Ho scelto il titolo di Traversata Calvi per la non breve escursione che ho svolto negli ultimi due giorni perché il rifugio Calvi di Carona (BG), posto nella magnifica omonima conca, nota per lo svolgimento del trofeo Parravicini di scialpinismo, è stato il mio punto d'appoggio per la nottata, e perché il primo giorno mi sono dedicato alla classica via che da Gromo, in alta Val Seriana, passando per il Passo Portula conduce alla valle del Brembo, già trafficata via commerciale quando le strade erano un lusso che in montagna non ci si poteva permettere. Il ritorno, più impegnativo, mi ha invece condotto alla risalita della Valle dei Frati e la discesa nella zona dei laghi di Valgoglio.
Giorno I
Sulla carta è una traversata non facilissima ma nemmeno devastante, certo la salita da Ripa di Gromo fino al passo Portula rientra nella categoria EE ma sembra che la classificazione sia fatta per il dislivello più che per difficoltà tecniche. Allora parto con calma da Rosciate, in modo di essere sul sentiero per il ragionevole orario delle 8.45; e la prima grana la vedo subito, che io ho parcheggiato praticamente nell'unico posto disponibile, ma la strada continua asfaltata e vietata ai non residenti per altri dieci minuti di noiosa salita, per poi incrociare il segnavia che sale da Gromo (CAI BG 233) e mettersi su una mulattiera ben tenuta ma abbastanza ripida che entra nel bosco. Qui le cose si fanno un attimo più complesse perché il bosco è pieno di sentieri che si incrociano (la segnaletica è abbastanza scarsa, a dire il vero) e io finisco, nell'ordine, una volta alla stazione di presa di un piccolo acquedotto, dopo la quale il sentiero, che prima era troppo ben tracciato per essere vero, finisce miseramente contro un macigno, e l'altra in un sentiero nel quale, dopo aver camminato cinque minuti senza un segnavia, mi sorge un dubbio e faccio dietrofront, trovando dopo poco il sentiero vero. Questo tratto è abbastanza noioso e faticoso, fortunatamente appena prima del termine del bosco c'è una vivace sorgente a cui mi rifocillo. Passo sotto una baita, con annessa vecchina con annesso cane, dopodiché attraverso a mezza costa una macchia di arbusti piegando verso nord (fino adesso ho viaggiato più o meno verso est) e riesco dopo poco in una zona di pascoli dove dovrei incontrare le baite del Cardeto. Qui incontro gli unici esseri umani di razza escursionistica di tutta la giornata. La piana del Cardeto, punteggiata in alto alla mia sinistra da piccoli laghetti che volendo si possono raggiungere in pochi minuti, almeno in questa zona che è dominata dalla Baita bassa (sapete che gli alpeggi si dividono di solito in baita bassa, di mezzo e alta), è una vasta torbiera su sostrato di minerali ferrosi, che colorano di rosso la vegetazione e le acque del pigro torrente. Il sentiero inizia a salire ripido per arrivare alla baita di mezzo, che è ristrutturata ed adibita a ristoro festivo, e quindi è chiusa, dove è canalizzata una sorgente che sgorga qualche decina di metri più in alto - ma l'acqua sa di ferro...voto zero. Il sentiero si fa più ripido e faticoso piegando sotto le falde rocciose del Monte Reseda verso sinistra, e salgo tra le nebbie che ormai avvolgono me e le cime. Il passo Portula, che appare di quando in quando tra le nebbie, da qui sembra abbastanza stretto, ma so dalle relazione che è in realtà una sella ampia e comoda, e dopo una decina di minuti di sofferenza vi approdo, mentre per miracolo le nebbie, almeno dal versante brembano che ora devo discendere, si sono dissipate (o forse non ci sono mai state, il brutto è tutto alle mie spalle). E' quasi mezzogiorno, e nonostante il tempo si sia messo al bello non ho animo di affrontare la vetta del Madonnino, che mi sovrasta di ancora trecento metri sulla sinistra, verso ovest, considerando che dovrei tornare qui in ogni caso. Al contrario, è ormai chiaramente visibile il rifugio Calvi, mia meta per oggi, che in un'ora scarsa di discesa dovrei raggiungere. Visto che non vale la pena andarci subito, me la prendo comoda nella discesa e tocco, risalendo alla sinistra del sentiero, sotto un'imponente frana detritica che è scesa dal sovrastante Monte Cabianca, il Lago dei Curiosi, nei pressi del quale consumo il parco pranzo e che offre una bella vista sulle importanti vette del Diavolo di Tenda e del suo fratello minore il Diavolino. Dopo pranzo, in una ventina di minuti arrivo al rifugio dove mi sistemo e passo il pomeriggio in relax (sono infatti arrivato intorno alle 14) leggendo la relazione della spedizione himalayana del CAI BG del 1974. Incontro anche compagnia (Angelo, giovane operaio di Bossico, cugino di quella Serena che studia matematica in Bicocca) per il tratto di domani, che però adesso non ho tempo di descrivere. Alla prossima
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