lunedì 24 maggio 2010

Di mafia e Sicilia

Quando uccisero Falcone avevo sei anni. Non ricordo praticamente nulla della strage, ma ricordo bene che elessero Scalfaro Presidente della Repubblica. Ascoltavamo la seduta delle camere riunite al giornale radio. In casa fummo contenti dell'elezione, questioni di corrente facevano sì che mio padre non amasse Andreotti. Meglio di Forlani, comunque.

Poche settimane fa era l'anniversario dell'assassinio di Peppino Impastato. E contemporaneamente di quello di Aldo Moro. Tra l'altro, l'anno era lo stesso, il 1978. So che è estremamente sgradevole classificare i morti, figuriamoci le vittime. Ma qualcuno dovrà rendere conto del fatto che ormai non si parla (almeno dalle mie parti politiche, ma altrove non se ne parla e basta) che del primo, e si dimentica il secondo. Il primo era un discretamente oscuro candidato consigliere comunale di Democrazia Proletaria (vi scuso se non ne avete mai sentito parlare), il secondo il Presidente della Democrazia Cristiana. Il primo ebbe il coraggio di denunciare mafia e mafiosi, avendone in famiglia; il secondo è di fatto il padre ideale di quello che oggi è il Partito Democratico, e comunque dell'assunzione di responsabilità politica dei comunisti. E fu ucciso (fino a prova contraria, a me piace parecchio anche la dietrologia) perché c'erano comunisti che questa responsabilità non volevano assumersela. Poi ditemi voi.

PS: il 9 maggio sarebbe anche la Festa dell'Europa, ma dai tempi della Margherita nessuno ne parla più. Già, belle cose.

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