sabato 6 ottobre 2007

La cresta Cermenati o Della Noia

Gita che parte in salita, quella di quest'oggi. Non tanto per il percorso (non sono ancora salito su monti o a passi iniziando in discesa) ma per gli ostacoli esterni; in primo luogo mio padre che fa pesare un assurdo diritto di veto sulla meta della mia uscita. Niente Direttissima alla Grigna meridionale, perché da piccolo l'ha fatta e l'avevano sgridato che non aveva l'imbragatura ed il set da ferrata. Io non ce l'ho, dunque non ci posso andare; senza approfondire il fatto che lui di anni ne doveva avere una decina, io ventuno con un'esperienza molte volte superiore alla sua di adesso, chissà quand'era infante. Ma non basta questo a farmi desistere; anche perché, al limite lo assicuravo, facevo un'altra strada, appunto la Cermenati. Il secondo problema è di tipo meteorologico, ed è molto più serio. Per il pomeriggio sono previsti temporali e già alle prime luci dell'alba il cielo era velato di nubi compatte (verso monte, verso piano era sereno ma non che mi servisse). Allora decido di fare prima possibile, non mangiare via e fare il tipico "mordi e fuggi" alla cima.


Grigna Meridionale

Vado ai Piani Resinelli, sopra Ballabio (LC), ed in una decina di minuti su strada chiusa al traffico e mulattiera raggiungo il rifugio Porta del CAI di Milano (in uno stato pietoso, a dire il vero), da dove parte la salita vera e propria. Il tempo non promette nulla di buono. Nessun tipo di vista della Grignetta, solo un muro di nuvole che parte poco oltre il limite del bosco. Si incomincia attraversando il bosco Giulia, subito alle spalle del rifugio, e risalendo in poco tempo (direi...10') oltre il limite del bosco iniziando a risalire l'ampio spallone erboso noto come Cresta Cermenati. Le guide non la raccomandano particolarmente, se non in invernale, per la sua monotonia, e me ne accorgo molto presto. Il sentiero, se così lo vogliamo chiamare, è una pietraia calcarea che si fa strada tra i prati, ripidi ed a volte ripidissimi, senza una traccia chiaramente individuabile, ma anche senza grandi difficoltà, almeno in salita, per cui si va su senza farsi troppi problemi. Presto sono avvolto dalle nubi, il che abbassa drasticamente la visibilità, ridotta a qualche metro avanti e qualche metro indietro. Ai lati, essendo su una cresta, ancorché spesso ampia, solo un muro lattiginoso ed impenetrabile. Va avanti così per diverso tempo; la salita non è mai faticosa ma nemmeno che ci sia da ridere e scherzare. Le rarissime persone che incontro, in discesa, sono annunciate da un rumore di sassi smossi ed appaiono come fantasmi materializzandosi all'improvviso davanti a me. E va avanti così, senza novità di rilievo, per un'ora abbondante, ogni passo uguale all'altro e con l'impressione di essere sempre nello stesso posto. Il sentiero è segnato pochissimo. Solo nel primo tratto, che la mia mappa chiama i Geroni, ci sono dei bolli blu che indicano la via più semplice, poi bisogna arrangiarsi. Si lascia a destra la traccia per la cresta Sinigaglia, e si sta bene attenti a non andare troppo a sinistra, pena buttarsi nel canalone Caimi. Poi, dopo aver incontrato un paio di fasce di pioggia forte, si arriva in vista dei contrafforti rocciosi della vetta, dove si incrocia il sentiero Cecilia e si intravede almeno qualcuna delle guglie che rendono famoso il profilo della Grignetta. L'ultimo tratto è più impegnativo e dura circa un quarto d'ora; si arriva in vetta superando una paretina un po' scoscesa aiutandosi eventualmente con una catena. Ma, orrore! Cosa sia successo qui in cima non voglio immaginarlo, ma è completamente ricoperta da bagole di capra, o di camoscio, e quindi i pochi passi di arrampicata si fanno su terreno scivoloso e anche un po' disgustoso, specie quando si è costretti ad usare le mani. Ma ormai sono su, appena oltre le nuvole. Questo, anche se affascinante, rovina decisamente il panorama, perché l'unica cosa che si vede nei dintorni è la vicina (ma sarebbero comunque due ore e mezza) vetta del Grignone. Qui in vetta c'è la bizzarra costruzione del bivacco Ferrario, una piccola croce, un paio di colleghi escursionisti ed uno stormo di corvi.


La discesa è più delicata della salita, specie nel primo tratto e da quando il mio ginocchio inizia a dolere...ora non dà più segnali, inizia a far male di brutto ex abrupto. Comunque ci metto più o meno il tempo della salita, nonostante la visibilità non sia migliorata e decidere dove scendere sia meno immediato che salire sempre dritti, prenda comunque acqua abbondante e sia impossibilitato a superare con pregevoli gesti atletici i salti del sentiero, per via appunto del ginocchio. Il tempo, a valle, è peggiorato, infatti le nuvole hanno invaso il bosco Giulia conferendogli un'atmosfera da "I fratelli Grimm e l'incantevole strega", ed un crocchio di adolescenti milanesi che pensa ai rifugi si vada per giocare a calcio, come quelli che hanno invaso la terrazza del rifugio Porta, mi restituiscono il contatto con la "civiltà".


Nel complesso, a parte il male e l'acqua, posso almeno fregiarmi di un'altra vetta. Mi secca che non sia stato qualcosa di più "eroico", ma penso che farò in tempo l'estate prossima, dopo aver superato il corso di escursionismo avanzato ed essermi fatto comprare il set da ferrata. Così saranno tutti contenti (tranne mia madre, ma ormai ci ho fatto il callo).


Anche se credo che tutti conoscano l'itinerario di oggi, ho comunque fatto il file di Google Maps per vederlo.

Nessun commento: