Lentamente riprendo il ritmo delle escursioni in montagna, poiché il programma camminatorio per quest'estate si preannuncia intenso ed è bene arrivarci ben preparati (e il lunedì di Pasqua si ha in programma un'escursione tutt'altro che leggera); così, dopo un'uscita propedeutica sui colli d'Argon la settimana scorsa, ieri ho approfittato di un due ore e mezza-tre del pomeriggio per sgranchirmi le gambe su una delle cime più rapide dei dintorni, quella Filaressa che, pur sfiorando spesso nella celebre Selvinata (il segnavia 533 CAI-BG da Monterosso a Selvino, appunto) ho salito solo una volta in una torrida mattina di fine maggio del 2006; ben prima di avere questo blog, dunque, e quindi immagino che i miei lettori non ne siano informati.
Il sentiero parte da Nese di Alzano, ad onor del vero, ma penso che sia veramente insensato chi, salvo doversi allenare alla corsa in montagna, non inizi a calcare il sentiero dal forcellino di Monte di Nese, frazione di Alzano sugli 800 metri di quota, nei pressi del quale c'è un ampio e comodo parcheggio (quasi sempre vuoto, credo di averlo visto pieno solo un 25 aprile). Il segnavia è il numero 511 CAI-BG che in decisa salita punta all'insellatura tra il monte Filaressa sulla destra ed il monte Cavallo sulla sinistra, insellatura presidiata da una chiesetta e per la quale, oltre ad incrociare il già citato sentiero verde che porta a Selvino, passa anche il sentiero che scende a Poscante di Zogno (considerato il luogo d'origine del leggendario Pacì Paciana, non il discusso Centro Sociale di Bergamo ma ol Robin Hood dé la 'al Brembana). Evitando di scervellarsi cercando di interpretare i vetusti cartelli indicatori del CAI di Bergamo, quasi illeggibili, subito dopo la forcella dapprima si sale a sinistra seguendo le indicazioni poste dal CAI della Val Seriana, più recenti (511 Filaressa, mentre il 533 Selvino, ammesso che lo troviate, va ignorato in quanto raggiunge, stando basso, il Castello di Monte di Nese e prosegue di lì per Salmezza), per una strada bianca dalla pendenza notevole al cui termine si percorre a mezza costa una traccia di terra che attraversa dei pascoli.
A questo punto sono passati venti minuti scarsi dalla partenza, ma si ha un po' di fiatone perché si è macinato più di metà dislivello. Fortunatamente, nonostante il giallo di questa stagione che suggerisce come non sia poi molto che la neve s'è sciolta, questa pausa oltre a permettere di tirare il fiato è anche sufficientemente amena, e permette di osservare ad un tempo le ultime propaggini della Val Seriana a sinistra (e peccato per la foschia di ieri) e gli affioramenti rocciosi che caratterizzano la Val Brembana basse a sinistra (si riconoscono pieghe, guglie, anche una grotta).
Il sentiero riprende a salire stando sul crinale del monte, ma presto il segnavia, molto marcato, si stacca a destra e punta verso una rada macchia boscosa. Tradizionalmente io proseguo sul crinale, anche se mi rendo conto che la versione "ufficiale" del sentiero è più agevole e porta comunque, nel giro di cinque minuti, al bivio del sentiero. In questo tratto è sempre più evidente la natura dolomitica della Filaressa, con guglie rocciose che affiancano il sentiero e tra le quali talvolta ci si deve inoltrare. Il bivio non è di immediata identificazione. Il cartello metallico segna a sinistra per Salmezza, mentre su un sasso è segnata, con vernice sbiadita, una freccia, mentre si intravede l'indicazione Filaressa.
Io, seguendo la cosiddetta (da me) "Via Salmezza", seguo le indicazioni che portano ad abbassarsi velocemente lungo il dirupato versante nord della Filaressa, dove in questi giorni si trovano ancora rari depositi di neve; si rivolge un pensiero ed una preghiera al povero decenne precipitato e perito durante una colonia estiva degli anni sessanta, di cui il ricordo è mantenuto vivo da una lapide e si arriva all'evidente valico tra la Filaressa ed il Costone di Salmezza. Lungo questo tratto vengo distratto da alcuni fischi di rapaci, e riesco ad immortalare, come il servizio fotografico in allegato testimonia, una coppia - ok, se ne vede solo uno, ma ce n'erano due - di probabili falchi che volteggiano tranquilli e feraci. Qui inizia la parte più divertente della salita: ignorando le indicazioni per Salmezza di sale, aiutati da uno dei soliti cartelli indicatori, per il ripido sentierino che, sulla destra, rimonta l'arido versante; sentiero talmente ripido per cui, a volte, non si disdegna l'uso delle mani. La croce della Filaressa si vede spuntare sopra la nostra testa tra gli ultimi contrafforti rocciosi, ma il nostro sentiero preferisce lasciarla a sinistra fino ad infilarsi in un intaglio tra due rocce affioranti e, aiutati da una superflua corda metallica, tornare sul crinale a poche decine di metri dalla vetta, che si raggiunge in breve voltando a sinistra. L'attacco diretto alla vetta sembra - ma io non sono un arrampicatore - possibile, benché risulti non banale uscire in vetta per via dell'eccesso di zelo del gruppo escursionistico Paleocapa di Alzano che negli anni '70, oltre ad erigere la croce, ritenne anche di utilizzare la corda metallica a mo' di parapetto tutto attorno alla vetta.
La discesa lungo il sentiero standard è rapida e banale, ed in poco tempo si torna alla Forcella da cui all'auto. Tempo richiesto per il breve giro, considerato che non sono ancora al pieno della forma, un'ora e mezza.
Su Facebook (Facebook è il nuovo Space) ho caricato alcune delle foto della passeggiata, mentre come al solito metto a disposizione il tracciato di Google Earth per chi volesse replicare.
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