Quella di ieri è stata l'escursione delle "prime volte". Prima volta che andavo nel gruppo dell'Adamello (se si esclude qualcosina di misero che devo aver fatto in seconda e quarta elementare in gita con la scuola a Ponte di Legno e Temù, ma non ricordo...probabilmente niente da segnalare), prima volta che, dopo ripetute insistenze da parte dei miei, mi aggregavo al G.A.P. di Scanzo, prima volta a questa quota - il mio record precedente era 2712 m al Simàl sul sentiero delle Orobie -, prima volta (e qui sono stati dolori!) a salire su terreno misto e a procedere in cordata.
L'escursione sulla carta non era certo semplice ma neanche doveva essere di questo livello. Tutta colpa della nevicata di mercoledì scorso che ha spruzzato un po' dappertutto e, nei tratti all'ombra sopra i 2600 ha deciso di trasformarsi in un bello strato di neve ghiacciata.
Si parte dai 1500 metri del Ponte del Guat in Val Malga, nel territorio del comune di Sonico (BS), e si sale sulla sinistra per la Valle del Baitone. Il primo tratto è in piano su strada silvopastorale, che poi si lascia per salire a sinistra, su una mulattiera approssimativamente pavimentata con grosse rocce, prima in un bosco di abeti abbastanza rado e poi uscire su pascoli secchi misti a grosse pietre che i ghiacciai devono aver trasportato qui chissà quanti anni fa. Si risale in direzione della diga del Lago Baitone, con annesso rifugio (chiuso) risalendo il primo terrazzo glaciale (la cosa fastidiosa di queste valli è che hanno tutte due o tre terrazzi glaciali interrotti da ripidi e fastidiosi gradoni anche di 200-300 metri). Si percorre in piano tutto il lago, a dire il vero assai vuoto, e si affronta il secondo gradone, che porta al terrazzo da cui si affaccia il piccolo rifugio Tonolini (2450 m, 2h dalla partenza i primi del gruppo - tra cui io, una delle poche soddisfazioni di oggi). Il rifugio è chiuso. Come, alla domenica in settembre?! Quelli del CAI di Brescia sono scarsi, è il primo pensiero. Dopo aver atteso tutto il gruppo ed esserci ripresi, riprendiamo a salire in direzione del Passo Cristallo - non tutti, altri optano per la più bassa traversata del Passo del Gatto, sull'Alta Via dell'Adamello. Per prima cosa si risale il Lago Rotondo, alle spalle del rifugio (questo deve essere il terzo Lago Rotondo che trovo, che fantasia...solo Lago Gelato (o Zelto, o Gelt, è lo stesso) è un nome più inflazionato) poi si attraversa la valle sui grossi, ed a volte instabili, massi morenici che tutto invadono, da queste parti. Si arriva ad una spalla di roccia, sulla destra della valle, invasa come sempre dalle morene, a partire dalla quale iniziamo a trovare neve gelata negli interstizi. Saliamo per pochi minuti in direzione di una freccia rossa da dove inizia il tratto più interessante, ma allo stesso tempo più difficile, di oggi. Un gruppo di escursionisti che abbiamo incrociato ci ha detto che tutto il canalino che sale al passo è invaso dalla neve, e di provare a stare sulla sinistra (qualsiasi cosa significasse, non l'abbiamo fatto). Qui vengo assicurato con un'imbragatura improvvisata - onore o vergogna che tocca solo a me, ad una signora e ad un altro ragazzo, gli altri si arrangiano - e inizio a risalire, su appigli che la presenza di questa neve rende più piccoli e scivolosi assicurandomi alla catena posta in loco. Questo è ancora abbastanza fattibile, sempre meglio dell'altro ragazzo che sta già procedendo legato in cordata alla nostra guida, e che occupa i tiri prima di me, e pertanto devo aspettarlo. Poi arriva la parte drammatica (sto esagerando, neh, comunque la difficoltà aumenta), perché la catena finisce probabilmente perché la salita è meno ripida e c'è