della mattinata è definitiva e - perciò - abbastanza pesante. Oltre ad essere una violenza abbastanza efferata su Platone.

In effetti, può essere che il tempo inizi a far sentire il proprio perso, perché le attività sono sempre meno partecipate ed accolte con più passività ed anche questa, incentrata sul dualismo anima-corpo, rimbalza contro un muro di gomma di abbiamo capito, ok. Poi, ha un bel dire la suora che, comunque, hanno fatto bene l'ora di deserto, perché non è il silenzio ad indicare qualcosa; perché anche le formazioni del Fantacalcio, che in quresti giorni vanno per la maggiore, si possono scrivere in silenzio.

Il pomeriggio si profila libero; in particolare, il don vuole scendere a Campo Tures per visitare il castello, e si tira dietro un gruppetto. Io, allora, ricordando che, ad un quarto d'ora sopra il maso, c'è nei paraggi un parco sospeso, di quelli in cui ti appendi via e cerchi di passare, con tecniche sempre più diaboliche, da un albero all'altro, racimolo un mio gruppetto di impavidi (o, per meglio dire, di impavide, in quanto, a parte noi tre educatori d'accompagnamento, io Epo e Fabio, le interventue sono solo ragazze - o, per dire ancora meglio, non proprio di impavide, o almeno non tutte) ed andiamo a sfidare la forza di gravità. Per dirla alla bergamasca, il percorso è stato un cinema; tra quante mangiano con gli occhi l'istruttore, ma subivano le attenzioni del garzone, attenzioni pesantemente ricambiate in un primo momento, salvo poi rimangiarsi atteggiamenti inequivocabili perché equivocabili, crisi d'isteria dovute all'albero, alle formiche, alla corda, ai moschettoni...e poi i novelli Tarzan e Jane che si allontanano per vie oscure e solitarie, e dove andassero solo Dio sa, e noi maligniamo. Tornati belli sdernati, ed abbondantemente ricoperti di resina, viene il momento della messa e della cena. Nel dopocena, mentre da un lato, scuotendo la testa osservo lo sfuggire alla Peter Pan di alcuni di loro dalla responsabilità dei loro anni e delle loro azioni, dall'altro aspetto sotto la pioggia, ché la bella giornata ha preparato violenti temporali, che il don prepari la propria Bariccata, in modo di andare a dormire, ché per la montagna dell'indomani la sveglia sarà alle 5.30. Mentre si legge una storia sul bambino Platone, una dopo l'altra cadono addormentate le teste degli astanti, benché ormai si sappia che è solo una finta, e che appena si dirà "a letto", tutti salteranno su come molle, per finire il sudoku, salutarsi gli uni gli altri (e quindi $((69),(2))$ volte), andare a prendere il caricatore del cellulare, o della PSP, o della batteria dell'auto; o c'è la terzultima, la penultima o l'ultima sigaretta, e le ultime chiacchiere, e i pettegolezzi che, nelle 18 ore di veglia precedenti non si è proprio riusciti a diffondere.

Dopo tanti giorni, passo alle cattive. In particolare, non tanto con quelli che sono in giro, ma con quelli che lo ritengono un loro diritto. Forse troppo con le cattive, nel senso che può essere che qualcuno si sia trovato aggredito con meno preavviso di quello d'ordinanza (chi va là?pausa-chi va là?pausa-chi va là?pausa-sparo) ma solo chi va là?sparo, magari senza avergli dato tempo di rispondere. Ma, alla fine, pur tra mugugni e polemiche, sono stati infilati a letto. Notte tremenda, sotto il profilo meteorologico, e levata ancor prima delle cinque per tener sotto controllo l'evoluzione dei temporali. Ma è già domani...

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Cronache dal Campo: Day 8 - 6 agosto

