giovedì 27 maggio 2010

Confessioni di una mente pericolosa

a tutti i "signor Franco" del mondo

Mettiamo che siamo nel 1970.
Mettiamo che un gruppo di militari, ex repubblichini, industriali di destra stia preparando un golpe.
Mettiamo che a capo di tutti c'è Junio Valerio Borghese.
Mettiamo che, per gestire il cambio di regime in Sicilia, qualcuno pensi di cercare l'appoggio di Cosa Nostra.
Mettiamo che, per vari motivi, tra qui quello - umanitarissimo - di far scarcerare un paio di parenti, don Tano Badalamenti sia pronto a convincere l'intera Cupola Mafiosa a sostenere il colpo di stato.
Mettiamo che i corleonesi non sono tanto dell'idea.
Mettiamo che i corleonesi, tramite Salvo Lima e Ciancimino, hanno agganci molto rilevanti a Roma
Mettiamo che questi agganci arrivino direttamente al Ministero dell'Interno

Mettiamo che sia inviato a Palermo un funzionario del SID per sostenere, all'interno della mafia, le ragioni dei contrari alla collaborazione con i congiurati ed al colpo di stato.
Mettiamo che si faccia chiamare Franco
Mettiamo che sia io

Che noi sapessimo del tentativo di Borghese non c'è nemmeno bisogno di dirlo, figurarsi che stavamo occupando Sesto e se n'è accorto pure lui, annullando tutto. Un po' meno ovvio, certo, sarebbe raccontare come ne eravamo venuti a conoscenza, ma mettiamo, appunto, che qualche fascista abbia fatto male i propri conti tra anticomunismo politico ed avversione 'storica' per il fascismo della mafia siciliana. Insomma, a metà 1970 sapevamo del piano. In generale, certo. Comunque questi corleonesi ci avevano visto giusto, adesso uno potrebbe tirare in ballo Stati Uniti o quello che vuole, ma i fatti furono che contraemmo un debito mica male nei riguardi di un certo numero di personaggi di spicco. E, si sa, non è che fossero anni tranquilli; un gruppo di collaboratori senza scrupoli, per il bene dello Stato e della Repubblica, era manna dal cielo. Insomma, non era nemmeno la prima volta che imbarcavamo persone dal curriculum imbarazzante, questi erano solo più in vista di altri. Contraemmo un debito, ed un debito va onorato. Ma, anche senza giustificazioni, che non vi devo dare: il mio incarico era, è stato per molti anni, è stato finché il sistema ha retto, controllare, indirizzare e prestare attenzione ai cari Ciancimino, Riina e compari. Anche quando un magistrato particolarmente efficiente (e ce n'è pochi, in questa nostra Italia) riusciva ad acciuffarli, dovevo farmi in quattro per impedire che qualcuno si lasciasse convincere a parlare di questo nostro delicatissimo accordo. La cosa è durata parecchio. Almeno finché non abbiamo avuto più bisogno della mafia. Il problema è che la mafia sapeva troppe cose. Il problema è che non è che potessimo sterminare tutti i capimafia di Sicilia dall'oggi al domani (e, mi capite, non certo per impossibilità pratica). Insomma, siamo rimasti un po' sul filo del rasoio. Anche perché questi mafiosi avevano alzato un po' troppo il tiro, con quella mania delle bombe. E uccidendo Lima, certo. E, dove non si mettevano i mafiosi, c'erano i cavalieri senza macchia e senza paura della magistratura, che tanto andavano di moda. Insomma. A stare nel fango ci si sporca, anche se lo stai spalando via. È insopportabile la parte di chi fa il puro. Che due o tre scribacchini abbiano pensato di diventare famosi seminando zizzania, che se fosse stato per quelli della loro risma finivamo come un Cile o una Grecia, salvo poi fare gli scandalizzati dalle colonne di Paese Sera...

Mettiamo che adesso io me ne torno all'Afghanistan, che son problemi più seri.
Mettiamo che non mi chiamo né Franco né (ma da dove l'avete tirato fuori, poi..?) Carlo.
Mettiamo che mi sono inventato tutto.

ispirato da Repubblica di oggi

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