Prosegue l'enigmatica vicenda di Lui
La nebbia s'avvinghiava pesante alle ondulazioni del terreno, scivolava dai crinali rotti e inariditi, si accumulava nelle depressioni, nelle doline, si infilava umida nei ricoveri e nelle trincee. Con il fango alle ginocchia, i grigioverde ormai di un rivoltante marrone, le armi a fatica difese dall'assalto dell'umidità con abbondanti mani di grasso, i soldati tiravano il fiato nella pausa tra un inutile assalto ed il successivo.
Le operazioni ristagnavano.
Su tutto il fronte non si verificavano che scaramucce quotidiane che non spostavano la linea di un metro, mentre gli Alti Comandi pianificavano battaglie di questo o quel fiume.
Mescolati nelle trincee, contadini operai e borghesi insieme maledicevano l'avverso destino ed i fati della guerra. Tranne alcuni. Un manipolo di intellettuali, ormai dispersi e sparsi su tutti i fronti (non così i primi mesi del conflitto), che erano partiti volontari carichi di folle giovanile baldanza che la realtà con cui presto dovettero fare i conti aveva sbiadito. Tra costoro per idee, se non per condizione sociale, era partito ufficiale di complemento ed era ora maggiore di fanteria Lui.
Riconoscibile solo per il taglio degli occhi, la barba fatta male ed i baffetti arruffati studiava una mappa buttata sullo sporco tavolaccio del ricovero. Le mani tagliate per il freddo, gli occhi arrossati dai fumi delle battaglie, la sciabola da ufficiale, inutile per quella guerra, buttata in un angolo in un fodero di cartone. I suoi uomini scrivevano a casa e ricevevano lettere. Lui viveva delle sue mappe e delle sue bandierine che si spostavano quà e là. Il furiere non gli aveva mai portato lettere, né aveva mai dovuto riceverne. Il suo rapporto con l'esterno del mondo, fosse la trincea a fianco o il Quartier Generale di Udine o le sue proprietà nel Canavese erano i rari cablogrammi con cui dava e riceveva ordini.
Per questo il furiere era stupito dal fatto di dovergli portare non una lettera - che già sarebbe stato straordinario - ma addirittura un pacco. Lui lo aperse con precisione. Ne estrasse una lettera che, in origine, poteva anche essere stata profumata - ma l'acre odore della polvere da sparo copriva ogni altro odore - e arance. Ne prese una, ed ordinò di distribuire le altre alla truppa. Così il furiere uscì velocemente senza fare domande. Alle sue spalle uscì anche Lui, inerpicandosi nella trincea fangosa che risaliva il colle fino all'osservatorio.
Allontanò il fantaccino che si era irrigidito sull'attenti nel vederlo arrivare e si infilò nella casamatta, con feritoie di cemento aperte sui quattro lati. Guardando verso est avrebbe notato che la nebbia si stava diradando, rivelando il chilometro di terra di nessuno cosparso di rottami e crivellato di colpi, ed al di là le identiche trincee del nemico. Ma, stringendo in mano la lettera, guardava verso ovest, e spingeva lo sguardo al di là dei paesi abbandonati delle retrovie, cercando la verde pianura e le città. Se qualcuno l'avesse scorto da lontano, avrebbe creduto fosse in preda a qualche rimpianto o nostalgia.
Al contrario, con moto obliato da tempo, si lisciava i baffi e sogghignava. «Fase tre...»
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