sabato 10 novembre 2007

La musica delle sfere celesti

In un recente post di Chiara è citata la musica che sarebbe prodotta nel moto di rivoluzione delle sfere celesti attorno alla Terra. Ne parla Cicerone, nel Somnium Scipionis, ultimo libro della Repubblica, ma la teoria è certamente più antica. Risale alla scuola pitagorica, e se ne ha eco anche nel Timeo di Platone, laddove parla di sirene su ciascuna delle sfere celesti, ciascuna che intona una particolare nota. E non solo è più antica: questa teoria ha avuto fortuna per molti secoli, fino a guidare esplicitamente le ricerche di Keplero per le leggi sul moto dei pianeti.
Trovai il Somnium Scipionis su uno di quei banchetti che, i primi giorni di scuola, circondano il Liceo dove ex studenti cercano di ricavare un po' di soldi (al netto, perché di solito i libri vengono acquistati dalle famiglie) rivendendo gli usati. C'era un poveretto che cercava di vendere questo libretto che nessuno voleva, perché non era libro di testo di nessun professore. Gli strappai un buon prezzo, e appena tornato a casa presi a sfogliarlo. Era un'edizione commentata, senza traduzione in italiano ma con solo qualche appunto in nota, come tutti i libri di autori che si usano nel triennio. Ricordo ancora le parole che subito mi saltarono agli occhi: Quid est tantus et tam dulcis sonus, qui implet aureas meas?, così come la paginetta di commento che voleva spiegare le complicate metafore dell'Africano. Così, a settembre della quinta, trovai la mia tesina.
Che lavoro...settimane a cercare di capire come dalle esponenziali complesse potessero saltar fuori seni e coseni (per risolvere l'equazione dell'oscillatore armonico), o cosa mai fossero questi eigenvalues (autovalori) dell'articolo di Scimemi per calcolare le radici dodicesime di 2. E le ore nella polverosa biblioteca di Palazzo Agliardi, a fare foto clandestine alle pagine ingiallite dell'unica edizione del Commentarius in Somnium Scipionis di Macrobio che fosse possibile trovare senza andare alla Biblioteca Marciana o all'università di Bologna.
Dopo mesi di lavoro, venticinque minuti scarsi di esposizione. Ma ditemi voi se ne è valsa la pena. O se vale la pena rileggerla oggi.

1 commento:

Chiara ha detto...

Ne vale la pena...