lunedì 28 aprile 2008

Il primo dei ponti

Perché ci aspetta anche quello di questa settimana (tant'è che diversi professori, tra cui il mio relatore, fanno ferie continuate) (nella foto, un ponte di nostra conoscenza)

Giovedì sera si prospettava, in questo modo, un fine settimana lungo, senza troppo lavoro (perché sì, anche quello di meccanica è in ferie ed ha lasciato meno del solito da fare, ed anche per la tesi non c'è stata fretta), e baciato dal bel tempo. A tutta prima, il miglior momento possibile per inaugurare (con un mese abbondante di ritardo, ma quest'anno è dura) la stagione alpina 2008. E, invece, programmi di cime prealpine sfumati, perché venerdì l'auto è di mio fratello che deve andare a giocare a calcetto prima, ed a playstation poi, con i compagni di scuola, sabato c'è da lavorare in giardino e se vuoi stare all'aperto, c'è la legna da tagliare, e domenica non era comunque il caso.

Niente da segnalare il giovedì sera; venerdì, venuta meno la possibilità di calcare qualche sentiero, lo dedico allo studio, la mattina per la tesi ed il pomeriggio per le prime cose di meccanica; con un occhio all'orologio, perché la sera avevamo programmato, insieme con un gruppetto di compagni dell'università, cena e serata, e per arrivare ad un orario decente dalla parte sbagliata dell'Adda non potevo partire troppo tardi. In effetti, mi risolvo a partire non appena si fa vivo mio fratello con l'auto. Parto, in effetti non prestissimo ma con buone aspettative sui tempi di percorrenza, e mi ricordo all'altezza di Seriate che, essendo la cena a casa di una mia compagna, era richiesto di contribuire un po' alle vettovaglie. Chiaramente, non si può pretendere molto da negozi e supermercati, il 25 aprile, ed il posto più a portata di mano era l'Oriocenter di Orio al Serio (come il nome suggerisce), che essendo un megasuperextra centro commerciale, ed essendo l'unico aperto, era saturo di gente troppo pigra per passeggiare in Città Alta e che si fa le vasche tra la Feltrinelli ed il Mediaworld. Nonostante questo, a volte si ostina anche a fare la spesa, e così per comprare una o due stupidate mi sono sorbito un quarto d'ora abbondante di coda alla cassa self-service, perché avevo davanti due aquile che si facevano fare lo scontrino e pagavano un articolo alla volta. Avendo perso una mezz'ora netta, anche perché non trovavo più la macchina (e sì che ci sono i numeri dei parcheggi, basterebbe guardarli e tenerli a mente), iniziavo ad essere seriamente in ritardo, e così, anche per la maggior vicinanza al casello dell'autostrada, sono andato a Carnate facendomi Agrate, la tangenziale est e strade per me abbastanza misteriose, ma che il mio fidato senso dell'orientamento (perché mi rifiuto di usare il navigatore satellitare, e non avevo tempo e sbatta di prendere la cartina) mi ha fatto dipanare fino ad arrivare a destinazione, abbastanza in ritardo perché mi chiamassero per accertarmi della mia sopravvivenza. Passati i convenevoli siamo usciti per andare a comprare le pizze, in una pizzeria-kebab nel bronx di Carnate, vicino al parco dei riti satanici (sul quale ci sarebbe un vecchio aneddoto, ma non è il luogo dove scriverlo) e, nonostante l'impegnativa conversazione sulla presenza di gorgonzola nella pizza, o sull'ironia di chiamarsi Margherita e ordinare un altro tipo di pizza (e no, non avevamo toccato neanche una goccia d'alcol), siamo riusciti a procacciarci il cibo ed a non perdere il liquido della pizza nell'auto, neanche durante le insidiose chicanes del paese.

Mangiamo e beviamo, in particolare la storica Spuma nera della Spumador ed il vino rosso, e la torta che ci aspetta per dessert - benché alle pesche - è stata affatto gradita (anche se a me, ingiustizia, davano sempre la parte senza guarnizione - per la quale, essendo di pesche, non avrei certo ucciso, ma è una questione di principio). Dopo la cena ci siamo spostati nell'inviolabile salotto di pelle bianca, per l'occasione dotato anche di un plaid che faceva pendant, e tra un bicchierino di anice che passava i 45° e battute politicamente scorrette punite con calci nelle costole, abbiamo guardato, dell'ampia selezione di DVD ivi convenuta, Le invasioni barbariche, film ritenuto divertente dal nostro cinefilo, come può essere divertente un film su un malato terminale di cancro che, certo, ha vissuto una vita intensa ed ha l'amore di un figlio ricco e fighetto che corrompe l'universo e compie molti altri reati penali per rendere migliore il suo trapasso, ma comunque non ha nessun motivo per essere allegro, o divertente. Non rientriamo particolarmente tardi, anche se un sonno misterioso rende assai periglioso il viaggio; ed un leggero e soffuso mal di testa mi dà il buongiorno, subito esacerbato dal lavoro in giardino, sì abbastanza fresco ma comunque sotto il sole.

