Scendendo dall'eremo, in dieci minuti si raggiunge l'inizio della tappa. che ci porta a rialzarci senza troppa fretta tra boschi e pascoli - che, credo per via dei lupi o di chissa cos'altro, qui sono tutti recintati, ed è un continuo apri e chiudi di improvvisati cancelli di filo spinato - tagliando in costa il monte(?) sopra l'eremo stesso, portandosi in poco più di un'ora al Passo di Viamaggio, donde transita la civiltà, e scendendo il quale dalla parte giusta i cartelli ci assicurano si giunge a Rimini. Al bar-ristorante che si trova proprio sulla linea di spartiacque ci fermiamo per una sostanziosa colazione, visto che fino a questo momento siamo andati avanti solo a barrette. Tirato il fiato, partiamo in decisa salita fino alla vetta del Monte Vere, attraversando in modo rocambolesco (visto che ho qualche difficoltà a capirne il meccanismo d'apertura) diversi di quei cancelli di fiolo spinato ed infilando, sempre per bosco, anche tratti assai scivolosi. Terminato il su e giù, che ci regala impagabili scorci su...altri colli, ci si mette su una strada bianca che sarà la nostra lunghissima tortura fino al Pian delle Capanne e oltre, anche a dispetto della guida che ci indirizza per sentieri, mentre cartelli e segnavia ci fanno attraversare greggi di pecore - e qualcuno di noi si cimenta nell'antica occupazione della pastorizia per aprirsi la via - fino alla località (meglio direi: alla fattoria) di Germagnano, dove ci fermiamo per pranzo presso un abbeveratoio che sputa fuori acqua - e questo è un già di per sé un evento - per di più buona. Per scendere dei pochi metri che ci separano da Montagna - disgraziatamente sull'altro lato della valletta del torrente Afra, il percorso della guida ce ne faceva scavalcare le sorgenti - raggiungiamo per erto sentiero il fondo, guadiamo il torrente indirizzati da un misterioso personaggio che i più non ricordano di avere visto e risaliamo in paese, sbucando presso il cimitero, e senza idee della strada che possano aver preso i primi del gruppo, visto che alcuni altri ed io ci eravamo attardati a sistemare gli zaini dopo pranzo.
Con la speranza che i nostri colleghi abbiano preso la via giusta e non si siano lasciati tentare dalla strada asfaltata che comodamente scende a Sansepolcro, nostra meta, parto di gran carriera per la lunga traversata in direzione dell'Eremo di Montecasale, che alterna tratti boscosi e mediamente umidi a riarsi ed assolati passaggi in ambiente precalanchivo (se esiste la parola, e se non esiste si capisce cosa significa); sommato questo fatto al fatto che procedevamo sotto il sole delle due-tre del pomeriggio, si capisce con quanta gratitudine ci siamo attaccati al filo d'acqua pretiosa et utile et humile et casta che sgorgava dalla fontanella presso l'eremo; eremo da cui, causa un paio di errori di valutazione miei che ci hanno fatto perdere nella boscaglia, e passare la voglia di cercare il sentiero vero per scendere a fondovalle, abbiamo raggiunto Sansepolcro in qualche chilometro di strada asfaltata in discesa, che ha messo a dura prova il mio piede destro che ancora mi duole in modo sospetto, ed una volta entrati in paese, ingannati da indicazioni contraddittorie, abbiamo consumato le ultime energie in una sudata e disperata ricerca del Convento in cui, con altri pellegrini, abbiamo alloggiato.
Nella foto, una rara immagine in cui bevo - per la prima ed unica volta del pellegrinaggio - da una bottiglietta di integratori salini. In mano, cosa tutt'altra che rara, una carta dei sentieri.
1 commento:
Non è che quel signore che vi ha dato indicazioni era magari un angelo? Questo spiegherebbe inconfutabilmente il perché qualcuno di voi non ne ha memoria.
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