domenica 18 novembre 2007

Silvio B. ed il suo nuovo giocattolo

Ho notato una cosa curiosa, e cioè che i post di politica, che in teoria dovrebbero essere di interesse più generale dei fatti della mia vita, sono quelli che riscuotono meno successo in termini di commenti. Ciò nonostante, essendo la politica parte non accessoria dei miei multiformi (Omero avrebbe scritto polytropi) interessi, ogni tanto un accenno al tema del giorno bisognerà pur farlo. Ed il tema di oggi credo sia il fantomatico nascente Partito del Popolo Italiano o come Sua Grazia deciderà di chiamarlo.



Non voglio contestare i numeri che il nostro eroe ha fornito, non tanto perché creda che siano veri; insomma, qui siamo nel profondo nord, tutti odiano Prodi e forse non hanno tutti i torti, alle politiche la Casa della Libertà va ben oltre il sessanta per cento - per non parlare delle Regionali, ma qui c'è di mezzo un altro e ben più a ragione Unto del Signore - e, nonostante ciò, gli esponenti locali di Forza Italia dovevano sforzarsi a chiedere ai passanti di fermarsi e firmare. Non li voglio contestare perché, appunto, le firme non hanno mai fatto cadere nessun governo (e neanche le piazze, voglio ricordare a lor signori, tranne il povero governo Tambroni del 1960 - ma ho articoli del periodo che sostengono essere altre le ragioni, otèr, anche perché sto uscendo dal seminato) e che siano stati sette milioni o settecentomila cambia poco.


Quello che, se da un lato non mi azzardo a contestare perché di schifezze ce ne sono parecchie anche da quest'altra parte, certo mi consente di sollevare una critica e di esprimere la mia perplessità è che un politico ormai navigato, che ha fondato un partito - lo sappiamo, non è questione di dietrologia - perché era venuta meno la copertura politica che aveva avuto per tutti gli anni '80 e che ha portato questo partito a sua immagine e somiglianza ad essere il primo partito italiano (non ancora quel partito liberale di massa che alcuni suoi adepti vorrebbero - vedi Adornato - ma comunque il fatto principe dell'ultimo decennio), possa decidere da un giorno all'altro di smobilitarlo senza che nessuno, del partito, faccia be'.


Posso capire il partito di plastica, il partito personale, tutto fondato sulla leadership o anche il culto del capo, ma a tutto ci dovrebbe essere un limite. Perché al seguito del Nostro non c'è soltanto una corte dei miracoli giudiziaria che ben conosciamo, né i signor nessuno con abiti ben tagliati e cravatte troppo vistose che non si sa bene cosa c'entrino con la politica, ma anche diversi e non trascurabili residui di Prima Repubblica, che dovrebbero sapere come gira il mondo.


Ed invece assisteremo a polemiche esterne, per così dire, con Lui che chiederà agli alleati di consegnare se stessi e la propria autonomia nelle Sue mani, e questi che, con toni più (AN, se rientra la polemica di ieri) o meno (la Lega, al solito) sfumati risponderanno no grazie. Ma qualcuno ha detto, ad esempio, ai vari capicorrente (ammesso che ce ne siano, ma tutto il mondo è paese e credo di sì) che dovranno rinegoziare la propria posizione al tavolo con una che è poco più di una modella? E gli iscritti - ce ne saranno - ? Non credo saranno loro a fare difficoltà, ma un minimo di democrazia interna prevede perlomeno che si convochino in un palasport a spellarsi di applausi, invece che sapere dalla poltrona di casa quello che Lui decide a piazza San Babila.


E poi, l'obiezione più grande. Chiama il tuo partito con tutti i sinonimi di libertà che vuoi...ma per favore, lascia stare Popolare. Perché non può essere tutto pubblicità, e tu stesso un minimo di dignità l'avrai pure.


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