Le decisioni prese il venerdì sera, davanti ad un boccale di birra d'abbazia, sono sempre quelle di cui ci si pente meno. Questa settimana, la decisione presa è stata «Domani andiamo a fare un giro e finalmente vediamo un po' di neve vera» - a Bergamo ha solo spruzzato la settimana scorsa, come si dice, e piovuto questa.
Qualche piccola resistenza va smussata, ed è opportuno rinunciare agli obiettivi presenti nella mia testa, e si scende al compromesso secondo il quale la decisione è mia, così come la responsabilità in caso di poco gradimento.
Visto che sono anni che mi si ricrimina aver mentito a proposito della lunghezza di un'escursione (ho detto cinque, erano otto), ho ridimensionato i programmi ed anche spostato di una buon'ora in avanti l'orario di partenza presunta. La neve di più facile accesso, retaggio della mia infanzia, è quella di Valcava, cinque cascine e dieci seconde case (di quando negli anni '60 ci si illudeva dello sviluppo turistico della bassa montagna) a cavallo tra la Val San Martino (quella che da Erve e Vercurago scende a Pontida) e la Valle Imagna. Si sale da Torre de' Busi, per dodici chilometri di stretta strada contorta. Valcava sorge sui rilievi che si innalzano dalla piana di Almenno, a serrare verso sudovest la Valle Imagna, e che si innalzano, dapprima con la placida costiera dell'Albenza, poi sempre più aspri e rocciosi fino alle bastionate del Resegone, a fare da estremo limite alle Alpi verso la pianura; tanto che, subito dopo la partenza da Rosciate, già li si vedono innalzarsi, con la sommità imbiancata.
Già avvicinandosi, e più ancora percorrendone i tornanti, si capisce come non sia solo la cima ad essere imbiancata, ma anzi l'innevamento sia più che sufficiente, per vedere la neve. Inoltre, lasciatici alle spalle la nebbia rada che invade la pianura (che si concretizza, per noi, in cappa di grigio sopra Scanzo e visibilità a settanta metri a Pontida), la giornata è limpidissima e si vede tutta la corona delle Alpi Occidentali, dal Monviso al Rosa, innalzarsi dal grigio della Pianura Padana. Arrivati al valico, infilo gli scarponi «Ecco! Lo sapevo che tramavi qualcosa. Io non vengo!» e, seguendo un anziano con gli sci da fondo che subito dopo essersi messo sul sentiero di cresta (molto ampia e pianeggiante) è sparito dalla nostra vista, ci incamminiamo nella selva di ripetitori (che permettono a mezza bergamasca di vedere la televisione) verso il Linzone. Dove il sentiero è già battuto la neve è compressa e si cammina quasi agevolmente, mentre avventurarsi nella neve fresca è utile solo allo scopo di inzupparsi, essere ridicoli e prendere un gran freddo.
Dopo aver fatto una passeggiata, aver sudato un bel po' ed aver visto il sole sparire dietro un nuovo strato di nuvole formatosi nell'oretta che ci siamo fermati, abbiamo deciso di scendere verso la Valle Imagna, incuranti delle indicazioni in senso contrario di un motociclista che era salito da là, e pregava che la discesa dalla parte opposta fosse migliore. Noi, chiaramente, imbocchiamo la strada, che in linea teorica è molto più larga di quella di Torre de' Busi, ma in pratica era praticabile (dove lo era) solo una carreggiata, perché l'altra non era stata sgombrata dalla neve. Costa Imagna, poi la Roncola, Almenno e ritorno a casa, in abbondante anticipo per pranzo.
Segnalo il file di GoogleEarth con il tracciato della passeggiata, e l'album fotografico (è su Facebook, credo sia comunque visibile da tutti). Nell'immagine un'idea dell'ambiente. Tutte le foto sono di Fabio©.
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