sabato 27 settembre 2008

I migliori anni della nostra vita

Sempre grazie all'ormai onnipresente FB, ma anche ai solidi antichi mezzi del telefono, della lettera raccomandata e del piccione viaggiatore, ieri sera si è concretizzato il ritrovo della V G '05, cioè della mia classe del Liceo.

Dire che si è concretizzato il ritrovo è di per sé fuorviante e decisamente eccessivo, anche perché - benché gli avvisi fossero stati ampiamente diramati - non eravamo che in sette; e, tra l'altro, come si dice, i soliti sette, cioè quelli che fanno sempre carte false per intervenire. Escluso Picca, che abbiamo contattato e praticamente trascinato per il collo.

Due volte in due settimane che si rinverdiscono i fasti del liceo - è stagione, probabilmente, ed il fatto che c'è chi s'accinge a laurearsi, ed a mettere una pietra sopra un'altra fase della vita favorisce senz'altro; benché, a differenza di quella volta, i compagni di classe sembrino molto meno cambiati (e, non si offendano, maturati) rispetto alla media; e, senz'altro, mi ci metto anch'io, che in questi anni devo aver raggiunto nuove vette di cinismo, ma senza esagerare. Benché una mia eventuale aggiuntiva perfidia, come notizia, svanisca di fronte al capitolare del caposaldo dell'indifferenza, dell'eroe del cinismo e del Prometeo del disinteresse. Insomma, Picca ha la ragazza (o, meglio, la notizia è che ha lo sbatti di averne una!).

Sono sempre i migliori ad andarsene per primi. Infatti, i peggiori (i "bruttazzi") sono ancora, a targhe alterne ma sostanzialmente con regolarità, sul mercato.

Va assolutamente fatta un po' di cronaca perché ieri sera si è sfiorato il parossismo dell'idiozia (o, essendo che per la quasi totalità siamo studenti, della goliardia, come non ha mancato di farci notare Gaffo). Ci siamo trovati in città bassa e siamo andati in un locale dei pressi, uno di quelli tranquilli, a fare in noi sette più casino di tutti gli altri avventori (ma non delle cameriere, che continuavano a rompere bicchieri), nel ricordare il passato, aggiornarsi sul presente e prospettare il futuro. Finché gli sguardi imbarazzati degli altri avventori, ed i bicchieri vuoti, ci hanno spinto ad andarcene e migrare ad un altro locale. Dopo aver gentilmente ma fermamente rigettato l'ipotesi dancereccia, abbiamo optato per salire in Città Alta onde salutare un paio di compagni incastrati con il lavoro; e - essendo che il sempiterno motorino di Picca si è digievoluto in un'imponente motocicletta - una nostra compagna ha sottratto un casco perché "è bellissimo andare in moto" (rigorosamente con la ó chiusa, in quanto della Valle Imagna), e noialtri ci siamo stretti in cinque nell'auto di Fiorini. Mentre il passeggero s'allontanava dal rock dell'autista per mettere le peggio tamarrate ad un volume tale da far tremare i finestrini, e tamarramente salivamo per una deserta Valverde, incrociando di quando in quando pedoni in discesa, gli altri due dovevano precederci in Colle Aperto.

Fai una vasca della Corsarola, aspetta ad un capo della città. Fanne un'altra, aspettali di nuovo; aspettali e basta, seduti fuori dalla Marianna; e questi due non arrivano. Cinque minuti d'attesa, e si è iniziato a malignare; ma quarantacinque, e ci si preoccupa, e non poco. Riprendiamo l'auto, ed iniziamo a girare in cerca di lampeggianti dell'ambulanza; e, dopo aver escluso con ragionevole confidenza la loro presenza dentro le mura, siamo scesi di nuovo allo stadio dove avevamo lasciato le auto, ma anche lì nessuna traccia. Allora, visto che ormai era tardi, e preoccuparsi fa venire fame, abbiamo deciso che con buona probabilità erano a mangiare un kebap (no, non è vero, ma ci siamo giustificati così) e siamo andati al Dessi. Ben satolli, torniamo indietro e - benché di Picca non ci sia traccia - finalmente appare la Pellegrini; la quale racconta la propria lacrimevole storia.

Avendo deciso per un motivo non meglio specificato di salire non da Valverde, che era l'itinerario che ci eravamo detti ed il più corto, ma dall'ingresso d'onore di Porta s. Agostino, si trovano i vigili che deviano il traffico ed informano della chiusura serale estiva (ormai sa un po' di presa in giro) di Bergamo Alta. Ritenendo loro che anche noi avessimo trovato il medesimo impedimento (ed è un po' un mistero perché a Valverde non c'erano né pilomat né sbarra né uno straccio di cartello di divieto), stazionano in uno dei pochi locali aperti nei paraggi in attesa che ci facciamo vivi. Ma qui il problema. Picca deve aver cambiato numero dai tempi del Liceo, e sebbene noi lo tempestiamo di telefonate, probabilmente stiamo chiamando una SIM che ormai giace in qualche discarica di materiale tecnologico; o il cellulare di un bambino pachistano in Pakistan. Mentre la signorina, per essere più comoda in moto, aveva lasciato a noi la borsa, con i soldi, con il telefono. E Picca, parimenti, non aveva il numero di nessuno di noi (cosa che non ci era sembrata necessaria, ma la prossima volta che lo becco su Messenger me lo faccio dare ché non si sa mai).
Come si poteva immaginare, né alla studentessa di Scienze Politiche né all'Architetto è venuto in mente che bastava che lei chiamasse con il telefono di Picca il proprio cellulare (il cui numero si assume lei sappia) perché noi rispondessimo e vivessimo tutti felici e contenti.

Alla fine, felici forse no ma contenti senz'altro - pur con l'impegno di rifare, e stavolta costringere tutti a venire - ce ne siamo tornati a casa verso le due.

NOTA: Gaffo studia a Milano e pare abbia un appartamento tutto per sé: sappia, se mai leggerà il post, che voglio fargli un'offerta che non può rifiutare - non nel senso che non gli convenga farlo; ma proprio che non ne avrà la possibilità.

Non so bene come funziona con le autorizzazioni, ma per chi può vedere qui si trovano le foto della serata scattate da Fiorini.

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