mercoledì 7 gennaio 2009

Il post dell'ospite - Università per non universitari

Lascio la parola e lo spazio a Fabio che oggi, essendo in ferie, mi ha accompagnato all'università nella giornata peggiore degli ultimi anni in quanto a condizioni meteo, ed ha seguito le lezioni di Girardello. Declino ogni responsabilità, o meglio, la giro su di lui...

Intruso nella meccanica quantistica. Non ci capisco un'H.
È davvero assurdo, come fa ad insegnare una persona così:
in poche parole costruisce numerazioni e calcoli per sé stesso, e se le spiega da solo.
La soprannomineremo teoria della meccanica folle.

Non è un discorso impressionante, è discontinuo e assolutamente scollegato.
Finalmente un collegamento con il mondo, si rivolge alla classe guardandola in faccia.
Niente libri, appunti di qualche nottata di alcool passata davanti alla televisione, passando da Blob a Showgirl con donnine pseudobiotte, e lui con un bicchiere sporcato di Jack Daniel's che nemmeno ascolta la TV, a volume fin troppo alto; alternando il televisore alla scrittura di formule, passando dalla penna rossa alla penna blu per rompere la continuità.
Il resto dela classe è anormale, fatta di persone disparate l'una diversa dall'altra.

Si passa dalla barba barbarica ed il capello sciolto, fino ad arrivare al non capello. Da una collana bizzarra, ad una felpa di Pulp Fiction.
Matteo ascolta sorridendo, ridacchiando sotto i baffi con un suo socio, riccio con un maglione verde che vive di vita propria.

Secondo me il professore è schiavo della sua materia, l'algebra è la sia linfa vitale come per me la musica!
Il silenzio nella stanza è inquietante, il solo suono è quello delle sfere delle biro, che strappano la verginità così candida dei fogli bianchi lasciati troppo tempo nell'armadio.

Si susseguono numeri, lettere e simboli. Un intercalare usatissimo è banale, cioè la frase di solito usata è «questa successione funziona così sennò il risultato sarebbe troppo banale». Si alternano le lavagne, quella appena scritta passa in alto, la vecchia viene cancellata e si scrive di nuovo, in modo continuo e per me senza alcun ordine logico.

Sembra non si sia nemmeno accorto della mia presenza

È un'esperienza stranissima. Tutto è nato dall'idea di intrufolarmi in una delle tente lezioni dell'università di Micaela, ma l'occasione è stata la meccanica quantistica di Matteo e io mica rifiuto...Forse era meglio andare con Micaela, che per strano caso stamattina abbiamo incontrato sul treno. L'argomento della discussione è stato nif, nif, nif (per i mortali, neve ndr): abbiamo, cioè, raccontato l'odissea della pala mattutina, con gli avvistamenti non cercati di alieni tipo il Giorgio Sedda, la famiglia Casati e ultimo (anche per importanza) Matteo Brevi.

Gli sguardi degli alunni parlano, sulla lavagna c'è un errore.
Matteo prende molto lievemente la parola e dà la propria spiegazione. Il prof a sua volta ascolta, sempre con lo sguardo rivolto alla lavagna, e annuendo corregge borbottando una spiegazione per tale svista.
Teoria o follia: la distinzione di questi due concetti viaggia su linee parallele. Nella follia delle persone c'è una percentuale di genialità e studio teorico.
Il prof sorride al suo pubblico facendo una battuta con un filo di voce. Un altro errore e Matteo a bassa voce impreca «#!&@».

C'è uno sguardo che non mi fa stare sereno, è quello dell'allievo pelato. Sta lì nel suo, scrivendo ogni tanto, penso non respiri, mordicchiando con brama la penna fino a ridurla in brandelli. Indossa una felpa New York University. Straniero?
Anche la ragazza è inquietante, viso pulito, felpa della standa e una bizzarra collana portata sopra la felpa, tipo Carnevale di Venezia. Anche lei dà i numeri.