Doveva essere una giornata di decompressione, e per i più probabilmente lo è stata. Comunque, nonostante le aspre premesse, al mattino non molti si lamentano per il mal di gmabe o di ginocchia; ma, tanto, the best is yet to come, come si dice. Abbiamo ancora la quota massima da raggiungere. Dopo la colazioni, per i miei standard decisamente abbondante, ma che Spormaggiore era tutta un'altra cosa, come serpeggia il malcontento, ed il servizio di sparecchiatura, abbiuamo intrapreso quella che doveva essere la breve attività del mattino, una specie di riflessione mediata da canzoni su quale sia la natura dell'uomo. Attività con cui ho avuto qualche polemica, prima perché basta con Jovanotti, insopportabile guru delle banalità, e poi perché interroghiamoci sull'Uomo, e non su questi uomini che parlano di sé. E perché nemmeno i peggiori adolescenti dicono - come mi è capitato nel gruppo - questa canzone mi piace perché mi ci sono rispecchiato. Mentre tutti i gruppi svolgevano diligentemente il proprio compito e stavano diligentemente nei tempi, quello del don divaga ed approfondisce, lo commuove e ci fa perdere tempo. Partendo quasi con un'ora dopo l'orario convenuto da casa, per scendere a Lutago via Wasserfall, e rimandando al mittente sia gli insulti perché il sentiero era ripido, sia i complimenti perché era bello, siamo arrivati in paese per il rotto della cuffia, peccato che le incoprensioni con l'ATB di quassù ci avevano fatto prenotare l'autobus successivo, ed abbiamo recuerato una mezz'ora-aperitivo. Impagabile la scena, allorché quando, dopo aver ordinato due calici di Traminer, così - in italiano (avevo già notato che se dici calice ti guardano con un gigantesco punto interrogativo stampato in faccia), la barista si mette a preparare due caffelatte. Momenti di panico, ma poi la colazione (alle 12.30!) viene servita a due avventori al tavolo.

Arriviamo a Campo Tures attorno all'una e mezza, e bisogna combattere con le cucine dei vari ristoranti per farsi preparare qualcosa; ma tanto, non è di cibo che siamo affamati; ed una Weizer media (chissà perché non una Weiss, come si dice da noi, tanto più che è Weissbier anche sulla bottiglia) ed una grappa di ginepro soddisfano il fabbisogno di alcol per il giorno, il precedente ed il successivo. Dopo pranzo ci trasferiamo a Gais, o meglio al lago di Gais, o meglio ancora alla pozza di Gais; un'attrazione tipicamente crucca, mezzo metro di acqua limacciosa invasa di bagnanti e prendisola. In mezz'ora mi sono ricordato perché odio il mare. E per la restnate ora e mezza ho rimpianto il vento sferzante e le gambe stanche del giorno prima. Tra l'altro, più interessante del pomeriggio è stato il metapomeriggio, cioè la riflessione attorno al pomeriggio. Un breve sondaggio mostra che nessuno conosce il termine lascivo, ma allo stesso modo tutti sono pronti a giurare di non esserlo, incuranti del ghigno beffardo, non solo sul mio volto, che accompagna alcuni dinieghi. Intanto, nel pomeriggio è stata sperimentata l'unità di crisi in caso di smarrimento di persone. In sostanza, la suora non si è fatta trovare per mezz'ora, per vedere quando ce ne saremmo accorti; ce ne siamo accorti entro dieci minuti, e ce ne siamo immediatamente fatti una ragione. Al suo ritorno, con lamentele, le è stato placidamente risposto che ci saremmo comportati allo stesso modo anche se si fosse perso un adolescente. Mentre tutti, al ritorno a casa, si affrettano alla doccia, il tempo passa e ceniamo ad un orario significativamente indicibile, dopo la messa facoltativa che ha riscosso ottimo successo di pubblico. A cena, evidentemente si festeggiava qualcosa perché dalle cantine del don è uscito un po' di Montalcino, e così la giornata ha avuto il titolo di migliore per quanto riguarda il consumo moderato e responsabile di alcolici.

Dopo cena, mentre pioveva e ci si interrogava sulle previsioni del tempo, si organizza una serata di giochi musicali, ed è inutile dire che noi giovani, anche alla luce di una maggior esperienza di cartoni animati, ne usciamo indiscussi trionfatori - sebbene sia alcuni di noi che molti adolescenti abbiano preso il gioco un po' troppo seriamente, neh. Man mano che la fine del cmapo si avvicina, le serate e le nottate diventano più difficili. Quasi due ore tra la ritirata ed il silenzio. Ma sarebbe un peccato lamentarsi troppo, perché - comunque - non c'è paragone con la guerra aperta dell'anno scorso. Forse sto davvero diventando più buono; credo che dovrò rifarmi distruggento la psiche di una o due adolescenti che ho adocchiato (nel senso, che sembrano forti da fuori ma intimamente fragili); sarebbe una cosa oggettivamente malvagia, e meramente inutile. Il più elegante tipo di male. Ma boh, perché se poi questa attenzione potesse implicare interesse da parte mia? Meglio evitare, vitanda sunt bonis; e non tutto ciò che piace è cattivo. Ma cosa non lo è?