più posto per mettere i piedi, ma questo posto è completamente invaso dalla neve e quindi bisogna procedere di punta. Mi associo alla cordata, col pregio parziale, almeno, di essere io ad impegnare i tiri di corda prima dell'altro. La nostra guida, eccellente, sale e recupera la corda, la tiene bene in tensione e parto io. Arrivato ad un punto più sicuro, recupero e sale il terzo. L'unico punto veramente delicato è assicurato con una corda che i primi della comitiva hanno assicurato ad un masso ed a cui bisogna praticamente appendersi, perché il pendio nevoso in quel punto non è interrotto da nessun sasso e non c'è spazio per tenersi con le mani. «Fidati di più degli scarponi, che non scivolano» mi fa un compagno di gita, ed in effetti pare abbia ragione, perché non sono mai scivolato neanche di un centimetro, ma continuo a preferire essere attaccato sempre da almeno tre parti. Superata la corda la via si fa un po' più facile fino ad arrivare in vista del passo, dove c'è un'altra catena per superare un traverso che sarebbe molto esposto anche senza neve, anche se ormai sono talmente abituato a fare senza che riesco ad uscire al passo procedendo solo sulla roccia. L'uscita al passo catapulta in un'altro mondo...il pendio è più dolce e soprattutto esiste della vegetazione, per non parlare dell'assenza di neve, visto che siamo esposti a sud. Alla nostra sinistra si vede chiaramente la punta dell'Adamello ed il Pian di Neve che precipita sulla Val Miller. Pranziamo qui (ormai è l'una passata, ridendo e scherzando ci abbiamo messo un'ora e mezza a salire dal rifugio) e ci accingiamo a scendere la Val Miller fino al rifugio Gnutti e poi al Ponte del Guat. Il primissimo tratto è facile, poi c'è un lungo tratto sulle solite morene, qui un po' meno estese, ed affiorano anche divertenti lastre di granito su cui scendere è facile anche se un po' faticoso per le ginocchia. Il gradino glaciale è antipatico, perché la vegetazione abbastanza alta copre un po' il sentiero e non si capisce bene dove mettere i piedi per non incappare in storte o finire in terra, poi si percorre a mezza costa il pendio e si sbuca nei pressi del Pantano di Miller, una vasta torbiera, che era un lago, da cui si scende seguendo una condotta interrata dell'Enel fino al rifugio Serafino Gnutti (2166 m) del CAI di Brescia, ancora aperto ma per l'ultimo giorno, poiché stanno sigillando finestre, mettendo al riparo gli arredi esterni, pulendo il locale invernale... Dal Passo c'è voluta un'ora e mezza abbondante. Dopo altro riposo (questa è la cifra più particolare di queste escursioni in gruppo...quando ci si ferma a riposare non lo si fa per meno di mezz'ora) si affronta l'ultimo tratto della discesa, dapprima quasi in piano tra erbe e massi (avvistata una vipera) e poi scendendo l'altro gradino glaciale lungo le celebri e maledette "scale di Miller", ripidi tornanti gradonati che mettono tutti in difficoltà, sembra, perché si procede in fila indiana senza nessuna fretta...io andavo anche più veloce, ma ad un certo punto sono rimasto imbottigliato ed allora ho lasciato perdere, anche perché il ginocchio "sifulo" incomincia a darmi pensieri. Finito questo lungo tratto, che ci porta praticamente alla stessa quota dell'arrivo, la vallata è amenissima ed il sentiero costeggia il gorgogliante e limpido ruscello che scende dal Lago di Miller, fa una cascata a fianco delle scale e procede poi per la Val Malga. Si torna poi ad immettersi sulla pista forestale che in pochi minuti conduce al Ponte ed al parcheggio. Sono passate nove ore dalla partenza, ed il ginocchio, ora, fa veramente male. Ma se ne è valsa la pena!
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