venerdì 7 novembre 2008

Io sono più a sinistra di te!

Folla di studenti e pendolari che il sottopasso della stazione di Greco vomita, come ogni giorno, nel mezzo del quartiere Bicocca. I volti ancora assonnati, le conversazioni tra due o più a mezza voce, il monotono incedere dei passi vengono disturbati da un megafono che gracchia slogan improvvisati (con le frequenti e sgradevoli pause dovute al macinio di neuroni del parlante, per decidere che frase a effetto estrarre dal proprio repertorio). Ci sono tre manifestanti i cui abiti (abiti? si chiamano così?) indicano chiaramente il loro aver dormito in un centro sociale, in un liceo occupato o in un comodo appartamento del centro, mentre la badante filippina "destirava" i vestiti per dar loro un aspetto vissuto, i quali sorreggono un lenzuolo che ci avvisa della nostra (altrui?) imminente sommersione da parte di un'onda, ed il quarto strepita nel megafono. Spandendo foschi presagi di sventura su noi, i nostri figli, i figli dei nostri figli. Lo studente accanto a me alza lo sguardo al cielo, ed aggiunge sarcastico nei secoli dei secoli. Amen., e poi dribbla il volantino che gli stanno consegnando. Il dottorando che ormai vediamo da anni installato al quinto piano sibila un commento poco oxfordiano sottovoce, e si infila come un bulldozer tra striscione e dimostrante. Gli altri, semplicemente, ignorano. Se volevano si formasse un corteo con cui unirsi alla manifestazione in centro, sono senz'altro rimasti delusi. Meno di sei studenti hanno ritenuta degna di nota la manifestazione (e nel conteggio includo i lenzuolosorreggenti); il settanta per cento dei rimanenti sono rimasti scocciati per il rumore (nonostante sia a Milano, il quartiere è silenziosissimo); tre hanno cambiato idea, ed ora sono a favore della legge 133. E della depenalizzazione dell'abigeato, per quello che conta.

Mi dirigo, lasciando la voce e le polemiche svanire lentamente alle mie spalle, verso il blocco di scienze, il bar dell'U3 ed il caffè del mattino.

Incontro Perri e la sua "coscienza politica", ovvero Ilaria, e scopro che, nell'ordine:

  1. Quei "signori" piantano casino perché non si sentono rappresentati dagli interlocutori istituzionali, ovvero ListeDiSinistra.
    Del resto, loro sei non rappresentano nessuno. E non riesco a capire l'utilità di cercare di coordinare le attività con sei teste calde.
  2. La parziale marcia indietro del governo a proposito della legge 133, con le modifiche annunciate ieri, è solo un'operazione di facciata
    Come buona parte della politica italiana tutta. Io tenderei a sottolineare che è un miglioramento, o quantomeno un segno d'apertura.
  3. Sull'università non si può intervenire con correzioni ed aggiustamenti finanziari, ci vuole una riforma complessiva
    Probabilmente vero; come è probabilmente vero che non ci sia cosa in Italia che non trarrebbe giovamento da una riforma complessiva. Come è probabilmente vero che i problemi dell'università non sono solo problemi di soldi, su cui la legge interviente. Come è probabilmente vero che a furia di "faremo riforme complessive" va a finire che non si fa nulla.

Piuttosto, io credo che con la mossa di ieri il Governo abbia inteso offrire la possibilità alle università di scendere a compromessi (e, dunque, mostra la propria disponibilità a fare altrettanto), in quanto il clima di muro contro muro delle due settimane passate, oltre a far letteralmente precipitare la fiducia nei sondaggi (e sappiamo come il nostro Cavaliere Mascarato ci tenga ai sondaggi) da tipo il settanta al cinquanta per cento, impediva quello che è il momento peculiare (e che a qualcuno risulta sgradevole, ma ci faccia il callo) della politica, che è mettiamoci d'accordo. Adesso, un passo indietro gli uni un passo indietro gli altri, e si sistema l'ennesima toppa sul sistema universitario. Una toppa che speriamo copra il più possibile. Ad ogni modo, chi di dovere ha capito l'andazzo, vedi il rettore del Politecnico di Torino che si è detto disposto a mettersi attorno ad un tavolo; ed è quello che faranno anche gli altri rettori, che alla fin fine non avevano digerito che li si toccasse nel portafogli. Ed il rischio per i nostri amici manifestanti è che si ritrovino in brache di tela, perdendo da un giorno all'altro il sostegno che fino ad oggi hanno avuto da parte delle università. E già c'è chi li delegittima a sinistra (vedi il poco mosso di stamane), e non avranno altra scelta che rituffarsi tra le dispotiche braccia dei vari Movimenti, Collettivi e Reti se non scenderanno, con variabile disciplina ed intento, allo stesso tavolo dei rettori. Braccia da cui si sono liberati, almeno da noi in Bicocca, solo recentemente, ed altrove addirittura solo in teoria.

Pertanto, io cercherei di far passare il sedersi ad un tavolo del governo che fino a tre giorni fa andava per la sua strada come una grande vittoria (ed una vittoria lo è, anche se magari non grande) e di capitalizzare il consenso; possibilmente stornandolo da quei casinisti buoni solo di farsi caricare dalla polizia per aver tentato di occupare le stazioni ferroviarie (piazzale Cadorna prima, Roma Ostiense oggi). O a quelle associazioni studentesche che tendono ad avere grandi consensi, ma che in questo frangente sono state in disparte (pur condividendo il merito della protesta), per non urtare ministri amici. Con tutto quello che di buono ne potrebbe conseguire.

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