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Cronache dal Campo: Day 7 - 5 agosto

Il rifugio Porro del CAI di Milano si raggiunge brevemente (in 1h30') dal Lago di Neves, e molto meno brevemente da Riobianco. Essendo, però, che Riobianco è - praticamente - ad uno sputo sopra di noi, non c'è scelta per quanto riguarda l'itinerario, il che ci permette una sveglia abbastanza tarda, alle ore 7.00. Come al solito, ci sono persone che mancano completamente l'obiettivo-abbigliamento: ci sono ragazze con shorts così short da essere poco più che mutande; considerate le ragazze, noi non avremmo di che lamentarci, non fosse che avrebbero mangiato del freddo allucinante; e quei due tre riottosi che, scalassimo l'Everest, comunque verrebbero con scarpettine che li metterebbero in difficoltà anche a camminare in un giardino. Le prime maledizioni mi arrivano quando, in luogo della comoda strada fortestale che da Rio Bianco doveva portarci alla Malga Göge (2048 m), lavori di costruzione di una condotta forzata ci costringono a tagliare strada e tornanti, e si sale decisi e stringendo i denti nel bosco. Più su, ripresa la strada, c'è ancora la possibilità di tagliare, ma chissà perché nessuno mi segue nella mia impresa; e, quando arrivo a Gögealm, vedo, lungo i ripidi zoccoli glaciali che ci separano dall'evidente insellatura dove deve trovarsi il rifugio, i nostri corridori che, cascasse il mondo, devono metterci metà del tempo segnato sulle guide.

Io, in realtà, sto salendo ben poco in salute. Non so se i crauti del giorno prima, perché la colazione credo di averla fatta giusta - ma in due o tre occasioni devo fermarmi e convincere il vomito ad andare o su o giù. Il colpo di grazia arriva arriva, appunto, alla sella, quando in lontananza (20', 30', ad occhio) si staglia il rifugio contro il cielo, ed il vento gelido mi schianta, costringendomi a cambiare maglietta e ad infagottarmi, causa shock termico. Arrivo al rifugio ai limiti del cadaverico, e mi precipito all'interno, a mangiare caldo, e cose calde. Ma ci vorrà comunque un'ora per riacquistare un corretto rapporto con la temperatura esterna E come facciano quelli a stare fuori, mistero. Viene il momento del ritorno, e - consigliati dal rifugista, come da programma, ma tratti in inganno da un'errata lettura della tabella dei tempi - affrontiamo la traversata (bellissima, alti tra pietraie moreniche) per il Tristensee, e poi il tuffo da 2300 a 1400 m in poco più di un'ora; il che ha spezzato gambe, distrutto ginocchia, incrinato menischi; ma miracolosamente con tutti, anche i più placidi, abbiamo disintegrato il tempo previsto di discesa e siamo riusciti a prendere al volo l'autobus - l'ultimo autobus della giornata. E poi è stato coniato il miglior insulto del campo, Casati ti strappo quelle basette da Lupin, benché sia una settimana che vado ripetendo essere da Francesco Giuseppe.

A casa, tutti distrutti, ed infatti dormono fino all'ora di cena (grosso errore da parte nostra, lasciarglielo fare) e dopo cena praticamente solo la preghiera, altro errore. La serata è la peggiore che la cronaca ricordi, fino ad oggi. Man mano che il tempo passa, sempre peggio. Sarà che siano stanchi loro di fare i "bravi", o io di non dormire, o che stessi male (per una volta, mi sarà concesso) e che fossi meno disposto a tollerare gente per corridoi e scale; o che, infine, il rispetto per i malati - il contagio è arrivato nella mia camera, attenzione - ci faceva essere più rigidi, fattosta che si è urlato parecchio. La nottata fa registrare unache una probabile rottura di amicizia di vecchia data, quando due ragazze, nel fare le stupide, hanno finito per spingersi sul pianerottolo e giù per una rampa di scale, di schiena a rotoloni. Prima notte in cui ho patito il freddo - vade retro, contagio!.

Alba tersissima.