Studio ancora per buona parte del pomeriggio, finché è ora di andare, come di consueto, a suonare la Messa - e finirà, finalmente, il tempo di Pasqua, perché inizio a non poterne più di suonare in continuazione Cristo risusciti. Dopo cena, finalmente - dopo oltre due settimane - esco con la compagnia al completo (morose via per il ponte, grande cosa); andiamo sul presto al Jam di Nembro, abbastanza presto per trovare comodamente posto a sedere e, di lì a mezz'ora, essere il primo intralcio, proprio nel mezzo del locale com'eravamo, al regolare flusso di clienti. Verso mezzanotte, fosse stato per me saremmo potuti benissimo tornare a casa, ma Fabio ha iniziato a lamentarsi ed insistere che aveva fame, e bisognava andare a nutrirsi ma in modo originale, non i soliti kebab o panini; ed ha praticamente preteso che ci andassi anch'io. Abbiamo così raggiunto il Jamaica di Paladina, dove servono una padella colma di una via di mezzo tra una bibita ed una granita vagamente alcolica, dentro cui sguazzano (se piccoli) o su cui s'appoggiano (se grandi) pezzi di frutta più svariata. Il locale è un marchio in franchising e, nonostante il disagio dato dai loculi piccoli ed oscuri in cui vengono sistemati i clienti, l'odore penetrante del cloro delle fontane e finte cascate alle pareti, l'appiccicume della bevanda che, dovendo essere consumata da due-quattro-sei-otto persone che bevono dal medesimo recipiente con cannucce di lunghezza variabile, è difficile controllare perfettamente - specie se, a questo, si aggiungono piccole risse per infilzare, con gli spiedini d'ordinanza, i pezzi più ghiotti ed invisibili sul fondo del beverone, e con gli stessi spiedini ci si punzecchia a vicenda; nonostante tutto ciò, dicevo, è stato, senza ombra di dubbio, originale e sì, abbiamo sedici anni.. Non paghi della prima portata di frutta, poiché non avevamo concluso il bere, ci siamo fatti anche portare un secondo piatto, che abbiamo finito a fatica anche perché l'eccessiva quantità di verde ingerita iniziava a far sentire su alcuni di noi i suoi primi malefici effetti. Da questa serata, comunque, mi porto a casa il titolo di vincitore di succhiatura di bevanda gelata, avendo resistito più a lungo degli altri al mal di testa, ed il testo di una canzone degli Aborti mancati, dedicata alla ciccia sulla faccia.

Durante il viaggio di ritorno, tutt'altro che lungo, cedo al sonno, ma vengo ugualmente reso partecipe dell'Aperaduno dell'indomani al quale, nel dopo pranzo, mi aggrego insieme a Fabio. Al ritorno da Abbazia facciamo un salto all'oratorio di Rosciate, e scopriamo che è infestato da adolescenti che, da come erano vestiti, probabilmente non si sono accorti che il sabato sera era passato, oppure erano ancora in giro dal giorno prima: camicia nera aperta sul petto implume portata su pantaloni bianchi, minimagliettine luccicanti, gilet-bomber che, ormai, vanno bene per tutte le stagioni eccetto, forse, il mese d'agosto, e così via. Al contrario di me, ad ogni modo, Fabio ci tiene molto alle relazioni personali con i nostri ragazzi del catechismo (e, inutile dirlo, specialmente con le nostre ragazze), e quindi siamo rimasti là quasi un'oretta, ad appassionarci ai loro problemi, tipo che senza tessera sanitaria i distributori non vendono le sigarette, e come si fa se la si è dimenticata a casa?

Arrivo a casa, appena in tempo per accogliere la sorellina al ritorno dal ritiro per la Cresima, ché tutti gli altri erano via, e cerco di mettere la parola quasi fine ai problemi di meccanica, anche perché i miei colleghi, interrogati via MSN, non sollevano obiezioni sui miei risultati. Anche se, così facendo, si va a letto sempre troppo tardi. Ed il prossimo fine settimana sarà ancora più lungo, e stavolta sarà d'obbligo andare in montagna.

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