Abbiamo dovuto aspettare la primavera avanzata perché l'aria iniziasse a sapere di qualcosa di diverso da pioggia e polveri sottili, perché abbiamo avuto un aprile freddo e piovoso. Ma, con questo mese, entriamo a pieno diritto nella stagione più amata dell'anno. Sensuale nel suo tepore e nelle brezze. Quella in cui non sono ammessi i malinconici; quella con il maggior numero di suicidi.
Non di questo si vuole parlare, comunque. Perché, insieme agli altri profumi, iniziano a riempire l'aria il fumo delle grigliate e l'aroma di grasso bruciato delle grigliate; perché inizia la stagione delle sagre. E, tra le prime, quella di S. Croce a Gavarno Vescovado, che ha caratterizzato il sabato del nostro fine settimana.
Il venerdì, come già ampiamente descritto, è stato dedicato alla montagna. Nonostante, complici i problemi di strada già accennati nel post, sia rientrato proprio per l'ora di cena, la stanchezza non è stata tale da impedirmi di passare un venerdì sera fuori casa, ancorché tranquillo. Sono infatti andato, insieme all'Epo - Fabio, per dire, era appena tornato da Torinoe non era il caso di invitarlo, dovendo riprendersi da due giorni via con l'oratorio - al solito Jam di Nembro, che per una volta, oltre a non essere così affollato da costringerci a sgomitare tra gli avventori (questo inconveniente abbiamo scoperto si evita non arrivando dopo le dieci meno un quarto), ci permetteva di ascoltare della musica interessante. Di solito, salvo le serate di live, il locale è il regno della commerciale - diciamo la verità, la musica è l'ultimo dei motivi per cui ci si va, ed il primo lo staff che serve ai tavoli, sempre notevole e con elevato ricambio; poi ce n'è altri, tipo la carta dei rhum - ma venerdì il dj, serissimo (quasi non beveva, e si sa che i dj bevono gratis), deliziava tutti quanti con dell'elettronica molto ricercata (e, infatti, c'erano un paio di ragazzini che cercavano di convincerlo a cambiare selezione, il che mi fa tornare alla mente quando, un otto anni fa, alle feste venivano a chiederci l'hardcore). Dopo la nostra modestissima consumazione (e la mia più modesta ancora, giacché guidavo) ci siamo spostati a Bergamo, con l'intento di entrare al Darachi, una sorta di posto similetnico, ma non era serata e non si riusciva quasi a metterci dentro il naso. Abbiamo ripiegato, allora, con mia gioia - ché da quando Fabio finge di stare a dieta non ero più andato - sul kebap del Dessi. E via, a casa presto.
Sabato mattina, almeno finché non finiranno i corsi, sarà sempre dedicato allo studio, e così anche questa volta, nonostante abbia dovuto in un paio d'occasioni lasciare i libri perché richiesto in giardino - mio padre s'è messo in testa di potare a zero tutta la siepe che borda le ringhiere, ed ogni settimana ci si deve sorbire un paio di viaggi alla stazione ecologica a conferire il verde. Pomeriggio analogo, di libri e messa, mentre per quanto riguarda la serata mi era arrivato un messaggio che ci invitava tutti (tutti adolescenti ed educatori) alla sagra di S.Croce, essendo Gavarno V. una delle parrocchie di Scanzorosciate; così, incrociando dopo messa Fabio che si accingeva a portarvi la cugina ed a recarvisi a propria volta, ho sbolognato il mio Zipoli a mia madre e mi sono unito a lui. Arrivati al campo sportivo di Tribulina (non c'è più spazio per fare la sagra nell'Oratorio di Gavarno) abbiamo parcheggiato ed incontrato i più puntuali degli ospiti. Dopo una discussione, a proposito del fatto se fosse meglio mangiare pizza (come da programma) o cibo vero (come da acquolina), abbiamo ripiegato sull'anarchia, ed abbiamo fatto code diverse, atteso tempi diversi e - scandalo, qualcuno ha gridato in seguito - mangiato a tavoli diversi. Insieme a Fabio, abbiamo preso abbondanti libagioni alcoliche che, non ho capito bene per quale motivo, mi sono ritrovato a bere quasi da solo. Poco male; anche perché la pizza non era abbondantissima, e nell'alcool ci sono non poche calorie. Inoltre, superare la serata in compagnia di alcune adolescentine che proponevano assurdi eeehhh...giochi! senza aver ingerito qualcosa di etilico sarebbe stato impossibile. Dopo cena, intorno alle nove e mezza, siamo stati raggiunti da Epo, Geordie ed Emanuele, che si sono trattenuti un po' alla sagra, dopodiché, quando è venuta l'ora che i primi degli adolescenti se ne tornavano a casa, e la cucina chiudendo non ci permetteva più di continuare a rimpinzarci, ci siamo trasferiti altrove. Per prima cosa, al Bell's di Gorlago, posto sempre discretamente affollato ancorché non sia niente di speciale, dove Fabio - che, sfido, aveva lasciato a me tutto il vino - per dissetarsi ha pensato di bersi una lanterna; quando, ormai raggiunto il limite della sopportazione, ce ne siamo andati, invece di andare direttamente a casa, come io avrei votato, siamo andati ad un posto mai frequentato (per l'aspetto e l'ambiente che lascia un po' perplessi) che, per la cronaca, non si chiama "Ein Mab" ma "Ein Maß", dove - nell'enorme varietà di birre in bottiglia a disposizione, ho scovato la Kasteel bier di cui ho già parlato.
Domenica, al solito, non c'è stato niente di cui divertirsi. Fortunatamente sembrava che si sarebbero potuti sbrigare quasi velocemente i compiti di meccanica, ed in effetti all'ora di cena - caso più unico che raro - li avevo già copiati, ma le loro lunghe ore di lavoro le hanno comunque richieste. La sera, la preghiera per giovani - surrettiziamente trasformata in verifica del cammino dell'anno - mi ha portato fuori casa - cosa che, specie la domenica sera, detesto, ma passi; ormai l'anno è finito. Come al solito, terminata la preghiera non si riesce mai a venire via, perché le relazioni sono importanti, e bisogna sempre intrattenerle per almeno mezz'ora-tre quarti d'ora; e così, anche la domenica a casa dopo mezzanotte. Pronti per un'altra settimana
3 commenti:
Lo sai cos'è Ein Maß, per i tedeschi, vero?
Non è qualcosa tipo "un boccale"?
È il boccale per antonomasia, quello da un litro. Quello da mezzo litro si chiama eine Halbe, se ben ricordo (o ein Halbe? mah, dovrebbe essere femminile).
Posta un commento