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Cronache dal Campo: Day 6 - 4 agosto

Il giorno d'attività comincia bene, perché abbiamo il turno di riposo, e dunque niente servizi per tutto il giorno. Il mattino, ormai, è un rito. Sveglia alle sei e mezza, grazie al chiaro cielo del mattino, discesa imbacuccato (ma con sandali e calzini, da crucco vero, ma qui è un obbligo altrimenti si muore di freddo). Mi siedo davanti al computer o al quaderno, poi arrivano le signore cuoche-e-ben altro, bevo il caffè e torno alle mie carte. Sveglio i ragazzi e faccio colazione. Poi, filoattività.

Attraverso che valori passa la Verità per me, e poi per noi, e poi all'asta dei valori, per vedere cosa ciascun gruppo era disposto a mettere in gioco per ottenerli. L'asta è un capolavoro di freddezza, per noi gruppo giovani B; offerte fatte soltanto per fal alzare i prezzi, e spingere i concorrenti a spendere. In mattinata, il parroco-sprint di Scanzo, don Giampietro, arriva rombando con una delegazione di suore che, evidentemente, devono controllare la nostra suora, e questo ci porta a bere vino durante il pasto, era ora!. Pomeriggio variamente libero, e quindi di studio, e tè delle cinque con pensionata precisione. Mentre il cielo (direi finalmente, è dal primo mattino che mi puzza) si divide a cadono le prime gocce di pioggia, inizia l'ora di deserto.

Chissà se sono vere le voci, le voci che Chicco mi riferisce, ma non credo. E, se lo fossero, certamente non porterebbero a niente. E ricordare che, con settembre, sarebbero sedici anni che ci conosciamo. Sedici. Vola il tempo, perché lui era uno nuovo. Quasi venti con Pedro, per quanto negli ultimi anni siamo in polemica. Sono vecchio; e questi adolescenti troppo giovani.

Ma, a parte gli Allaricercadeltempoperdutismi, il tempo a nostra disposizione non è molto, e bisogna pararsi da tirolesi per la serata, cena tipica e balli. Mentre bisogna dire che c'erano un quattro cinque ragazzi che avevano azzeccato l'abbigliamento, il fronte femminile è stato - al solito - più deludente ma omogeneo. Così come non c'erano adolescenti riottose bardate da ultras, d'altro canto erano piuttosto uniformate al modello-zingara, ma la cosa meno condivisibile erano le trecce, che certo avrebbero riempito i sogni di un paio di miei conoscenti con questo feticismo, ma che a mio avviso mancavano completamente il bersaglio, e poi guardatevi in giro, e contate quante tirolesi con le treccine ci sono.... Ad ogni modo, le ragazze restano più gradevoli dei ragazzi, e ci mancherebbe. A cena, la riscoperta dei crauti. Non so cosa buttino dentro negli abominevoli panini che si trovano in giro da noi, ma cucinati con tutti i carismi sono certo insoliti, ma buoni al punto da aver fatto a gara con Eriberto (ha vinto lui, tewmo, perché erano finiti all'ennesimo ter (o quater)).

L'occasione dei balli poteva essere propizia per verificare la fondatezza o meno delle notizie di Chicco, ma nessuna mi ha scelto durante il ballo di corteggiamento, ma certo perché le ragazze sono nojose, ed andavano tutte dai propri uomini, mentre questi ultimi provocavano ed andavano dalle ragazze altrui. Poi ennesimo ballo delle coppie, che ho pensato di vivacizzare inserendo la clausola che chi fosse finito con la suora, al termine, avrebbe perso (questo perché la leggenda dice che si sposerà colei con la quale si finisce il gioco, e non si può sposare la suora - ma io, con tutte le volte che l'ho fatto, dovrei avere più mogli dei mariti di Tina Turner): ha perso l'Epo! Poi, balli di coppia più tradizionali - e la ragazza precedentemente nota come Galadriel deve avere un trascorso da uomo, per 'sta mania di guidare il valzer - ed intermezzo epico con Riva Balboa. Poi, al termine di tutto, si verifica la mia tesi, e cioè che i balli non stancano a dovere, ma eccitano; e, infatti, è stata la notte peggiore - che, comunque, resta meglio della migliore di Spormaggiore e del Trasimeno - e si inizia una notte in cui l'occupazione principale è digerire i crauti. Mattina discreta ma fredda. Pronti a calcare i sentieri.

