È ben noto in letteratura che il compleanno più importante è quello che realizza la maggiore età. In altri termini, se è vero che non esistono momenti in cui si invecchia più di altri, ed in effetti si invecchia senza discontinuità, dovendo mettere una linea di demarcazione tra minore età e maggiore età è con buona generalità costume metterla al compimento del diciottesimo anno d'età. E, probabilmente per festeggiare l'assoggettarsi al Codice Civile (con tutte le cautele che il fatto comporta), si tende a fare di tutto per ottenere la miglior giornata della vita (fino a quel momento); che poi ci si riesca, è un altro paio di maniche. Ma, in fondo, a noi non interessa che l'intento riesca o meno - specie se il diciottesimo non è il nostro, e considerato che uno diventa maggiorenne una volta sola, è statisticamente più probabile che sia il diciottesimo compleanno di qualcun altro - dunque presenziamo, quando possibile, con spirito olimpico da far invidia a De Coubertin.
Comunque, a questo specifico compleanno di ieri, le premesse per farsi sfiorare da un minimo di apprensione c'erano; premesse, come gli assidui ed affezionati lettori avranno colto, che avevano deciso di concretizzarsi nella questione della scelta d'abito. Premesse, che andiamo brevemente ad esporre.
La festeggiata gode certamente di un discreto successo sociale, e gli inviti per il compleanno, già nell'aria da una decina di giorni, si sussegivano e diramavano in tutte le direzioni. E, per rendere speciale l'evento, la location prescelta (cui possiamo anche fare un po' di pubblicità, dài, anche per la cameriera tra le più appariscenti del paese - ancorché con un animo da camionista bulgaro) non è certo mal trovata; anzi, già di suo avrebbe potuto far nascere il dubbio che la cosa non si sarebbe potuta risolvere in una serata tra amici, una chitarra e uno spinello di Eliana memoria. Nei giorni seguenti, a rendere ancora più palpabile l'excalation di affettazione, ecco che arriva a casa una gradita mezzana portando gli inviti su cartoncino, necessari all'ingresso. Abbiamo scritto affettazione, e non eleganza, perché l'impressione - almeno per il momento - era che si tentasse di mimare un ricevimento serio, senza però essere del tutto preparati in merito; ad esempio, un invito su cartoncino fucsia - e, appunto, nessun tipo di indicazione in merito all'abbigliamento. Quindi, improvvisazione. Né si venga a dire come vuoi che ci si debba vestire? o, meglio, come vuoi che tutti si vestano?, perché qualche anno fa sono stato ad una festa di analogo ambiente sociale (era un fine quinta superiore del Mascheroni, appunto) e le donne erano tutte rigorosamente in lungo, e gli uomini in abito scuro.
Alla porta, come previsto, c'è chi controlla l'elenco degli invitati (bene, sono l'ultimo della lista), e veniamo introdotti nel locale. Il tempo incerto ha costretto a preparare il buffet in una sala dell'interno, e poiché i nuvoloni minacciosi che hanno scaricato acqua per buona parte della giornata (ed in buona parte sulla mia testa, ché ero in giro per librerie con Fabio, il mattino) si erano aperti da poco, dalla nostra terrazza vedevamo di sotto il sole riflesso sul cotto bagnato. Ecco, ad avere una macchina fotografica bisognava prendere il tramonto. Dopo aver lasciato il Borsalino sull'attaccapanni, iniziamo ad osservare i convenuti (e, soprattutto, i loro vestiti, per decidere se ero così overdressed come di primo acchito m'era parso). Ok, la cravatta non l'aveva nessuno. E, del resto, di quelli che conoscevo ben pochi sarebbero stati in grado di legarsela al collo. Però, nel complesso, gli uomini erano vestiti (a parte un paio di clamorose eccezioni) in modo adatto. Bene. Niente pesce fuor d'acqua. Il problema erano le donne (o ragazze); perché va beh, su quelle dell'oratorio non c'era molto da sperare. Nessuna è venuta con la divisa da animatrice del CRE, e quasi nessuna con minigonna inguinale, e questo è direi un risultato. Ma le studentesse dell'iperfighetto Mascheroni sono state veramente deludenti. Tutte con l'abito (segna un punto), e quasi tutte con un bell'abito. Ma da pomeriggio (il che significa: sopra il ginocchio), maledette. Mi sono consolato concludendo che, in fin dei conti, sbagliavano loro e non io. Mi chiedo se il dubbio, almeno, avesse sfiorato anche loro, mentre le immaginavo accompagnate da mammina per le boutique del centro. E mi rispondo che è era improbabile, quanto meno.
