Alla fine l'ho data vinta a mia madre. O meglio, dopo il disastroso tentativo dell'anno scorso (cercare di insegnare la fisica dell'università ad una di farmacia che non sapeva nemmeno cosa fosse una derivata, e che ha capito - senza che lo dovessi dire esplicitamente - che a mio avviso le conveniva andare a zappare la terra), grazie all'intermediazione di Consonni, ho una studentessa (delle superiori) cui ho iniziato a dare lezioni di matematica. Come mia madre aveva sempre voluto.
Per uno degli infiniti corollari della Legge di Murphy, per giunta, lo scoglio della nostra studentessa è l'UNICO (forse unico no, ma comunque unico tra le cose che la gente quasinormale studia) argomento di matematica che non ho mai studiato - meglio, che non mi hanno mai fatto studiare; perché in un paio di occasioni avevo deciso di impararlo, e poi m'ero arreso per noia. In altre parole, il calcolo combinatorio. Che, in effetti, è più facile di quanto mi ricordassi - ma non meno noioso. A tenermi sveglio, comunque, c'era il suono della mia voce, che come noto amo ascoltare, specie quando parla aulico tipo consideriamo una funzione scelta che abbia come dominio l'insieme A in luogo di scegliamo un elemento di A (ammesso che esistano "funzioni scelta", e comunque è l'unica volta che ho sparato così alto). Che non solo io amo ascoltare, ma pare la mia studentessa, too, o forse era troppo sconvolta per interrompermi od osare farmi notare l'orologio - andando in classe, ho scoperto, con vari adolescenti passati o tutt'ora permanenti sotto le mie grinfie, di sicuro le hanno messo più paura del necessario -, fatto sta che ho dovuto notare io che, oltre ad avere la gola riarsa, non riuscivo nemmeno più a connettere, ed erano passate già più di due ore e mezza.
Sperando che almeno la differenza tra disposizioni e combinazioni le rimanga in testa (non che, prima di oggi pomeriggio, fosse a me chiara, ma sapendola non è che ci voglia il Nobel, né la medaglia Field)
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