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Cronache dal Campo - Le prime foto

Adesso abbiamo anche un web album di Picasa, dove ho caricato un po' delle foto che le generazioni hanno lasciato sul mio computer in questi giorni. Per ora, fin dove sono arrivato a scrivere. È ovvio che sono ancora pochissime, rispetto a quelle che sono state fatte, e che chiunque ne abbia e voglia consegnarmele - con un occhio alla pubblicazione, è abbastanza naturale che non le metta tutte - è ben accetto. Per ora, con l'account Google degli OrSI, abbiamo queste foto.

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Cronache dal Campo: Day 5 - 3 agosto

Dopo essersi coricati col Nervoso, aver dormito male di Nervoso, ed essersi alzati con il piede sbagliato, per il Nervoso della sera - e no, il nascondanno non c'entra - fortunatamente ci sono le torte a colazione che mettono di buon umore. E la mattina fredda e radiosa. Con qualche difficoltà scendono anche i ragazzi, e la nostra madame Bovary, e sale dal Mulino (ovvero, la dependance della casa) uno degli stakeholder della vicenda. Si decide di tenere il coltello dalla parte del manico, e di far raffreddare i bollenti spiriti, perché si sa cosa si dice della vendetta. E di mangiare altra torta.

Con la Messa domenicale delle nove, allungata dalla meditazione del giorno ("come mai una messa dura un'ora e mezza?"), introduciamo Socrate e l'attività odierna, che si svolgerà - però - a Brunico, praticamente la città, nel raggio di quaranta chilometri da qui. Prima a piedi e poi a staffetta-amisù scendiamo a Lutago, ed iniziamo a stipare autobus di linea - non essendo riusciti a contattare per tempo la locale ATB - fino a fondovalle. Caldo. Sole. Gente. Chi ce l'ha fare, di scendere? Ad ogni modo, la giornata è libera, fatto salvo il dovere di fare leggere interviste ai solari passanti altoatesini, in merito a "Esiste la Verità per te?" ed a "Dove la trovi?".

Nel frattempo, don suora Eriberto eccetera ed io cerchiamo un ristorante tipico, e finiamo in una sorta di locale sperimentale, dove fanno effetti speciali col ghiaccio secco, ed in una pasticceria minimal-house che vende paste mignon e piante in vaso, ed ha lo stesso arredatore che - nella mia testa - si è occupato del paradiso. E come in Paradiso ci sentivamo, dopo aver mangiato una mousse od un dolce al cioccolato, ma come in Purgatorio dopo averne mangiate quattro. Gli adolescenti, nel mentre, hanno deciso di dedicarsi alle due principali attrazioni della domenica brunichese: la sagra dei Vigili del Fuoco, con la sua birra ed i suoi crauti, ed il maestro Rigolin, sorta di poeta-santone-invasato vestito da nobile veneziano del Cinquecento, che declamava proprie poesie e dava insegnamenti spiccioli di filosofia monista.

Al rientro, duplice Odissea (o meglio, Triplice): salire da Lutago ad Innerbach, certo con la spola-amisù, ma dopo che una pattuglia di coraggiosi mi ha seguito per ripidi nascosti sentieri, più ripidi del preventivato per errore mio, sgomitare alla vasca di pietra per lavare un minimo di panni, perché questi fighetti se li lavano cotidie, ma noi dobbiamo fermarci ancora a lungo, dopo di loro, e spiegare e far capire il Grande Gioco Notturno, su Star Wars - La grande purga jedi, ad educatori che non l'avevano mai visto. Nuovo fervorino/predica/meditazione del don, che fa la rilettura dell'attività brunichese ed inaugura la prima predica ad personam della mia carriera di animatore, in merito ai fatti della notte. Quasi piangevo di commozione, o per altro. Forse il don ha ragione, ed inizio a pensarla come lui - o lui come me, molto più probabile.
Dopo quattro giorni, inizio ad averne piene le tasche della nostra sala da pranzo, ché fa ovunque freddo ma dentro è peggio di un forno crematorio, e pare che siamo solo in tre o quattro a patirlo.

