Favorito dal lungo weekend, dal bel tempo e - in maniera determinante, come mi ha fatto capire il negoziante di Cirano - dal buon tempo, sabato mi sono cimentato nella prima vera escursione di questa stagione, cominciata troppo tardi per via dello sfigatissimo meteo di aprile, prima con gli scarponi nuovi che andavano inaugurati prima della Malga Longa di sabato prossimo - belli, neh...ma va bene rigidi e tutto per l'alta quota, ma per la bassa montagna un po' eccessivi.
Dopo lunghi tentennamenti e continui abboccamenti con i miei consiglieri, ho optato per salire al pizzo Formico, che già avevo messo in programma per inizio aprile e che poi era saltato. Per non fare le cose facili, ho posto la partenza a Cirano, negletta frazione di Gandino (negletta, perché tutti conoscono Barzizza, ma Cirano non se lo fila nessuno). L'idea era salire per la lunga Val Concossoio fino alla Montagnina, e di lì al Formico. Ma l'azione congiunta di una cartina a grande scala e del fatto che il parcheggio fosse ad una certa distanza dal sentiero, e che quindi si dovesse fare un po' di strada asfaltata, che si somigliano tutti mi hanno messo sul sentiero che più decisamente puntava verso l'alto, a prescindere dall'effettiva fattibilità e più o meno anche della direzione, e quindi mi ritrovo ad inerpicarmi su per il Gerù (ghiaione, per gli extraorobici), finché incrocio un segnavia CAI che - già lo sospettavo, peraltro - numerandosi 549 tradiva il Barzizza-Formico, e che quindi seguo salendo e rimontando ed arrancando fino alla grande croce lignea che sovrasta Cirano ed alla cappella del CAI di Gandino, dove c'è anche una fonte - cosa in linea teorica rara, in questa zona, e saranno state le piogge d'aprile sarò stato io che mi confondo con la zona dei Monticelli, in effetti di fonti non tante, ma alcune si trovano - da cui mi arrischio a bere nonostante frammenti non identificati galleggino nel mio bicchiere, dopo averlo riempito. Un'ora ed un quarto dalla partenza.
Visto che ormai sto facendo l'anello al contrario, decido di farlo fino in fondo, e devio in costa alla sinistra, tagliando alto il gerù, lungo quello che la mappa indicherebbe come segnavia 545 ed i segnavia 549A, urge procurarsi una mappa aggiornata del CAI, per arrivare nel bel mezzo della Conca del Farno (l'immagine che sembra uno sfondo di Windows) - dove perdo un po' il sentiero e punto a vista verso la grande croce del Formico che tutto sovrasta (e che da questo punto di vista, dai 1300 metri su cui più o meno mi trovo, sembra molto meno imponente che visto da Clusone), fino ad incrociare la carrareccia del Farno ed a scorgere, oltre ad una teoria di escursionisti che procedono verso la vetta, un segnavia CAI che mi indica la strada.
La salita al Formico non è particolarmente interessante; guadagna qualcosa quando si sbuca sullo spartiacque tra Val Gandino e Val Seriana, con la vista sui molti paesi donde inizia l'alta valle, Ponte Nossa e Parre sopra tutti, e certo Clusone con le sue chiese nel suo altopiano. Qua e là, ai lati del sentiero, gli ultimi accumuli di neve. Arrivo alla grande croce, mezz'ora dall'attacco, e mi riposo quel poco che basta per veder venire degli ardimentosi in trial-bike che si sono issati fin qui portandosela a spalla, e così ora scenderanno come dei matti. Scendo dall'altro lato, abbassandomi rapidamente alla Forcella Larga, ai ruderi (ma costruivano in cemento armato??) della Capanna Ilaria e di lì verso lo spartiacque tra la conca del Farno e la Val Borlezza, dove si trova un laghetto, un tabiotto che ha l'aria di essere stato usato, negli anni '70, tipo come noleggio pattini ed una cappella, dove mi fermo a pranzo. Mezz'ora dalla vetta (l'immagine con la croce, ovviamente, via Flickr).
Dal laghetto della Montagnina la direzione da prendere per chiudere il mio anello è controintuitiva. Evitando di seguire la traccia più battuta, che rimonta di una cinquantina di metri il dosso erboso e conduce - presumibilmente, e a posteriori perché sulla mia mappa non è segnato nulla - al rifugio Parafulmine, si scende lungo un sentiero poco battuto (ma indicato dagli onnipresenti segnali di divieto d'accesso, manco fossimo in un centro storico) che, dapprima nella macchia poi in bosco si abbassa, non senza qualche evoluzione per evitare abeti caduti, al Campo d'Avene (1222m), un immenso prato ritagliato nel bosco, con una baita ed un crocifisso nel mezzo, sul cui limitare si diparte il sentiero CAI 548 che, discendend tutta la Val Concossoio, rimena a Cirano. Per la prima mezz'ora la discesa è veramente gratificante. Si procede incassati tra le franose e dolomitiche (Formazione di Castro secondo la Carta Geologica della Provincia) pendici del sistema pizzo Secco-monte Corno sulla sinistra (croce che imperiosa svetta sulle guglie, mi sembra ci sia anche una ferrata che vi giunge dall'altro versante) ed i piedi dell'ampia costa della Guazza (la mia mappa riporta "Prati del Sole") sulla destra. Un ruscello scorre nella valle e spesso, essendo il sentiero costretto a passaggi a volte un po' fini a sé stessi dall'una all'altra sua sponda, lo si attraversa; si incontra una piccola edicola dedicata a Sant'Anna in memoria dei morti del Campo d'Avene (e non è chiarissimo, almeno a me, se facesse riferimento a qualche tragico fatto della Resistenza, visto che è zona e pare che il Campo sia stato bombardato in quell'occasione, o a non meglio specificati operai morti durante qualche lavoro) e si giunge ad una carrareccia silvopastorale che fa da strada di servizio ai molti casolari sparsi tra bosco e pascoli. La discesa si fa noiosissima, ed a volte eccessivamente ripida, perché difetto della Val Gandino è avere la testata, su cui mi trovavo alla Montagnina, distante chilometri dai paesi. Si supera, tra le altre cose, una graziosa cappelletta con il portico che si allunga scavalcando il sentiero, una fonte abbondantissima e ottima, e si giunge alla chiesa di San Gottardo, a pochi minuti di cammino dal parcheggio e dall'auto. 1h30' dalla Montagnina.
È come sempre disponibile il file del tracciato per la visualizzazione con Google Earth.
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