domenica 6 aprile 2008

Questa primavera che sfugge

Era quello che mi passava per la mente questo pomeriggio, mentre nella mia automobile-sherpa salivo e scendevo le valli bergamasche - per far che lo scriverò nel consueto e successivo post sul fine settimana - ed incrociavo scorci insoliti ed altri a cui sono legato da anni.

A pensarci, può sembrare stupido, anche detto in forma edulcorata, come fa mio padre, definendolo interesse per il territorio; in sostanza, il gusto per la bellezza di una chiesa che si trova a mezza costa, o per un campanile che si apre tra i ciliegi; per il pascolo alla sommità del quale si ergono tre ripetitori - saranno brutti, forse, ma sono quella montagna - e per l'affioramento di roccia diversa che cambia il profilo della montagna. Per quei monti non meglio identificati (sono in provincia di Brescia, fuori dalle mie competenze) che imbiancati incombono sul lago.

È iniziato stamattina, che il forte vento aveva reso tersa, quando salendo da Brembate di Sopra a Cisano si distinguevano sul colle le frazioni di Palazzago, con Burligo e Roncallo Gaggio. Con i filari di viti che costituiscono lo zoccolo duro della produzione vitivinicola della Val San Martino, e che non ho mai capito perché non li avevo mai notati fino ad un paio d'anni fa. Con i ciliegi che punteggiavano tutto il versante a roèrs del Canto di Pontida.
C'erano il Monte Barro ed i Corni di Canzo che si infilavano in prospettiva sulla sponda destra dell'Adda, ed a sinistra, insieme alla strada che percorrevo, il San Martino e la Grignetta - con le sue guglie avvolte in vapori che non facevano prevedere un buon esito meteorologico per la giornata - di fronte ed angoli di Resegone che si intravedevano tra le pareti più basse ed incombenti del Magnodeno, ed il Lago di Lecco increspato dal vento che barbagliava del sole, finché è durato.

E c'è stata tutta la risalita della Val Cavallina, noiosa fino a Borgo di Terzo, poi strozzata dalla dolomia della Val Torrezzo all'altezza del Lago di Endine, trafficata sulla sponda destra e placidamente verde sull'altro versante, ancorché drammaticamente a roèrs. I Monticelli di Gandino ed il monte Sparavera, che pensare che si arriva a piedi da Rosciate, e per la Malga Longa c'è ancora un'ora di strada fa venir male, più sullo spartiacque seriano ma chiaramente visibili e gialleggianti per l'inverno appena passato. Il "bacino" di Sovere-Pianico, che i libri di geologia indicano come paleolago, e che ho sempre visto di sfuggita come un'improvviso "applacidamento" della valle, appena prima dello scollinamento sul Lago d'Iseo. Le indicazioni per la Valle del Freddo, sede di un curioso ed importante fenomeno di "aria condizionata" naturale, che fa crescere le stelle alpine a 500 metri.
Perfino la pioggia che insistente ha incominciato a cadere sulla via del ritorno, che - prima di diventare uno scocciante impedimento alla visibilità ed alla velocità di marcia - mi ha riempito le nari di quell'odore di temporale estivo, quando piove sull'asfalto rovente...è primavera, ed io dovrei essere in giro per le Prealpi a farmi le gambe. Dovrei ammirare le fioriture di crochi del Monte Torrezzo, o gli ellebori che spuntano sul sentiero per Selvino. Dovrei salire il Resegone dal versante di Bergamo, o fare finalmente l'Albenza e l'Ubione per concludere la "prima fila" di monti bergamaschi, quelli che affacciano sulla pianura.

E mi capiterà di svegliarmi un mattino che sarà già giugno, e si dovrà salire quote più impegnative e stare all'aria più fresca; ma la quiete di queste basse, facili, snobbate cime...

2 commenti:

Unknown ha detto...

In effetti anch'io che non ho tutto questo "interesse per il territorio" (credo si fosse capito) non posso fare a meno di apprezzarlo. Ogni tanto ci si guarda intorno e si conclude che Cisano non e' niente male... poi, quando si sveglia con la luce giusta arriva ad essere irresistibile.

Anonimo ha detto...

:-)