Mentre calano le tenebre (qui basta che il sole giri dietro allo Schonberg che la temperatura precipita, ma il cielo rimane chiaro ancora per due ore) spiega, con tutt'altro che infinita pazienza, ai giovani alias Truppe d'Assalto Imperiali il gioco, mentre di sotto si cerca di far partire il proiettore, per l'intro del gioco. I ragazzi, dopo estenuanti spiegazioni ed un bigino "rosso: cattivo; blu: buono", sciamano alla ricerca di Yoda su Dagobah, mentre Darth Fener e l'esercito si preparano alla pugna. Quando usciamo ed andiamo all'attacco, tutti sono già forniti di scalpo, e pericolosamente vicini a Tatooine e ad Obi-Wan Kenobi. La nostra tattica, nonostante porti alcuni frutti al Lato Oscuro, non si rivela efficace, anche perché fare scalpi a terra, oltre ad essere non del tutto corretto (ma non è stato detto nel regolamento, ergo...), è molto più difficile per chi attacca che per chi difende. Mentre, scortato da Jedi coraggiosi ed alpinisti, Obi-Wan si infila attraverso le nostre linee, alcuni adolescenti ne approfittano per passeggiare, altri per farsi prendere dal panico da buio, molti per farsi coinvolgere con anima e corpo nel gioco. Alla fine vincono i buoni, disdetta!, e bisogna sopportare una serata di adolescenti eccitati dal gioco, e disorientati dalla ridisposizione delle camere dovuta all'arrivo dei penultimi ritardatatri. Adolescenti che, tutto sommato, più che dimostrarsi riluttanti a desistere dalle chiacchiere, non hanno fatto. Stasera stanchissimo, ed un po' imbarazzato per i comlimenti ricevuti a causa del gioco, è ancora minore la mia consueta poca pazienza.

Ma già mi rendo conto che questo blog è a corto di pettegolezzi. Sarà - forse - perché ormai quasi tutti conoscono quasi tutto di quasi tutti; o perché ho ancora, adesso mentre scrivo al campo, alcune armi da usare, e scrivere anche solo così, su carta, pur sapendo che, per chi legge, o le avrò già usate o non servirà più usarle, sembra di bruciarsele. Certo, ad un occhio inesperto sembra che io mi facia un sacco di fatti altrui. Il fatto che questi fatti altrui siano, di fatto, di adolescenti umorali che "cambiano gli elementi, le stagioni i presidenti", e che il Fatto del Giorno è già vecchio, e che sia nostro compito vegliare affinché we shall have peace, e che il fatto che io sappia non significhi che divulghi a caso, ma piuttosto che pieghi a mio vantaggio, ed in mancanza di ciò acché perditur, perché le amicizie che si sfaldano sono più interessanti di quelle che si formano, specie se antiche, sembra che non lo considerino. Se non fosse che questi adolescenti hanno la memoria corta, e fanno ratti la pace, anche se si sono vomitati addosso tutto l'odio possibile. E le amicizie si riformano...

E fu sera, e fu mattina. Nuvole minacciose al capo della valle di Schwarzbach, dove ci troviamo, e sole ovunque altrove.

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Cronache dal Campo: Day 4 - 2 agosto

La giornata, per l'Educatore Solerte, inizia alle 4.00, perché un rumore più forte degli altri lo sveglia, e forti rumori provengono dalla casa. Che qualche adolescente in tempesta ormonale stia intessendo relazioni interpersonali illegittime? L'accurata ronda, comunque, non porta a nulla, anche perché ci si rende conto che il frastuono è dato dalla violenta pioggia sul tetto di legno. Al contrario, miracolo!, quando alle 5.00 il nostro Educatore-Sveglia si alza e si precipita a controllare il tempo, ha smesso di piovere e si preannuncia una giornata uggiosa ma non sfortunata. Corsa contro il tempo per preparare il pranzo al sacco, e poi fino alla strada principale per non perdere l'unica autocorsa che ci porta a valle. Colazione troppo abbondante a Campo Tures, mentre si aspetta il cambio, e nuova autocorsa fino a Riva di Tures (Rein in Taufer) dove - nella nebbia - parte il sentiero per il Rifugio Roma o, come preferiscono dire qui, ed indicano su tutti i cartelli, Kasseler Hütte.

Il segnavia è il nr. 1, e le guide danno (non essendosi messe molto d'accordo) un tempo di percorrenza tra le due ore e le due ore e mezza. Avevamo sparso il terrore parlando di attacco ripidissimo, come si vedeva dalla cartina, ed in effetti così è stato, e ce ne siamo accorti soprattutto in discesa. Del tutto pessimiste, invece, le indicazioni di tempo, perché in due ore e mezza erano arrivate anche le peggiori ciofeche del campo (quelli che, dove c'è scritto due ore e mezza per il Curò, arrivano in quattro ore).