Per essere una festa ci si diverte ben poco, esordisco rivolgendomi al primo degli altri ospiti che conosco. Tutti in fila lungo il terrazzo, in silenzio o - al limite - parlottando sottovoce col vicino, commentando il tempo la politica lo sport, e segretamente attendendo Briatore che, essendo dalle parti di Monza per il Gran Premio di Formula 1, probabilmente sarebbe passato a fare un saluto, atterrando in elicottero tra i vigneti splendidamente abbronzato e col sorriso al Botox in faccia. Il disgelo è stato lento; un paio di presentazioni, i gruppi di amici che si trovavano e facevano capannello (e la curiosità di vedere quanta gente sarebbe riuscita a rimanere sul terrazzo senza causarne il cedimento), e la nostra ospite con gonna a palloncino (già indossata, se ben ricordo. Un punto in meno. Al Galà di Capodanno. Mezzo punto in più [perché allora è colpa mia, ché è stata una mia idea {il Galà, non l'abito}]) che rimbalza da un gruppo all'altro a fare sorrisi carini, avvisare che il buffet è in lieve ritardo e distribuire i talloncini dei drink. Rigorosamente divisi tra quelli per minorenni e quelli per maggiorenni. Primo locale della storia con barman rispettosi della legge. Segna un punto. Nel frattempo, l'atmosfera si fa lentamente meno tesa, mentre ospiti su ospiti continuano ad arrivare, e supereremo abbondantemente la cinquantina; cose fatte in grande, per la celebrazione della nostra ospite che ha concluso la scalata alla maggiore età. Addirittura striscioni come quelli dei matrimoni, ad indicare la stretta viuzza che conduce tra vigneti al posto.
Apertura del buffet, ed orda decisamente poco elegante che vi si fionda sopra; da segnalare la festeggiata che sgomita per raggiungere il tavolo, perché era stata sopraffatta, e quello che, adocchiato un avanzo di piadina in un angolo, si fa pochi problemi a sottrarlo di nascosto. E finalmente si scende a bordo piscina, ed al bar. Pur tra mille differenze, adesso gli ospiti convenuti si sforzano, lentamente, di conversare gli uni con gli altri, mollemente distesi sui divani in vimini (che, ma pensa, non sono molli a propria volta); ma senza esagerare, ché un problema diffuso di questo tipo di feste è che sono presenti, con buona generalità, due gruppi che non si conoscono e che non hanno interazioni: quello dei compagni ed amici di scuola, e quello degli amici e compagni del paese. Tra l'altro, molto spesso dal profilo socioculturale così diverso da rendere arduo, se non impossibile, il comunicare anche volendo - ci sono passato, alla festa per i miei diciannove; ed ho deciso che non era opportuno ripetere, perché è un po' una fregatura per tutti; ed a te, ospite e festeggiato (saranno tre volte che slitto tra i due significati di ospite, ed immagino che ormai i lettori saranno nel panico; chissà perché i latini non hanno adottato la pratica distinzione host-guest. Qui sta per host), non resta che elargire la tua presenza agli uni ed agli altri, e scontentare tutti. Così, a parte una breve conversazione sui virus informatici, abbiamo marcato anche visibilmente ciascuno il proprio territorio: noi di Scanzo sotto il padiglione, i mascheroniani a bordo piscina; mentre si alzava un'aria fredda che ha costretto buona parte delle ragazze a coprirsi rovinando irrimediabilmente l'abbinamento cromatico degli abiti. Dopo un primo drink è venuto il momento dei regali; e quando si invitano cinquanta ospiti, pur essendo diffusissima la pratica - che non ho mai amato fino in fondo, pur confessando di avervi spessissimo fatto ricorso, specie quando manca l'ispirazione - del regalo in condivisione, i regali sono molti. Ed alcuni decisamente simpatici, belli o curiosi - altri, ad onor del vero, di dubbio gusto. Per motivi legali, purtroppo, non mi