martedì 27 ottobre 2009

Democratico, popolare, liberale

Pare che finalmente Rutelli si sia convinto a mollare gli ormeggi, per la costruzione di un partito riformista «autenticamente democratico, popolare e liberale». Il finalmente non va letto con quel sorriso d'esultanza, palese o implicito, che molti lasciano trapelare su Facebook o nei commenti riportati in calce all'articolo sui quotidiani online.

Da parte mia, avrei voluto esserci, al teatro Parenti di Milano, per vederglielo dire dal vivo, e - certo - per sentire Dellai che, dopo aver inventato la Margherita, ora guida l'Unione per il Trentino che è, a mio avviso, il più significativo esperimento (ma un esperimento che è il secondo partito della provincia, proprio dopo il PD) di partito-calamita del voto moderato di centro e centrosinistra, con il suo impianto cristiano-democratico e la sua capacità di mettere all'angolo Lega e PDL.

Pace, non sono potuto andare a Milano; per fortuna che Sky ha fiutato l'aria che tirava ed ha proposto la diretta del convegno (penso che ora lo stia rimandando in loop, ma non esageriamo), così mi sono sentito più o meno tutto quello che c'era da sentire, e condivido le preoccupazioni; soprattutto quella, non rivolta soltanto al gruppo dirigente, ma a moltissimi militanti ed elettori, per cui si tratta di persone che negli ultimi vent'anni hanno cambiato quattro partiti ma pensano ancora di essere nello stesso. In totale buona fede, e buona pace del fatto che diventano ogni giorno di più minoritari; se si aggiunge che ormai i voti si prendono dalla mezza età in su (e basterebbe guardare i giovani venuti alle primarie a Scanzorosciate, per confermarlo), non ci attende nulla di buono. Niente di buono ma, certo, molto rassicurante.

Quanto a me, non sono mai stato rutelliano, andando la mia fiducia ad altri personaggi dal passato più lineare. Bisogna, però, ammettere che la stagione della Margherita, senza dubbio foriera di innovazione sul piano politico e senza la quale il PD non avrebbe certo visto la luce, è da ascrivere in gran parte a suo merito, per la capacità di progettare il futuro. Chicca: nella foto, scovata su un vecchio server della Margherita, il congresso fondativo di Parma, nel 2002. Il giovane che, al centro, protende la mano per stringerla al Francescone è un giovanissimo (16 anni) Cassa.
Detto questo, però, ritengo che un minimo di apertura di credito alla nuova linea politica del PD vada concessa. Se non altro, non posso dire di non condividere i toni, a tutta prima pacati e responsabili, di Bersani, molto più di quanto condividessi le urlate di Franceschini, che continuo a ritenere un espediente tattico per smarcarsi da quello e per attirare frange movimentiste in vista delle primarie; espediente non riuscito, o perlomeno non a sufficienza. Dietro i toni rassicuranti, però, non si può fingere di non vedere dove vuole andare a parare. Ma nel PD tutti sanno fare il proprio mestiere, ed io ritengo che Bersani sarà convinto, con le buone o con le cattive, a fare in modo che il PD sia ancora accogliente per chi non viene dalla radice comunista, e non ne vuole sapere di esservi innestato sopra. Diciamo così, conviene anche a lui, conviente a tutti. Perché, vecchio refrain, comunque vada noi vinciamo.

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sabato 24 ottobre 2009

Beat!

C'è chi dice che stiamo invecchiando, appunto perché viviamo una regressione storica dei gusti musicali. Già quest'estate a voi piace "Un'estate al mare" perché siete vecchi, ed in effetti abbiamo avuto come colonna sonora tutto un frullato di trash ottantina, che ancora in qualche angolo di chiavette usb o di raccolte di cd per l'autoradio sopravvive.

Ma il colpo di grazia è venuto tra settembre ed ottobre, con la riscoperta della musica beat degli anni Sessanta, dagli Equipe 84 ai loro mille cugini o emuli.
Fiutato il colpo, vado a cercare tra i cataloghi delle varie librerie internettiane la Messa dei Giovani, non il primo ma certo il più genuino esempio delle cosiddette messe beat che hanno avuto i loro quindici minuti di notorietà sul finire del decennio, in piena riforma liturgica; forse poco più di un quarto d'ora, ma certo non si può dire che siano famose. Per dire, non ne avevo mai ascoltato mezza, mentre l'idea di questa musica del diavolo in chiesa era più o meno circolata in qualche ambiente di liturgisti che frequentavo.

Ier l'altro è così arrivata a casa mia, ben impacchettata, questa composizione del maestro Giombini eseguita in italiano dal complesso sardo de I Barritas ed in inglese dai The Berets.

Spero che sia una cosa passeggera perché altrimenti sono messo male, ma mi fa diventare matto. Certo, con simili arrangiamenti non ce la vedo proprio suonata e cantata in chiesa - pur avendo la forma di una Missa con tutti i carismi, introito gloria graduale alleluia... - ma alcuni dei pezzi non sfigurano accanto ad alcuni altri pezzi "contemporanei" che ogni tanto si infilano, specie a Scanzo. Anzi, se un pregio bisogna riconoscere allo spirito generale della messa, è che non è patetica per niente (a parte forse l'Offertorio, ed infatti la suora lo conosceva). E poi, pur essendo il Gloria il pezzo più sopravvissuto alla sua epoca (questa messa fu eseguita per un paio d'anni all'Oratorio San Filippo Neri di Roma, dal 1966) - a me sembra troppo giojoso - il mio preferito è senz'ombra di dubbio il Santo, di cui - ora che lo ascolterete - vi innamorerete anche voi. Ecco.

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