Il luogo in cui si trova il rifugio, nel Parco Naturale delle Vedrette di Riesz, non è speciale, una sorta di Coca più ad alta quota (ma si parte da 1500 m di Riva, non dagli 850 di Valbondione), con un laghetto a pochi minuti, ma è sorprendente quello che si trova dietro al laghetto. Oltre al Tristenkocl (o come si scrive), su cui un gruppo di arditi è salito sfidando vertigini e gravità, placidamente salibili e salite dal don con altri cooptati a tradimento (cioè, se sapevo che andava lì e non saliva sul monte da cui ero appena sceso, andavo anch'io), le vedrette - ma, piuttosto, questi ghiacciai, che dal basso sembrano incombere ma, di fronte e dall'alto, sembrano distese appena increspate di spuma bianca (come si vede dalla mia foto in vetta).

L'uscita del don ci ha dato qualche problema, perché eravamo vincolati all'orario della corriera, e bisognava considerare il tempo necessario per scendere, e così ho - in qualità di Responsabile della Montagna, dopo essermi consultato con gli altri educatori ed avendo, ripetutamente ed inutilmente, tentato di contattare don e compagni - spedito a valle, 2h30' prima del nostro ultimo autobus, il gruppo di quanti erano arrivati per ultimi, che risentito è sceso praticamente di corsa, e per il resto inviato staffette per i sentieri, anche perché ignoravamo dove si fossero recati (ed a ragione, essendosi loro separati ed andati ciascuno con il proprio Dio). Arrivato il don, e sentita la piccola reprimenda per aver avuto fretta, abbiamo iniziato con il mollare le briglie ai corridori, che fremevano per tornare a valle, e ci siamo messi con calma a percorrere a ritroso la via dell'andata, prima scendendo al fragoroso torrente scavalcato dal ponte di legno, poi in un lungo traverso nel bosco e, infine, il tuffo sul campo sportivo di Riva; dove avevano organizzato una grande sfida a calcio, ed adolescente al minimo sindacale d'abbigliamento rosolavano al sole, almeno per i pochi minuti che hanno preceduto il rientro.

E scoprire che c'è ancora gente (adolescente, ovviamente) che si offende pur sapendo che la cifra dei miei rapporti interpersonali è leggermente diversa dall'indigestione d'abbracci e d'amore che tutti si scambiano gli uni le altre, e non si capisce - il che è la cosa fastidiosa - non si capisce cosa, come e se fare, e se vada fatto. Perché, avendo stabilito che non farò quello che mi piace, ma ciò che è giusto, c'è il problema che, se è molto facile sapere ciò che mi piace e ciò che non mi piace, un po' meno semplice è sapere cosa sia giusto; e meno ancora, cosa sia bene. Perché il bene è ben diverso dal giusto.

Ma non c'è tempo di molcersi o macerarsi nei pensieri, perché la vita - leggasi il campo - chiama e dai massimi sistemi si passa al turno di cucina, nel quale si constata l'impossibilità di far capire a buona parte della squadra, nonostante gli insulti delle signore che ci aiutano preparandoci viveri e vettovaglie, che sulla pasta al tonno non si mette il formaggio, e si riesce - io - a rendersi conto che l'insalata non cresce già tagliata, lavata ed imbustata in soffici sacchetti Bonduelle, e che anche senza Miracle Blade i pomodori non si schiacciano quando li si affetta. A cena ho modo di sedere accanto alla piccola Vitali, figlia minore della coppia che ci accompagna ed aitua, affiancando l'ormai istituzionale signora Pezzotta nata Bergamelli, che già oggi a stento mi ha mollato e che ha un animo (animetto, a quattro anni) avverso all'autorità, e conversazione variamente leggera con i "grandi" (dal punto di vista maturativo, ancorché non esenti da stupidera) dei nostri adolescenti, e serata passata a preparare il gioco notturno dell'indomani, e prima nottata sui metodi di integrazione numerica alla Newton-Cotes. Poi, complice l'orario differenziato di riposo - abbiamo degli infermi, oggi si è camminato ed il film (facoltativo) non finisce più - il disordine si diffonde nelle camere, e sarà il sonno sarà lo scoramento ma Casati sei più buono, non ci urli più contro ma solo continui a richiamarci - ma questa politica non paga, perché ormai si stanno spegnendo gli ultimi focolai di resistenza maschile che dai piani inferiori si sale a cercarmi la nostra Bovary, ma epiteti meno oxfordiani sarebbero forse meglio usabili, e lo sono stati - usati - senz'altro in quel frangente, e come un dio vindice mi calco il cappello ed esco, a cercarla tra le fratte, o nella depandance-giovani; nessuno, né i giovani - che, in effetti, non hanno torto - né quegli omertosi di adolescenti, l'ha vista, e sì che tutti hanno controllato dappertutto. Poi la trovo, diciamo non nel suo letto; e mi sono dovuto trattenere perché avevo testimoni. E, dal nervoso mangiato, si dorme male e si medita vendetta, tanto perso nei pensieri oscuri da essere per la prima volta sconfitto, per cinque minuti, nel nascondanno in camera mia. E, non bastasse, mi sta venendo il mal di gola.

