Prosegue la vicenda di Lui
La Bora sferzava il volto, sollevava sabbia che si infilava in gola, nel naso, negli occhi, faceva mugghiare il mare sollevando imponenti creste di schiuma; avvolto nel cappotto d'ordinanza, il militare stringeva il binocolo, che scorreva da una parte all'altra della macchia grigia distesa tra mare e colle, sull'altra sponda del golfo. Nonostante il mare grosso, due cannoniere incrociavano di fronte alla città, provocandone gli abitanti e gli occupanti con i loro pesanti pennacchi di fumo.
Il suo attendente lo attendeva ad una decina di metri di distanza, avvolto nell'impermeabile, al posto di guida dell'automobile. L'ultimatum era scaduto da qualche ora, ma sembrava che, a Fiume, quello là avesse deciso di ignorarlo completamente. Per quanto non potessero essere moltissimi, quei legionari, se si fossero preparati ad una battaglia qualche movimento si sarebbe dovuto vedere; e, invece, nulla. Lui sapeva che la prima azione bellica sarebbe avvenuta all'alba dell'indomani, con un leggero cannoneggiamento delle strutture portuali. Poco più di qualche petardo per spaventare la teppa. Poi si sarebbero attesi segnali di resa, ed in caso contrario si sarebbe aumentata di poco l'intensità delle azioni...e così via, sperando che quei pazzi idealisti tornassero a ragionare prima di dover passare a più cruente vie di fatto. Delle vie di fatto non doveva preoccuparsene lui, vero, ma gli faceva comunque problema sparare sui propri connazionali, e magari su qualche commilitone dei tempi della Guerra.
Il portaordini sbucò all'improvviso dal viottolo, arrancando sulla bicicletta. Scambiò due parole con l'attendente che mise in moto l'auto, poi portò il plico all'ufficiale.
Qualche istante dopo, la vettura scendeva verso il Quartier Generale, sistemato in due casupole contigue di un piccolo paese di pescatori.
«Colonnello, si muova! È un po' che il Generale l'ha fatta cercare»
raccomandava l'attendente di questi, sapendo che si sarebbe preso la colpa per non essere stato capace di rintracciarlo subito. L'ufficiale si infilò nella stanza facendo un distratto segno di saluto, ed i due sottufficiali presenti si volatilizzarono chiudendosi la porta dietro le spalle.
«C'è una specie di disertore - fece il Generale - Mi comunicano che devo farlo interrogare da lei.»
«È esatto, generale. Disposizioni del Comando Supremo, lei certo intende. Dove si trova quest'uomo?»
Bofonchiando, il generale ordinò al sottufficiale che, ad una sua voce, era rientrato nella stanza, qualcosa come "portalo da quello", e Lui uscì dalla stanza seguito dalla muta ostilità del generale cui veniva sottratta giurisdizione dai burocrati della guerra.
La specie di disertore era tenuto sotto custodia in una cantina umida e buia, in cui l'aria e la luce entravano da una grata sul soffitto. Nella penombra, un giovane aspettava buttato su un pagliericcio fradicio.
«Alzati e vieni con me» fece il colonnello senza rivolgergli più d'uno sguardo, e comunque anche cercare di osservarlo non avrebbe portato a molto, in quel buio. L'altro, con una certa aria di strafottenza, lo seguì per le vie del paese spazzate dal vento.
«Ti facevo migliore, tenente.»
«Ed io facevo migliore la sua vista, se non la sua disciplina. Sono colonnello.»
Sbuffando, il disertore replicò «Ma facevo migliore anche la tua memoria. Siamo commilitoni, e tu non mi degni nemmeno d'uno sguardo»
Lui si fermò, ma non si volse a guardare il suo interlocutore. Non ancora. «Vede, sergente, non so lei, ma codesti fatti sono peggio della guerra. Per quanto la mia simpatia istintiva possa andare a lei ed ai suoi insensati camerati e compagni d'avventura, penso che i problemi del vostro Carnaro siano soltanto destinati a peggiorare ed incancrenirsi; e che non siate molto distanti dall'aperta sedizione. E, ancora, sì - la riconosco.»
«Sono io che non ti riconosco, se non nella voce! Il mio tenente sarebbe stato con noi Legionari a difendere con il sangue il suolo di Fiume irredento! Non pronto a sparare sui propri fratelli per un re distante e polveroso.»
«Per cominciare, io non sparo. Non necessariamente, almeno. In secondo luogo, il punto non è quello che faccio o voglio io - ma quello di cui è in cerca lei. È stato lei a passare le nostre linee, non viceversa. Dunque? Se ha da dire qualcosa, la prego di dirlo a me. Non ha parlato con nessun altro, intanto?»
Intanto, sempre camminando, erano arrivati fuori dal paese, dove un balcone naturale si affacciava sui primi quartieri di Fiume, al di là della terra di nessuno.
