Tutto inizia come al solito, una lunga teoria di portatori dalla cucina dell'oratorio al pullman, per l'occasione dotato di appendice portabagagli, e la difficile decisione di quello che mai starà sul nostro mezzo, e andrà lasciato a casa - risolta con la peggiore delle decisioni, lasciare a casa il vino e portare due casse, pur sapendo che la casa ha un suo impianto di amplificazione interna ed esterna.
Siamo partiti, ed il programma ha previsto la visita ad ArteSella, sorta di esposizione permanente di Nature Art a Borgo Valsugana (TN), drammaticamente fuori strada rispetto alla nostra meta. Abbiamo visto la chiesetta dove spesso si ritirava in preghiera il grande Alcide De Gasperi, che appunto di Borgo Valsugana è originario, e poi questi strani tentativi di fare arte della natura, con la natura, che tornerà natura, ed occasione per la prima impegnativa discussione, se (ma il se non è mio) abbia senso, pur concedendo che l'uomo è tale per la sua facoltà di giudizio, usare come giudizio di valore la nozione di bellezza - perché sì, alcune opere erano belle, ma non per questo più significative - e mai lasciar parlare gli artisti delle loro creazioni, perché la maggior parte delle volte parlano a vanvera.
Dopo la prima parte d'esposizione, per placido sentiero abbiamo raggiunto la baita centro del parco, in clamoroso ritardo (erano le 14.30) abbiamo mangiato, e siamo stati a bere caffè e grappa (più grappa che caffè) in questo bar-ristorante-locanda che a buona ragione potrebbe chiamarsi la Festa degli Uomini (nome mutuato dall'omonima festa paesana), perché tre (barista, cuoca e cameriera) ragazze giovani e mediamente carine sopra i 1000 metri di quota sono di sicuro un fatto notevole. Facciamo rientro al pullman sotto le prime gocce di pioggia (già prevista dal nostro servizio meteo personale ore prima) e ci rendiamo conto che arriveremo tardissimo alla meta finale, Lutago in Valle Aurina. Ci inoltriamo in Alto Adige alle ultime luci del giorno, soverchiati da un cielo grigio solcato dai fulmini, e tutto si fa cupo, con gli aculei aguzzi dei campanili, dita scheletriche della terra. Ma è un'impressione dovuta al tempo ostile, credo. Dopo mille manovre sulla stradina che porta al nostro maso, e tre ore e mezza-quattro dalla partenza da Borgo Valsugana, prendiamo possesso delle camere, ed affrontiamo una rivolta perché sì, le camere sono belle, pulite, e ciascuna con il proprio bagno; ma sono piccole, e dove mettiamo i bauli che ci siamo trascinati dietro, e come facciamo a ricevere le amiche o gli amici?
Giusto la cena, servita alle ventitré, perché le cuoche sono professioniste e comunque devono preparare manicaretti deliziosi, costi quel che costi, placa la ribellione sotto chili di torta. Ed andiamo a letto, con moderata tranquillità, e con la politica di disseminare gli educatori per la stanza. Che, dal punto di vista del riposo, è forse un male, ma dal punto di vista disciplinare non è per niente male.
E fu sera, e fu mattina. Una mattina fredda, umida e nebbiosa.
2 commenti:
"E fu sera e fu mattina" lo usai anch'io non molto tempo addietro e ne fui particolarmente gaio, dato il felice accostamento col contesto parrocchiale del campo...
Lo so, ricordavo di averlo letto sul tuo resoconto. Però, se non sbaglio, era stato il leitmotiv del resoconto del nostro campo invernale.
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