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Cronache dal Campo: la Verità

La verità e la vita
Sulle questioni attinenti al vivere civile, ci troviamo spesso a doverci confrontare con personi di opinioni e "verità" diverse, che non possiamo semplicemente bollare come "sbagliate". Se, da un lato, la mancanza di verità riconosciute potrebbe portare all'anarchia ed alla disgregazione del tessuto sociale, dall'altro questo apre alla possibilità della libertà, della politica come spazio di confronto e di accordo, di compromesso. Se, da una parte, questo rende vivibile la vita, dall'altro non siamo soddisfatti della "verità ottenuta", perché come ottenere la verità quale somma di errori?

La verità oggettiva
Un primo modo di definire la verità, che di primo acchito ci sempra seducente, è quello di aderenza alla realtà "oggettiva". Ma questo ci apre due problemi. Il primo è che il problema si sposta dall'esistenza di verità a quello dell'esistenza di una realtà oggettiva, cioè misurabile, osservabile, con il problema che l'osservazione è mediata dalle sensazioni, dai punti di vista, ed in sostanza potremmo trovarci ancora nella legittimità di verità diverse. Inoltre, il problema dell'oggettività è che quello che è ob-jectum, buttato lì, non ci dà nessuna risposta, ma è solo una somma di dati. Dobbiamo andae oltre, e dove non arrivano gli occhi può, forse, arrivare la ragione.

La verità autentica, o assoluta
Cerchiamo allora la nozione di Verità dentro la definizione di Autenticità, parola che, dalla sua origine ibrida grecolatina, ci dice che la verità è auto-ens, cioè esiste da sola. Non c'è bisogno di una somma di dati a cui appoggiarla, la Verità è al di là della natura (metafisica), nell'orbita di quello che è (ontologia) per-sé, che trova in sé, da sé e con nessun fine esterno la propria sostanza e la propria Ragione. Questa astrattissima definizione è bella, elegante, soddisfacente come un teorema. Ma non dice niente alla nostra sete di Verità.

La verità come svelamento, o rivelazione
Ci viene ancora in aiuto la lingua, ed in particolare il greco che chiama la Verità alétheia, cioè svelamento. Abbiamo, quindi, questa immagine di una verità nascosta, e coperta, che sarebbe però pretenzioso, nonché impossibile, per noi uomini raggiungere e spogliare. Dobbiamo, quindi, aspettare che sia lei a rivelarsi, e questo sappiamo che è successo

La Verità della Fede
Ché la Verità non è una rivelazione gnostica, un'illuminazione, ma una persona, un Dio-persona che a se et per se concipitur, ma che scende nella storia, si rivela migliaia di ani fa ad un popolo storico, e diventa un fatto oggettivo e che, dopo essersi fatto vedere, ci interroga ed interroga la nostra libertà di uomini: "Io sono. Tu che fai?". E la libertà nostra gioca qui la sua partita decisiva, se riconoscerla o no. E, riconoscendo in una Persona non solo la Verità, ma la Via e la Vita, getta la luce sulla nostra convivenza, illumina la nostra comprensione dei fratelli e le ragioni delle nostre scelte. Non corriamo in giro alla ricerca della verità, ma fermiamoci e facciamoci trovare. E preghiamo di riconoscerla, ed avere la forza per sostenerne lo sguardo.

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