giovedì 11 ottobre 2007

Disputatio

Frammenti - ovviamente di parte - della discussione con il mio curato

Breve tratteggio del contesto: Riunione degli animatori del gruppo adolescenti per preparare l'incontro di venerdì. La suora spiega l'attività proposta con abuso dei termini bellissimo ed emozioni.

Nota: il tono del discorso di ieri era meno elevato ed il lessico meno specialistico perché si parlava a braccio (elemento 1) ed alla presenza di altri giovani che avrebbero dovuto capire anche senza aver studiato filosofia (elemento 2)

Io intervengo obiettando che va ridimensionato lo spazio che nel nostro vocabolario educativo riserviamo all'emozione. In primo luogo perché codesti adolescenti già vivono immersi in un brodo turbinante di emozioni atematiche, e la nostra attività educativa dovrebbe essere quella di far fare loro ordine trovando le ragioni di quello che provano, che possono sostituirsi senz'altro a quello che provano con il pregio di poter meglio dirigere la prassi. In secondo luogo perché, se non si può espellere l'emotività dal vissuto personale, di un adolescente come di un adulto, non si deve comunque fare l'errore di considerarla fondante.
Mi si obietta subito molto, sollevando la differenza tra emotività ed emotivismo. Ma che io sia fiero nemico dell'emotività quando dirige le scelte non è fatto nuovo, e ben poco può incidere l'obiezione sul mio discorso.
Allora il curato cala l'asse: se si esclude l'emotività, allora l'uomo si riduce a ragione, e la ragione non può spiegare il Vangelo, che è in tanti punti contraddittorio, e ci vuole l'emozione per credere. Il tentativo di esegesi biblica condotto su pure basi razionali ha condotto allo storicismo con le conseguenze che sappiamo; non ci si può pronunciare sull'esistenza di Dio su basi razionali. Al vedermi ventilare la minaccia di storicismo ho lasciato perdere, perché storicismo fa rima con eresia e sono l'ultimo a voler assumere l'abito dell'eresiarca, ed anche perché il mio ricorso alla teologia apofatica è stato bollato come escamotage.
Qui, dunque, vorrei chiarire alcune cose, in breve.
In primis, non è assolutamente vero che io riduco l'uomo alla sola dimensione razionale. Seguendo in questo Schopenhauer, la dimensione volitiva è paritetica a quella razionale. Ma volontà non va confusa con emotività. La seconda è un'affezione dello spirito, la prima è la forza dello spirito, quasi la sua vis vitalis.
In secundis, non si può credere su pura base razionale, ma nemmeno su base emozionale. Perché, per sua natura, l'emozione va e viene, la vita di fede è una sorta di battaglia tra la dimensione del proprio io fallibile e la Verità di quello che S. Paolo chiama l'uomo spirituale; un impegno ed una fatica, non un'emozione od una sensazione.

3 commenti:

Chiara ha detto...

Penso che sarebbe stato interessante averti come animatore.
Una curiosità: perché non proporre una discussione sulla preferibilità di una teologia catafatica piuttosto che apofatica ai ragazzi stessi?
Beh, magari parafrasando la domanda...Non so come siano i ragazzi del gruppo adolescenti della tua zona, ma qui a Desenzano sono di un'inattività cerebrale deprimente. Se una volta ogni tanto ricevessero una botta di fredda speculazione razionale non vedo cosa ci potrebbe essere di male...

Cassa ha detto...

Di adolescenti, qui da noi, ce n'è per tutti i gusti.
Considerato che facciamo incontri separati per classe - perché sono troppi, da quando abbiamo gli ORatori di Scanzorosciate Insieme (che sarebbero cinque), per prenderli tutti in una volta - e la mia è la quarta, non è un tema che non si potrebbe affrontare. Osterebbero alla cosa curato e suora...tra psicologismo dell'una ed eroico furore dell'altro, è raro che ci sia spazio per quanto c'è di algido nel ragionamento.

Anonimo ha detto...

l'eroico furore... bello! grazie, finalmente qualcosa di gentile!