domenica 25 gennaio 2009

Su scomuniche, Diritto Canonico, ed altre amenità siffatte

Premetto al seguito che non sono un esperto, anzi con il diritto non c'entro nulla,ma che se avessi il tempo di fare gli esami a scelta "a caso", come alcuni miei colleghi, probabilmente avrei scelto Diritto Canonico più per folclore che per altro.
Ad ogni modo, avendo sotto gli occhi la prima pagina dell'Osservatore Romano che, pur rimanendo impaginata sobriamente come sempre, pubblica il decreto della Congregazione per i Vescovi che annuncia la rimozione della scomunica per i quattro vescovi ordinati da Lefebvre nel 1988 ed avendo sfogliato un po' di reazioni isteriche qua e là nella rete, un minimo di approfondimento ed una mia lettura della vicenda potrebbe essere interessante.

Visto che non da oggi basta cercare Lefebvre su Google per sorbirsi la cronistoria della vicenda e le più disparate opinioni, mi limiterei qui al punto. Il punto sarebbe che, già sospeso a divinis, il nostro ha consacrato quattro vescovi nel 1988 e per questo è stato scomunicato latae sententiae, cioè il fatto commesso è di gravità tale da costituire automaticamente ragione di esclusione dalla comunità ecclesiale e dai sacramenti. Dopo un minimo di ricerche, ho appurato che, benché l'ordinazione episcolale non autorizzata sia di per sé stessa causa di scomunica, nel motu proprio che ha formalizzato la scomunica si pronuncia una condanna di scismaticità per mons. Lefebvre ed i vescovi da lui ordinati (ovvero, avendo disobbedito ad un ordine espresso del Papa, che aveva vietato quell'ordinazione, si sono posti fuori della Chiesa).

Sin da allora e per tutti questi vent'anni - e, come sempre, dopo la morte del fondatore con le sue idiosincrasie in maniera più verosimile - la comunità che fa riferimento al Lefebvre si è sempre pretesa non scismatica e non ha mai rinunciato, seppur nelle altalenanti vicende degli uomini, a cercare di riottenere la comunione con il Papato, pur non avendo in molte occasioni risparmiato pronunciamenti che la impedissero. Degli ultimi anni è l'avvicinamento (riconoscimento dell'autorità della Sede Apostolica, più che altro) tra la Fraternità S. Pio X, come si chiama la comunità che il nostro ha fondato in funzione anti-modernista, tradizionalista e sostanzialmente non riconoscendo il Concilio Vaticano II, e la Chiesa Cattolica, in particolare grazie all'opera del Papa che, avendo seguito la vicenda ai tempi dello scisma (ed avendo, a quel tempo, ottenuto un accordo che, però, gli scismatici rigettarono il giorno dopo averlo firmato), è particolarmente attento alla ricomposizione - ed in tale direzione è stata intesa la "liberalizzazione" del Messale del 1962, l'ultimo prima della riforma liturgica seguita al Concilio.

Degli ultimi giorni (il decreto è pubblicato oggi) la revoca della scomunica. Ora, la prima cosa da capire è che revocare una scomunica non significa essere d'accordo. La scomunica, ed in particolare la scomunica latae sententiae, cioè automatica, si intende tolta quando il peccatore, pentito, ottiene l'assoluzione. Per alcuni tipi di colpa la remissione può essere concessa dal semplice sacerdote confessore, per altre la remissione è riservata all'Ordinario (cioè al Vescovo della Diocesi) o, nei casi più gravi, alla Sede Apostolica, come è il caso per gli scismatici che accettano di rientrare in comunione con la Chiesa.

Revocare la scomunica, dunque, non significa approvare l'oltranzismo tradizionalista e l'errata e contraddittoria concezione della traditio, come scritto nell'Ecclesia Dei, ma riaccogliere i figli ribelli che si apprestano a rientrare nel seno della Chiesa Cattolica (e, per cominciare, oggi accettano di riconoscere il primato e l'autorità del Papa).

