mercoledì 12 settembre 2007

L'antipolitica e Beppe Grillo

Non so bene perché mi arrischi a scrivere di questo tema, dato che ho tastato il polso di quello che succede a toccare l'eroe della rete, ma c'è una parte di me che è visceralmente schifata da quanto è successo sabato in tutta Italia, da quello che è stato scritto sui giornali in questi giorni e dalle quantomeno timide risposte dei politici, che tengono al consenso fino al punto di rinnegare quello che pensano.
Questo è un problema che io non ho, e sarà anche per questo che io ed i voti non andiamo molto d'accordo. Perché non ho vergogna di avere idee poco popolari, e non me ne vergogno. Quindi il lettore sappia che sta per leggere qualcosa di politically uncorrect.
Che il sentimento di qualunquismo ed antipolitica non siano una novità per gli italiani, è talmente pacifico da non aver bisogno di ricordarne la storia, da Mussolini in poi. È con un sorriso amaro, però, che leggo in queste ore la stampa italiana più prestigiosa difendere la politica da questa ondata di pericoloso populismo "viscerale", che almeno a me fa più effetto e dà più preoccupazione di quello "mediatico" che attribuiamo, a ragione, a Berlusconi & co. Il sorriso è amaro perché ricordo bene come a dare inizio a questa fase di antipolitica che ristagna e ci ammorba da quindici anni, e che pertanto è riuscita a produrre i peggiori governi della storia repubblicana, sia a destra che a sinistra (e persino l'alternativa destra-sinistra è un suo prodotto sciagurato), sia stata proprio la grande stampa, che ha levato sugli scudi l'opera di un gruppo di magistrati della Procura di Milano, che a ben vedere sono più gli arbitrî che compivano che la giustizia di cui si facevano portatori, che ha sfasciato un sistema politico equilibrato per sostituirlo con una rissosa cagnara. E, per venire a fatti più recenti, quando sembrava si stesse per esaurire l'onda lunga dell'effetto Tangentopoli, perché l'indifferenza aveva lasciato il posto allo sdegno, rilanciano con il pernicioso "La Casta" di Rizzo e Stella, al soldo del Corsera. Così ci si stupisce oggi che Grillo, il quale se da un lato è vero che non va mai in televisione e che nessuna persona sensata può prestare molta attenzione a questo Savonarola di professione, d'altro canto può vantare una comunità telematica di accoliti e seguaci che lo venerano alla stregua di un santone, e del resto non ci vuole coraggio per andare in piazza ad insultare i politici.
Ci vorrebbe coraggio da parte dei politici, invece, che quasi gli danno ragione. Come Di Pietro, che con il suo 3% non può più, nemmeno metaforicamente, agitare la rivoltella davanti al naso degli -ormai- colleghi politici come faceva da magistrato, che si schiera a fianco delle deliranti proposte grilliane. O di vari esponenti del centrosinistra, che si mettono a fare autocritica, invece di ritrovare la dignità calpestata. O del centrodestra, che gode come un matto (si dia un'occhiata al Giornale...) sostenendo che la piazza ce l'ha con Prodi e i vari "Soloni della sinistra" (cit.). Come se il problema non toccasse tutti, e non andasse risolto con serietà e dignità, smettendola di piangersi addosso e di gettarsi colpe a vicenda.
E basta perché ho scritto troppo, solo entrando un po' nel merito delle proposte di legge per cui sono state raccolte firme. La terza è giusta. Preferenze. Abbiamo parlato male della legge elettorale di Calderoli perché le ha abolite, ed intanto la bozza Chiti non le prevede, ancora. Ogni volta che un esponente del mio partito parla in pubblico, parla sempre di ripristinarle, ma mai che la cosa si traduca in opera. Perché Calderoli ha fatto un piacere a tutte le segreterie di partito d'Italia. Ma da questo aspetto un segnale di dignità dai politici, perché la base dei loro stessi partiti li attende al varco. Ricordando, tra parentesi, che gli stessi qualunquisti guidati allora da Segni hanno fatto fare un referendum per abolire la preferenza, vista come un mezzo di compravendita elettorale. Beh, almeno adesso si sono ravveduti. La seconda è semplicemente delirante. Se si imponesse, come ai Sindaci (e già questo è stato un errore, ma tant'è) il limite dei due mandati, la già poverissima - in termini di valore - politica italiana sarebbe morta. Perché un leader può benissimo continuare a fare il capo anche se non è parlamentare, e in Parlamento siederebbero soltanto pedine meno capaci ancora di quelle che ci sono già - e qualcosa di analogo è successo nei paesi dove i sindaci amministravano da decenni. Adesso è sindaco qualche fantoccio, e loro fanno esattamente come prima. Legge inutile, dannosa, delirante. E poi c'è la questione dell'ineleggibilità dei condannati, che ho lasciato per ultima perché su questa la mia posizione è senz'altro minoritaria, impopolare e provocatoria, ma non insensata. Il Parlamento non è mica la vetrina degli italiani migliori (altrimenti ci sarebbero personaggi che non potrebbero nemmeno avvicinarcisi, e vi siedono da legislature intere, e magari hanno fatto ottima politica), è la casa dei rappresentanti degli italiani; che gli italiani siano un popolo di santi ho seri dubbi. Non vedo perché a rappresentarli dovrebbero essere chiamati dei santi. Anche un condannato, per qualsiasi tipo di reato, è un cittadino. Dunque deve godere dei diritti del cittadino, di tutti i vari "diritti umani", che adesso vanno di moda, ma anche di quelli politici.

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