Appuntamento a Lecco alle 8.15, per raccogliere la compagnia alla stazione ferroviaria. Un piccolo errore di valutazione sul fatto che era venerdì di ponte, ed io pensavo che la famigerata Briantea fosse un po' meno trafficata, unitamente a gente di nessuna fretta nel tratto tra Calolziocorte e Lecco, e sono arrivato quei dodici minuti in ritardo (che sarebbero stati dieci se il treno non fosse arrivato in anticipo, e che sono comunque meno di venti). Tra le altre cose, mi ero dimenticato di guardare su una mappa o altro straccio di indicazione stradale come si raggiungesse Abbadia da Lecco (è il paese subito dopo, in direzione Colico, ma tra superstrada, svincoli e zone a traffico limitato non era così immediato raccapezzarcisi), e pertanto le ho provate tutte per sbagliare strada e perdermi nella zona residenziale di Lecco; ciò nonostante, fatta colazione, alle nove eravamo pronti per calcare il sentiero.
Punto di partenza è Linzanico, frazione a 320 metri di Abbadia Lariana, ex sede comunale, con tanto di targa in onore del podestà. Dalla piazza del microscopico paesello sale una pista agrosilvopastorale dal fondo di ciottoli sconnessi - ed alquanto scivolosa, posto che l'esposizione è ad ovest e, quindi, il mattino è in ombra - che sale, con un paio di strappetti non drammatici, ma comunque sufficienti a carburare le gambe di prima mattina, fino alla confluenza con il sentiero dell'Alta Via delle Grigne, in questo tratto molto ben tracciato, che scende a sinistra verso Crebbio e, alla nostra destra, si inoltra in Val Monastero. La passeggiata prosegue in falso piano, lungo un sentiero facile ma, di quando in quando, invaso dal fango, fino ad avvicinarsi - come il rumore delle acque indica - al corso del torrente Zerbo, che risaliamo agevolmente. Ad un certo punto il sentiero principale scenderebbe sulla destra ad attraversare, su ponte di cemento, il torrente, ma noi proseguiamo, su un sentiero stretto ma non infido, fino a scendere lungo il torrente ed a raggiungere, in ambiente sempre più saturo di umidità, fresco come se ci fosse l'aria condizionata e rumoroso, la cascata prima meta della nostra passeggiata (500 m, 1h dalla partenza). Qualche foto di rito, anche perché fa veramente fresco e ci si sbròfa tutti di acqua, e torniamo sui nostri passi per varcare il torrente. Il sentiero si impenna subito perché deve guadagnare 450 metri di quota prima di Campelli, e presto incrociamo il segnavia 4 della Comunità Montana del Lario Orientale (non ci si faccia trarre in inganno, non incontriamo nessun segnavia. Solo, è evidente che il nostro sentiero, discretamente tracciato e saltuariamente segnalato come Alta Via delle Grigne, incrocia una strada cementata che, previo conforto della cartina, non può che essere il sentiero n.4. Lasciamo l'Alta Via, da cui abbiamo in programma di scendere, e ci inerpichiamo per la strada, che si rivela subito estremamente ripida e particolarmente noiosa, perché di tornante in tornante guadagna quota in un bosco che lascia poco spazio a panorami. Dopo un'ora di salita faticosa e di imprecazioni raggiungiamo le prime case del borgo di Campelli (949 m), da cui si apre una vista (meravigliosa se non fosse ostacolata da inutili pali del telefono) sul Lago, la Grignetta e le altre cime dei dintorni.
Dopo una mezz'ora abbondante di ristoro riprendiamo a salire, decidendo di optare per il sentiero e di snobbare la strada asfaltata (con la recondita ed illusa speranza di ricongiungerci presto). Il sentiero sale in un bosco di betulle che alterna tratti invasi da foglie morte - nel tentativo di seguire la strada più logica, arriveremo a sprofondarci fino al ginocchio - a tratti di rara bellezza che ce lo fanno battezzare il bosco degli elfi, finché - persa completamente ogni traccia di sentiero, in quanto tutto il bosco era estremamente agevole - sbuchiamo nella radura a me nota (grazie alla presbiopia, sicuramente) come Prato della Neve e che, ad un più attento esame della mappa, si chiama Prato della Nave (1100 m, 30' da Campelli). La mappa si ostina a darci su un sentiero che, per noi, è completamente invisibile, e ci orientiamo in leggera salita andando a naso e seguendo ciecamente la bussola. Qualcuno stava ormai perdendo le speranze, e vaneggiava di enormi cani neri e di briganti, quando, oltre le cime degli alberi, il mostruoso condominio dei Piani Resinelli ci apparve indicandoci, al tempo stesso, la direzione giusta (quella che era già mezz'ora che seguivamo) e che entro pochi minuti avremmo raggiunto la civiltà, od almeno le sue vestigia. Raggiungiamo, infatti, il piazzale delle miniere ed il rifugio SEL (1277 m, quasi 1h da Campelli), dove ci aspetta un lauto pranzo a base di pizzoccheri e polenta taragna.
Dopo aver abbondantemente mangiato e bevuto (ma avremmo potuto bere di più) ed esserci affrontati in una partita a scopa dalle assurde regole milanes-brianzole, che non stavano né in cielo né in terra - tant'è che ho presto raccolto la solidarietà dei miei amici di Bergamo - abbiamo iniziato la discesa, con l'intento di percorrere tutto il tratto dell'Alta Via delle Grigne dai Piani Resinelli ad Abbadia. Così facendo, invece di scendere a Campelli, saremmo rimasti in quota fino ad arrivare al Forcellino del Coltignone, per poi scendere sulla nostra destra; peccato che, raggiunto il belvedere (1287 m, 20' dal rifugio SEL)a strapiombo sul lago che avevamo previsto, non se ne sia trovata traccia (probabilmente per colpa mia, avremmo potuto provare a seguire le indicazioni per il sentiero dei Tecétt in cerca dei bolli rossoblu sempre più rari e sbiaditi) e si sia dovuti tornare sui propri passi, per scendere dalla stessa via dell'andata (anzi, preferendo la strada fino a Campelli piuttosto che il peregrinare alla cieca nel bosco).
Fare a ritroso la strada dell'andata ci ha permesso di mettere nella giusta luce la assurda pendenza della strada cementata, e l'assurda pianeggianteria della val Monastero. Mentre, da una parte, si scendeva celermente, dall'altra alla mia compagnia sono iniziati ad insorgere un'infinità numerabile di dolori; alcuni ovvi, altri comprensibili per via degli scarponi nuovi, altri inspiegabili o, comunque, spiegabili con difficoltà. Ma, alla fine, accompagnati dai complimenti dei villeggianti della domenica che passeggiavano poco sopra il paese e non potevano capacitarsi che si potesse arrivare fino ai Piani Resinelli, abbiamo raggiunto l'auto a Linzanico ed abbiamo fatto rientro nel caldissimo e rumorosissimo mondo vero. E se qualcuno avesse veramente saputo la strada saremmo anche arrivati a casa senza passare dalla Villa Reale di Monza.