è permesso di fare esempi, comunque si sappia che niente che ha a che fare con i camaleonti li rende un articolo di gioielleria che vale la pena di indossare. Un po' di ginnastica etilica, ovvero scendere le scale prendere da bere tornare su, mentre all'orologio appare evidente che il programma, formalizzato nei minimi particolari, sta saltando. Ad ogni modo, programma che lasciava dei buchi inspiegabili tra un'attività e l'altra, ma non abbastanza da rendersi conto che c'è un problema a proposito del disco time (il problema mega tuffo in piscina va da sé, non lo si affronta neanche con la temperatura che scende intorno ai quindici gradi). In sostanza, gli amici mascheroniani che dovevano mixare non avevano pensato al cavo minijack-RCA (e, anzi, dalle loro facce mi è venuto il dubbio che non sapessero cosa fosse, un RCA - quelli bianchi e rossi, ma voi lettori lo saprete già sicuramente), e dunque ci si è dovuti accontentare della lounge-music di default, che però non permetteva certo di ballare. Benché non sono certo sia stato un male, stanti i probabili gusti commerciali dei selezionatori, e senz'altro della festeggiata.
Arriva, in ritardo rispetto al programma che la prevedeva fiscalmente alle 21.08, la torta, e bisogna dire che è stata ben trovata, in quanto consisteva nel mangiarsi un pezzo di festeggiata; forse un po' meno trovata la foto che, scattata oltre un anno fa alla precedente festa di compleanno - informazione facilmente rintracciabile sullo space della di cui -, la vede con un taglio di capelli diverso, ed in una posa che io non avrei scelto di rivelare al mondo, diciamo un po' frivola, e piuttosto mi sarei fatto fare una foto apposta dal fotografo. Comunque, a me è toccato un bicipite (o meglio, quello che sta attorno all'omero - che siano muscoli, ho dei dubbi), e del buon vino spumante, Prosecco di Valdobbiadene, perché è noto che ai ragazzi, ed ancor di più alle ragazze, piace quell'abominio dolce del Moscato d'Asti, o comunque un qualsiasi vino "con le bolle" che abbia un sapore rivoltante.
La festa continua, arriva anche l'Epo a fare una visita ecumenica; e rigorosamente questi bravi bambini (non l'avrei scritto, se lo pensassi, né l'avrei corsivato se pensassi che qualcuno ci possa credere) tornano a casa, i più raccattati da qualche genitore che si sacrifica a trasportarli. Ed è giunto il momento di fare l'attività primaria per gli uomini, e quella che più li contraddistingue e più li mette nei casini: esprimere giudizi. Ecco, in breve il mio giudizio sulla festa. Bella, ma non divertente. Per esempio, settimana scorsa ero passato ad un codiciottesimo (cioè un diciottesimo condiviso da due festeggiati) e ad un certo orario, comunque non tardissimo, si era dovuta aggiungere al gioco della bottiglia una regola che vietasse l'incesto omoerotico. Qui, l'aria e l'atmosfera da party mondano hanno, probabilmente, tenuto a freno tutta la stupidità che, è inutitile nasconderselo, sotto sotto covava. Poi certo, l'altra festa aveva a che fare con un contesto completamente diverso. È interessante osservare come, passati i sedici - a occhio - inizino a divergere quanti, fino al mese prima, erano esattamente il medesimo clichet di adolescente standard. E come la scuola faccia parecchio, in tal senso. E, nel caso che discutiamo, faccia bene. E, infatti, ne sia venuto a casa soddisfatto. Cosa che non è da sempre.
Note conclusive
È ampiamente inutile, ora, fare i nomi. Primo, perché chi conosce sa - anche perché era stato invitato, come tutti; secondo, perché anche se a nome cognome aggiungessi indirizzo codice fiscale e contatto messenger, non ne saprebbe molto di più chi non conosce. Ma, visto che chi ha orecchie ascolti, il mio regalo era il celebre capovaloro di Flaubert.