mercoledì 28 febbraio 2007

Voto di fiducia

Beh, avrò tempo di fare un commento, se serve. Riporto, invece, lo stenografico tratto dal sito del senato a proposito della dichiarazione di voto dell'on.sen. Follini, mirabile e condivisibile - dirò di più, condivido anche il commento del tale di AN e assai.

FOLLINI (Misto-Idm). Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che occorra partire un po' da lontano proprio per restare al tema che questa crisi ci pone. La politica italiana attraversa da molti anni una condizione di straordinaria infelicità e di straordinaria improduttività. In un passato più lontano siamo stati capaci di affrontare problemi e perfino tragedie, cavando il meglio da noi stessi.
Abbiamo attraversato con il passo lungo delle grandi civiltà politiche gli anni della guerra fredda, poi la sfida del terrorismo. E poi, quando ci siamo illusi di darci nuovi costumi e istituzioni, è accaduto invece che ci siamo improvvisamente fermati mentre il resto del mondo accelerava. Alle identità massicce e ingombranti della Prima Repubblica non siamo stati capaci, tutti quanti, di sostituire nuovi progetti. Abbiamo gonfiato con gli anabolizzanti la contesa bipolare e, in mancanza di meglio, i due poli, questi due poli, sono diventati il surrogato delle ideologie che non avevamo più.
Ci è servito il nemico per scegliere l'alleato. Il risultato è di aver moltiplicato i nemici e diviso le alleanze. Non è un caso, credo, che proprio questo stato di cose renda così cruciali gli interessi particolari e soprattutto gli interessi forti. E infatti una fatica maggiore oggi è quella di dare risposte ai più deboli, ai giovani, esposti ad un avvenire previdenziale che dovrebbe far tremare i loro genitori, ai consumatori, schiacciati nella morsa del vecchio patto tra i produttori, a quanti hanno talento e hanno merito senza avere conoscenze e protezioni e a tanti cittadini che non hanno rappresentanza.
Possiamo restare immobili a contemplare tale situazione. Per chi crede a questa commedia e a tutte le sue parti restare fermi, lo capisco, è un dovere; ma per chi cerca di lavorare ad una trama diversa altrettanto è un dovere cercare di muoversi.
La mia opinione è che serva al Paese un equilibrio diverso da quelli sperimentato fin qui. Serve un'opera paziente e lungimirante di tessitura che valorizzi le due culture più utili al futuro del Paese, quella moderata e quella riformista. Serve lavorare a definire un campo largo nel quale queste due culture, quella moderata e quella riformista, si parlino, si integrino, si rafforzino e si correggano a vicenda. Serve che il centro ritrovi la capacità riformatrice che ha smarrito da 20 anni a questa parte. Serve che la sinistra, una parte della sinistra, renda più forte e meno precario il suo ancoraggio moderato e serve che le due cose, almeno per qualche tempo, si leghino assieme. Qui, una volta, tra il centro e la sinistra c'era un ponte. Qui è stato alzato un muro. Qui occorre tornare a costruire un ponte.
Questo progetto può essere favorito - lo penso anch'io - da una diversa legge elettorale che ponga rimedio a quella che è stata una forzatura politica e istituzionale (Commenti dal Gruppo FI). Ma non è la sola legge elettorale, di per sé, che rende virtuoso un sistema politico. Una nuova legge richiede un gioco nuovo e diverso. Se c'è una scelta strategica che scommette sull'allargamento al centro, allora ha senso il modello tedesco, ma evocare un cancelliere - lo dobbiamo sapere - significa archiviare il presidenzialismo strisciante che a tanti invece piace. È una svolta che vale, ma è una svolta che costa. Può essere un destino naturale, ma il destino - come ammonisce il protagonista del romanzo «L'ombra del vento» - si apposta dietro l'angolo come un borsaiolo, non fa mai visite a domicilio, bisogna andare a cercarlo e, forse, è arrivato il momento di cercarlo davvero.
Signor Presidente del Consiglio, lei si trova qui a chiedere la fiducia al Senato perché qualcosa è cambiato e perché qualcosa deve cambiare. Il Governo in questi primi mesi ha guardato troppo a sé, alla sua base, e ha guardato meno, credo, al Paese nel suo insieme. Il risultato lo abbiamo visto pochi giorni fa proprio in quest'Aula. Ho colto nelle sue comunicazioni un approccio meno lontano dalla linea divisoria. Non so fino a dove si spingerà. So però che di questo c'è bisogno e credo che il Paese ne abbia bisogno più ancora e prima ancora del Governo.
Mi sono chiesto in questi giorni se ci avrebbe aiutato una crisi vera, al buio, come si sarebbe detto una volta. Non lo credo. Avremmo aperto la strada o ad un grande conflitto inevitabilmente elettorale o ad un grande equivoco. Considero la governabilità una risorsa di tutti, non solo di una parte, e credo che questa risorsa, proprio perché scarsa ed incerta, non debba essere sprecata. Ma l'aver evitato rischi maggiori non ci mette e non la mette al sicuro. Se il Governo avrà oggi una maggioranza, ancorché numericamente esilissima, occorre evitare di chiudersi in un fortilizio e saper governare guardando ad un orizzonte più largo, convincendo chi è meno convinto, ascoltando chi è meno d'accordo e usando molto ago e molto filo per rammendare quel tessuto di regole e di legami che in tanti, da tante parti, hanno tirato e strappato.
Personalmente non sono qui per raccogliere allori, ma per condividere una difficoltà. È proprio questa difficoltà che mi spinge oggi a dare al suo Governo il mio voto di fiducia. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur. Commenti dai Gruppi FI e AN).
PARAVIA (AN). E' un avviso di sfratto per la sinistra!

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