Una delle migliori trovate del corso di Meccanica Quantistica, oltre ad i più volte citati compiti a casa, è senz'altro quella dei turni di correzione dei compiti altrui. Considerato che siamo in sedici a frequentare il corso, e che in quattro alla volta si fanno le correzioni, si capisce come sia un onere impegnativo ed abbastanza frequente. Anche perché non è che ciascuno corregga quattro compiti (troppo poco controllo incrociato), ma ogni compito viene corretto due volte. Se, a questo, si aggiunge che - complici le vacanze pasquali - si erano accumulati due compiti, diventa abbastanza semplice capire com'è che ieri sera sono arrivato a Bergamo alle nove meno un quarto.
Da un lato, bisogna dire che l'esperienza non è stata del tutto sgradevole. In primo luogo, l'essere chiuso in uno studio del piano dei teorici dà - anche solo dal punto di vista dell'immagine - una certa soddisfazione, che si sommerà ad un'altra, ben più importante, se il mio relatore di tesi continuerà a dirsi convinto del nostro teorema (suo, a dire il vero, ma considerato che a scrivere sono io...). E cioè di andare a discutere una tesi del terzo anno, non sperimentale, con delle novità. Poi, nel momento di dare il voto, il Temibile è più umano di quanto tutti noi fossimo disposti a concedere e - anche se non distribuisce trenta, nonostante (a volte) qualcuno di noi li proponga - in diverse occasioni interviene ad ammorbidire e ad innalzare i nostri giudizi senza appello (sia buono...).
I correttori, cioè noi quattro, del tutto inesperti di correzione di compiti di meccanica quantistica, non sono stati del tutto efficienti; in altre parole, ci abbiamo messo una vita a correggere, anche perché qualcuno di noi (e sa di chi sto parlando) difetta completamente di fiducia e si incaponisce a voler comprendere calcoli palesemente assurdi - che poi danno risultati giusti, a dire il vero. Nonostante la nostra pessima partenza - perché due devono correggere un pacco di compiti, gli altri l'altro, siamo comunque riusciti - anche se con voti dati un po' a caso, specie per un esercizio - a finire in una sera (quasi i bidelli ci cacciavano...), mentre i nostri colleghi dovranno tornare ancora settimana prossima, essendo arrivati a metà dell'opera.
Se penso che, tra un mese, ci saremo ancora dentro...
Come è ovvio, finire dopo le sette comporta tutta una catena di ritardi e cambi di programma che ne basterebbe la metà. Alle otto c'era in programma, a Gorle, una cena elettorale, mentre alle nove meno un quarto, all'oratorio di Scanzo, ci sarebbe dovuto essere l'incontro per gli educatori degli adolescenti onde preparare l'incontro di domani ed il nuovo capitolo sulle dipendenze (nonostante il mio voto ferocemente contrario, ma del resto non sono io ad avere queste responsabilità). Un bel treno in ritardo di quel poco che è bastato a perdere la coincidenza a Carnate, ed eccomi arrivare a Bergamo non prima delle nove meno dieci - in modo da perdere l'autobus e dover aspettare, virtualmente, in stazione - assediato da un questuante squilibrato che voleva vare conversazione - fino alle dieci meno venti. Nonostante le mille proteste, ho costretto mia madre a passare a prendermi, ché, se avesse dovuto aspettarmi prima di mettere a posto la cucina, sarebbe stata molto più in fastidio.
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