Finalmente dell'ossigeno! Entrano tranquillamente due alunni, un uomo ed una donna. Il prof alzando gli occhi dagli appunti azzurri si rende conto del passaggio dell'ora e dice «Finisco due cose e cambiamo lezione». Pausa caffè, e M-JOY Milka, cioè cioccolata al latte con nocciole. Discreta.
Do un'occhiata agli appunti di Matteo: ultimo appunto un pupazzo di neve contornato da pini innevati.
Cambio dell'ora, cambio di atteggiamento. Il prof seduto, finalmente, con un libro aperto sottomano, dando nozioni su capitoli di, penso, "geometria quantistica". Il tono della voce non cambia, sembra silenzioso come la neve che scende alle nostre spalle, ma che lascerà il segno, cioè riuscirò mai a capire ciò che dice? Riuscirò mai a tornare a casa?
Non mi ero nemmeno accorto che mancasse uno studente!
Rientra togliendo il giubbetto, seguito dallo sguardo senza emozioni del prof. È il socio con la barba e la felpa di Pulp Fiction (idolo!)
Matteo si ricorda che i miei fogli stanno finendo e mi allunga la pila di fotocopie "fasulle" da usare sul lato posteriore. Ringrazio.

Ogni tanto, durante la lezione, nel cambio delle lavagne il socio di Matteo (quello che ha condiviso con noi il caffè) si gira e ride di bestia. Anche lui è un folle.
Degli ultimi infiltrati nella classe, cioè il ragazzo e la ragazza c'è poco da dire, o perlomeno così sembra. La ragazza, che già avevamo incontrato in biblioteca, è davvero strana, capelli naso sciarpa e vestiti di un gusto...beh...discutibile (qui ho limato parecchio, ndr). La cosa che mi turba è lo sguardo, molto enigmatico.
Il ragazzo, a dire la verità, un poco mi infastidisce. Indossa una felpa di cattivo gusto, nera e viola. Capelli biondi a spazzola e posa non troppo etero. Sguardo di Matteo verso la finestra, spalanca gli occhi. Mi giro a mia volta. Nif nif nif. Da nevischio si è trasformata in fiocchi seri, fanno paura, saranno di circa un centimetro di diametro. Ritorna il mio pensiero: riusciremo mai a tornare a casa?

Evito il suo sguardo, ogni tanto mi sento osservato dal prof, ma io cambio continuamente orizzonte. Cambio di lavagna e nif nif nif, silenziosa ed infame scende creando disagi.
Si sorride per la neve con le ragazze della classe, ma è un ghigno di preoccupazione. Ritorna inesorabile il pensiero: riusciremo mai a tornare a casa?
Il professore imperterrito continua la lezione passeggiando qua e là, dalla scrivania alla lavagna luminosa, dalla lavagna alla porta d'ingresso.
Dal mio punto di vista, la stanza ha una lavagna centrale e due porte a fianco. Le linee dei banchi si susseguono davanti alla scrivania, le pareti sono bianche e il pavimento, con una parte di parete, è di quella gomma a pallini di colore rosso. Le porte sono nere, come le sedie. I banchi, invece, sono grigi.
Quello con la felpa nera e viola penso sia gay. L'altra ragazza sembra uscita dalla casa della prateria.

La neve non si placa, giù giù giù nif nif nif. Matteo si piega sui libri e continua la sua raccolta di appunti, sorridendo dice sottovoce «Stranamente oggi è abbastanza chiaro». Sarà merito mio o della neve. Boh.
Dall'oblò della porta, la prima persona incontrata in Bicocca, l'amico "chierichetto" di Matteo, ci saluta facendo smorfie e sorrisi, ricambiamo con distacco e se ne va. Magra distrazione per una lezione leggera come una peperonata il 26 dicembre!
Il prof schiarisce la voce, facendo delle smorfie pre-morte. «Chiamate subito un'ambulanza!». La neve si placa finalmente, ma non ci spererei.

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Curioso e scarno il bagaglio del prof: un libro di formato piccolo e due cartellette, una rossa ed una blu, contenenti appunti vissuti con "orecchie", come direbbero le maestre delle elementari. Cambio di lavagna.
Una cosa che ho notato è che tutti, come me, scrivono con la destra, tranne Matteo. Fischi! Fischi!
Finalmente smette di nevicare, ed inizio a rilassarmi. Sarebbe meglio che il prof avesse dei sottotitoli. "Prossimamente: non lo capisco"
Tutti tranne il professore e l'allievo gay capiscono che ha smesso di nevicare. Sorrisi tipo coriandoli a ferragosto. Quanto sono stupido??

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