Istituto di Dinamica Celeste
12° giorno dopo l'Equinozio di Primavera
Si erano aggiunte altre otto righe alla lavagna. Per ogni notte, il dottor B. si era incaricato di calcolare la posizione che avrebbero dovuto occupare i tre pianeti durante le quattro vigilie, e di per sé non era un compito semplicissimo. Neanche impossibile, certo, ma se si vogliono risultati con una certa precisione bisogna considerare che le giornate si allungano e quindi le vigilie si accorciano. E non alla stessa velocità ogni giorno.
E mentre lui, virtualmente, poteva prevedere la posizione dei pianeti latitanti, doveva accontentarsi degli occhi appannati e della vista incerta del dottor G.
No, no, il dottor G. era molto più giovane di lui e senz'altro ci vedeva benissimo. Ma mai con la precisione e l'arbitrariamente perfettibile dettaglio dei suoi calcoli. I pianeti si spostano da un giorno all'altro, da un minuto all'altro. Ma bisogna portare pazienza, e devono passare ben più che pochi minuti prima che l'errore sperimentale e lo spostamento non siano più confrontabili - ed è difficilissimo nell'ordine di tempo dei giorni.
Il dottor B. era preso da questo genere di dubbi (e lanciava questo genere di silenziose maledizioni al suo collega), perché a problema si sommava problema.
Per prima cosa, dopo dieci giorni di osservazioni spasmodiche, nessuno era ancora riuscito a vedere Giove, Saturno e Marte. Gli astrologi dovevano essere in preda al panico più nero.
La situazione era talmente assurda, che il Direttore dell'Istituto ne era dovuto convenire. Aveva, anzi, assicurato che l'Istituto se ne sarebbe occupato nel modo più approfondito che i limitati fondi avessero garantito. Anzi, ancora, entro pochi giorni avrebbe dovuto prendere servizio un cervello rientrato dall'estero, come si dice, e lo avrebbe senz'altro aggregato al gruppo di ricerca del dottor B. - che, con questo atto, era de facto promosso a coordinatore, il che era il secondo problema, perché il dottor B. era noto a sé stesso ed agli altri come tenace solipsista, ed era riuscito a far passare ad insegnare matematica ai biologi un assistente che aveva avuto l'ardire di lavorare con lui. L'idea di dover coordinare due colleghi variamente insigni non lo entusiasmava per nulla.
E poi, il terzo problema. Era ancora presto per esserne certi, perché l'errore sperimentale era ancora - appunto, come rimuginava poco prima - dell'ordine di grandezza delle misure (e quindi nessuno Sperimentale le avrebbe prese per consistenti). Ma lui, che Sperimentale non era né sarebbe mai stato, subodorava un'altra grana (probabilmente, tempo una settimana o due se ne sarebbero accorti tutti, se aveva ragione). E, cioè, la Stella Nuova si muoveva.
Continua...
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