Questo non significa che siano tutte rose e fiori. Per riottenere la piena comunione è indispensabile che i lefebvriani riconoscano, accanto all'autorità del Papa, la pari autorità del Concilio e la validità delle sue Costituzioni. Io mi auguro, e credo avvenga, che nei prossimi mesi si arrivi alla ricomposizione definitiva di uno scisma nato per gli opposti oltranzismi del clero tradizionalista e, secondo l'idea che mi sono fatto, della Conferenza Episcopale Francese. Non voglio relativizzare. Il torto è dei lefebvriani,e probabilmente di mons. Lefebvre in particolare. Ma i vescovi francesi sono sempre stati e sempre saranno turbolenti e spesso "difficoltosi".

A margine, una piccola nota sul polverone "politico" che questa decisione ha provocato. Consta che uno dei quattro vescovi allora ordinati irregolarmente (ma ordinati, essendo che il sacramento è valido indipendentemente dallo spirito e dalla condizione più o meno regolare di chi lo celebra: come insegnò con icastica efficacia il prof. Panattoni al liceo, "se fossi un prete spretato consacrerei il pane ed il vino prima di cenare, alla faccia del Papa della Chiesa e vostra") abbia rilasciato, mesi fa ma misteriosamente risaputi solo tre giorni or sono, un'intervista in cui esprime tesi negazioniste in merito allo sterminio degli ebrei eccetera. Prontamente esecrato da tutti, ce n'è perfino accenno nell'altrimenti istituzionalissima prima pagina dell'Osservatore Romano di oggi, pare susciti riprovazione e scandalo che venga "ricomunicato" un sostenitore di tale bestemmia storiografica (bestemmia, tra l'altro, di cui non è certo l'unico sostenitore, e con buona probabilità ci saranno altri cattolici negazionisti). Il punto è che sulla scomunica non può e non deve influire una cosa del genere. Per amore di completezza, riporto qui di seguito i motivi per cui si incorre in una scomunica, e pentendosi dai quali si ottiene (compatibilmente con il grado della gerarchia cui compete la remissione) la "ricomunica":
* apostasia ed eresia; agli scismatici è comminata la medesima pena (can. 1364 §1)
* profanazione delle specie consacrate, oppure la loro asportazione o conservazione a scopo sacrilego (can. 1367) - riservata alla Sede Apostolica
* violenza fisica contro il Romano Pontefice (can. 1370) - riservata alla Sede Apostolica
* L'assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo ("Non commettere adulterio") da parte di un presbitero o vescovo (can. 1378 §1)
* consacrazione di vescovi senza mandato pontificio, e chi da esso ricevette la consacrazione (can. 1382) - riservata alla Sede Apostolica
* violazione diretta da parte del confessore del sigillo sacramentale (can. 1388 §1) - riservata alla Sede Apostolica
* procurare l'aborto ottenendo l'effetto (can. 1398)
Si nota, in particolare, che la colpa per cui era necessaria la riammissione papale è l'ordinazione episcopale, e non l'aver prodotto uno scisma (a chi chiedesse, la famosa "scomunica per i comunisti" è più che altro un atto di indirizzo del Santo Uffizio che equipara la dottrina atea e materialista del comunismo all'apostasia). Incidentalmente, si nota che per i divorziati risposati (che agli occhi della Chiesa sono più che altro adulteri concubini) non sono, in senso giuridico, "scomunicati". Quando avrò tempo, approfondirò la questione.

3 commenti:

Daniel ha detto...

Ti lascio il link a questo articolo del Corriere.it. Forse l'hai già letto, chissà? In tal caso sarà disponibile anche per gli altri lettori.

Cassa ha detto...

Sì, l'avevo letto. E di fatto la mia posizione s'è sfumata ed è diventata più o meno questo commento che ho scritto ad un (peraltro bellissimo) post di Berlicche

Anonimo ha detto...

davvero Panattoni aveva detto una cosa del genere?? ahahahah! che personaggio!! grande!