«No, tenente - cioè, colonnello; e come avrei potuto? Sono stato buttato in quella cella appena ho passato le linee con le mani alzate.»
«Dunque lei dice di aver passato le linee per disertare. Però poco fa esprimeva opinioni contraddittorie; in particolare, di solidarietà con i Legionari ed ingiuriose di Sua Maestà il Re. E questo perché riteneva di riconoscere in me un...sodale. Cose del genere non le sono sfuggite con altri interlocutori, vero? Perché lei è...una spia.»
«No, ma...aspetta! Non ero serio, non puoi essere serio! Ho passato le linee, mi sono consegnato, posso dare informazioni: voglio disertare, ti ho detto; tornarmene a casa, ché non ho mai passato la notte di nozze con mia moglie - sono andato in guerra da fidanzato, ci siamo sposati per procura! A rimanere a Fiume, tutti capiscono che si muore; a meno che abbia ragione il Vate, e voi non osaste mai sparare sui fratelli; ma di questo non c'è da fidarsi, conoscendo il Regio Esercito.»
«Noi si obbedisce agli ordini, questo senza dubbio. E, parimenti senza dubbio, lei sembrerebbe convincente. Non fosse che mi ricordo di lei, e sua moglie - moglie, è inutile che neghi - le scriveva spesso di vostro figlio. - e qui il sergente disertore iniziò a tormentarsi le mani - e poi, mi scusi, non mi sono presentato. Sono il direttore del servizio I dello Stato Maggiore, e sono venuto a parlare con lei non certo come disertore. Ma, diciamo così, come "persona informata dei fatti". In particolare, dei fatti privati. Ancora meglio, dei fatti privati del vostro Vate. Ed è inutile, ancora, che ora lei cerchi di negare; sono venuto a tirarla fuori dal carcere, invece di farla uccidere senza complimenti non appena avesse varcato le linee - con falso atteggiamento da disertore - perché mi servono queste informazioni. Una volta ottenute, lei sarà libero di andarsene, sia pure in giro a spiare. Non mancano molti giorni a che scada l'ultimatum, tanto.»
«E sia, non nego. Ma non capisco perché tu pensi che io possa conoscere i fatti privati di D'Annunzio. Sono solo una spia.»
Lui riprese a camminare, tenendo le mani dietro la schiena, e si fece seguire dal sergente dei legionari giù per un sentiero tortuoso, lastricato malamente, che si dirigeva verso uno dei tanti posti di osservazione disseminati lungo la linea di confine. «Siamo certi che ci possa essere d'aiuto, poiché si è occupato per diversi mesi della guardia alla sua residenza.» Dal tascapane estrasse un pacco di fogli ripiegati, ed iniziò a leggere senza espressione una serie di nomi femminili; l'altro rispondeva - in effetti la maggior parte di quei nomi gli diceva molto, ed il suo interlocutore non aveva sbagliato una sola deduzione, nel discorso - perlopiù affermativamente, perché in effetti il bizzarro occupante di Fiume meritava la fama di sciupafemmine che si era cucito addosso; di qualche altra aveva sentito parlare, ma o non l'aveva mai vista raggiungerlo, o si vociferava lo avesse respinto. Alcuni altri, pochi in verità, erano nomi che non gli dicevano nulla. Lui annotava senza espressione. Dopo l'ultimo nome, richiuse con cura il plico, lo infilò nuovamente in tasca, e fece un mezzo ghigno soddisfatto. «Eccellente. Può andare»
E, senza farselo ripetere, il sergente dei legionari si mosse di gran carriera verso l'interno delle linee, abbandonando il fronte e puntando verso una macchia dentro la quale avrebbe fatto perdere le sue tracce. Intanto, Lui riprendeva in mano il plico e riprese a scorrerlo. Il nome di lei c'era; ma era una di quelle che il Vate non aveva avuto. Si alzò - s'erano infatti seduti su un paracarro, e si diresse velocemente al posto d'osservazione, sparando in aria con la sua rivoltella d'ordinanza. Urlando «Disertore! Disertore!», ed indicando il sergente che, da lontano, aveva sentito gli spari senza rivolger loro molta attenzione, che continuava a correre per i campi.
Sul viottolo al bordo del campo transitava una pattuglia di carabinieri a cavallo. Videro il soldato che correva, e dal fronte che si rumoreggiava e si facevano grandi cenni in sua direzione. Il fuggitivo non rispose al primo alt, né al secondo. In tutta risposta al terzo alt, abbandonò il sentiero per puntare al più vicino lembo di bosco. Le due moschettate dei carabinieri lo colsero in piena schiena.
Le prime cannonate dell'Andrea Doria colpivano Fiume, mentre Lui in motocicletta si allontanava dal fronte. Soddisfatto.
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